Il ronzio dell’alveare è associato nel mito, fin dai tempi più remoti, al mistero della musica che è il miele della nostra beatitudine.

“Si disse che le api partecipassero della mente divina e avessero eterei respiri; ché Dio infatti scorre per tutto, nelle terre, sugli spazi del mare e nel cielo profondo; da lui il bestiame, gli armenti, gli uomini e ogni specie di fiere, e ogni creatura che nasce trae un’impalpabile vita: tutto poi torna certamente a lui e dissolto gli viene restituito, e non v’è luogo alla morte, ma gli esseri volano alle stelle e si allogano nell’alto cielo.” (Plotino, Enneadi, II, 9, 16)

Nella simbologia cristiana e dantesca, gli angeli, come api, nutrono con il nettare della grazia le anime dei beati assisi nella rosa mistica.

Si come schiera d’ape, che s’infiora

una fiata e una si ritorna

là dove suo laboro s’insapora,

nel gran fior discendeva che s’adorna

di tante foglie, e quindi risaliva

là dove ‘l suo amor sempre soggiorna (Par. XXXI, 7-12)

Questo mellifluo preambolo per capire sotto quali auspici si è aperta la nuova edizione di Musica in villa, la meravigliosa creatura artistica e musicale di Gabriella Cecotti e del suo Progetto Integrato Cultura. La rassegna, che si è aperta con il nuovo millennio, esplora ormai da ventidue anni i luoghi più incantevoli, celati e insoliti del Medio Friuli, portando la grande musica nei borghi, nelle ville, nelle chiesette, tra i fiori e sull’erba per far risuonare la bellezza più autentica del nostro territorio che a volte non sappiamo vedere ma che ci abita.

Ai tanti spettatori della rassegna che si concluderà con settembre, quest’anno saranno donati piccoli, graziosi sacchettini di semi di fiori per le api così gravemente danneggiate dall’inquinamento. Un piccolo gesto che permetterà a tutti di contribuire a ristabilire quell’equilibrio ecologico che stiamo perdendo e le cui ripercussioni dirette sulla nostra esistenza le subiamo quotidianamente con le bizze di una situazione climatica che sembra ormai fuori controllo per fenomeni metereologici e temperature.

Piantare fiori o alberi, come in altre edizioni della rassegna, non è un gesto inutile, è un modo di riconoscere che la vita del pianeta è più importante dei nostri egoismi: “Mettiamo i fiori nei nostri cannoni”, è un utopia che non è per nulla anacronistica e che sempre di più si rivela essere l’unica via possibile prima che sia troppo tardi.

Tinissima 4et: Suite for Tina Modotti. Francesco Bearzatti (sax tenore, clarinetto) Giovanni Falzone (tromba) Danilo Gallo (chitarra basso) Zeno de Rossi (batteria)

Non ci poteva essere miglior inizio per un cartellone ricchissimo di eventi che accompagnerà l’estate friulana fino al 10 settembre che quello della ripresa dello storico progetto su Tina Modotti del “licaone” Francesco Bearzatti. In un colpo solo si è celebrato così il meglio della creatività friulana, dalla celebre fotografa fino all’estroso sassofonista, nel segno della rivoluzione.

Qualche bandierina sul palcoscenico, una coperta di tessuto amerindio, una bambolina e fa subito “curtil furlan” ma anche tanto Messico e nuvole. Tutto immaginato, naturalmente, tutto da evocare e sognare. Lo stesso Bearzatti dice che la piccola sala di San Marco sulla quale si è ripiegato per motivi metereologici ha un fascino antico e ricorda le foto della stessa Modotti che ritraggono le riunioni sindacali clandestine dei comunisti messicani. Ha perfettamente ragione, basta un po’ di fantasia e non è difficile nei nostri paesi andare a braccetto con la storia. Certe volte cerchiamo molto lontano suggestioni che invece abbiamo dietro l’angolo.

Ricordare la Modotti significa celebrare anche la forza rivoluzionaria dei friulani che nemmeno noi che apparteniamo a questa terra non siamo sempre abituati a considerare. Come diceva lei: “La felicità rende liberi”.

Gabriella Cecotti, visivamente contenta ed emozionata, ha presentato la serata ricordando che è già da un anno che con Bearzatti pensava ad un omaggio agli ottant’anni dalla morte della grande artista e alla sua forza eversiva da aggiungere a tutta una serie di ricordi di Musica in villa 2022 dei grandi intellettuali friulani “contro”.

Da noi persistono ancora tutta una serie di pregiudizi che si esplicitano in silenzi, mugugni, imbarazzi rispetto a persone che hanno reso grande non solo la cultura della nostra terra ma che sono riconosciuti universalmente. Basti pensare a Pier Paolo Pasolini, tra i più grandi intellettuali e artisti europei del XX sec. del quale fino a pochi anni fa in Friuli si parlava solo sottovoce, quasi con vergogna. Quest’anno nel quale ricorre il suo centenario dalla nascita è stato celebrato anche troppo da chi non ha mai letto una sola riga delle sue opere o visto un fotogramma dei suoi film. A livello istituzionale lo si è incensato ed elevato alla gloria degli altari solo per toglierselo di torno il più presto possibile e dimenticarselo “impiccato” lassù. Lo stesso è stato fatto per Gilberto Pressacco, Elio Bartolini e perfino Ermes di Colloredo e tanti altri, tutti personaggi a loro modo scomodi; è vero che l’antico adagio dice: “Nemo propheta in patria” ma qui, in alcuni casi, si tratta di rinnegati.

