Quando Bollani e De Holanda sono saliti sull’enorme palco di Villa Manin sembravano due buffi omini capitati lì un po’ per caso, uno vestito di bianco e l’altro di nero; Come il vino avrebbe detto un personaggio di Alberto Sordi.

Il primo brano, per un problema di amplificazione, è risuonato lontano e appena percepibile dall’attenta platea che pur silenziosissima in quel momento già si preparava a mugugnare.

Risolto il problema l’imbarazzo è stato subito sciolto dalla verve di Bollani che si è rivolto al pubblico dicendo che garantiva che il brano appena eseguito che pochi avevano sentito era bello e di non preoccuparsi che ne avrebbero fatti sicuramente degli altri.

Per la cronaca si trattava di Cose Urgenti composizione dello stesso pianista toscano come quella che è immediatamente seguita, Relaxing con Hamilton,, che forse solo nel titolo si richiama ad un celeberrimo album del mai troppo rimpianto Miles Davis Quintet ed era dedicata al compagno di merende mandolinista

Bollani, maledetto toscano, lo sanno tutti, è un grande intrattenitore oltre che un grande pianista. Sul palcoscenico si comporta da vero istrione e sa conquistare l’attenzione di tutti con un niente. In una stanza di tre muri tengo il pubblico con me cantava Aznavour ed è proprio così per Bollani.

Hamilton de Holanda si presenta in