Lo stesso trattamento è riservato, in buona sostanza, anche a Tina Modotti cui vengono intitolate case, vie, l’ex mercato del pesce di Udine, qualche mostra ma della quale si tende colpevolmente a dimenticare la forza anticonformista, rivoluzionaria, ribelle e indomabile perché difficilmente assimilabile al comodo stereotipo della donna friulana che è passata dall’essere condannata al peso della gerla a quello della performance della manager-virago in un battito di ciglia senza che a nessuno importasse dei suoi reali sentimenti e aspirazioni.

Ancora oggi Tina Modotti è scandalosa per i suoi espliciti desideri di donna e per il suo essere stata un’indomita combattente per il comunismo e per l’emancipazione dei popoli schiavi dell’imperialismo. Francesco Bearzatti, con il suo gruppo di “satanassi” intitolato proprio a lei, al contrario, non fa sconti a nessuno e va diritto alla sostanza dell’arte di questa nostra grande conterranea, allo stesso tempo ruvida, rigorosa ed esplosivamente vitale proprio come la musica attraverso la quale è onorata.

L’ultima volta che tutti insieme suonarono la suite dedicata alla Modotti risale a dodici anni fa nella loro tournée parigina, riprendono ora dalla piccola sala di San Marco che per un giorno diventa banlieue di Parigi e minuscolo sobborgo di Città del Messico.

Sullo schermo dietro alla band passano le immagini e le fotografie della Modotti che, affiancando la musica, tratteggiano la parabola esistenziale ed artistica, dalla povertà estrema in via Pracchiuso a Udine, alle tante sue Rivoluzioni, fino alla tomba nel cimitero della metropoli messicana.

L’infuocata musica di Bearzatti e dei suoi è un concentrato di stili e di influenze destrutturate ed esplose in un piacevolissimo coacervo di suoni che non dimentica mai la voglia di comunicare energia e gioia di vivere e di combattere per la propria causa. Dentro ci troviamo di tutto, dagli echi del grunge fino al charleston, al ragtime, alla musica Mariachi fino al be bop e al free jazz, le canzoni di protesta e di lotta dei lavoratori, senza dimenticare un certo gusto per le atmosfere da balera di provincia.

Il risultato è un fiume in piena di emozioni contaminate e rockeggianti com’è tipico della musica del sassofonista friulano che centrifuga sempre tutto in un gazpacho energizzante, speziato e rosso infuocato come ha dimostrato in altri capitoli di questa saga che con il suo gruppo ha dedicato ai grandi controversi personaggi “resistenti” dell’altro secolo (Malcom X, Woody Guthrie, Monk, Zorro).

Musica autenticamente antifascista, raffinatissima ma sempre stradaiola e impolverata, sofisticata ma con le mani sporche di terra e pronta alla lotta. Sul sax scalmanato e nervoso di Bearzatti non ci starebbe male la scritta “This machine kills Fascists” come sulla chitarra di Woody Guthrie come lui sa bene.

Niente di tutto questo, naturalmente, sarebbe possibile senza gli straordinari musicisti sodali di Bearzatti; versatili e spericolati non sono da meno del loro leader in quanto a estrosità, bizzarrie e grande preparazione tecnica e virtuosistica. A partire da Gallo che con gli assoli ed il sound della sua chitarra-basso fornisce un formidabile tappeto sonoro straniante e a tratti acido e psichedelico molto efficace, così come il “Punk Mariachi” che in alcuni brani il quartetto costruisce attorno alle verticali suggestioni della cristallina tromba di Falzone. Di grandissimo impatto anche il drumming creativo e spesso “rumoristico” di De Rossi.

Concludiamo, riportando il tenerissimo testo di una lettera d’amore della Modotti a Edward Weston, tanto per ribadire che non fu solamente un’artista combattente e indomabile ma anche una donna tenerissima e sensuale, profondamente innamorata della vita e le due cose non sono per nulla in contraddizione com’è nel bieco stereotipo maschilista che vede in ogni rivoluzionaria una nuova asessuata Giovanna d’Arco. E se a qualcuno venisse ancora in testa il pregiudizio dei friulani “chiusi e freddi” basterà che si rilegga cento volte queste righe oppure che senta suonare Bearzatti e i suoi almeno una volta.

“Edward, piena di tenerezza ripeto una volta e un’altra ancora il tuo nome. In qualche modo questo mi avvicina a te questa notte che sono seduta qui, sola, a ricordare. Ieri notte a quest’ora mi hai letto un magnifico libro, o abbiamo bevuto vino e fumato? O ci avvolse l’oscurità e allora tu – oh, il ricordo mi eccita al punto che sento nausee – dimmi, hai baciato il mio seno sinistro? Oh, tutta quella bellezza! Vino, libri, quadri, musica, luce di candela, occhi per guardare, e poi l’oscurità e i baci. A volte sembra che non posso sopportare tanta bellezza – è qualcosa che mi schiaccia – e vengono le lacrime di tristezza, ma questa tristezza assomiglia ad una benedizione e a una nuova forma di bellezza. Si, inebriarsi di desiderio, anelare a soddisfarlo, e tuttavia temerlo, ritardarlo, questa è la forma più sublime dell’amore, è molto tardi ora e sono esausta per l’intensità dei miei sentimenti, le mie palpebre sono pesanti per la stanchezza, ma nel mio cuore c’è un’allegria segreta per le ore che ancora ci apparterranno.” (Tina Modotti, una vita nella storia, A.g.f., 1995, pag. 25)

Flaviano Bosco – instArt 2022 ©

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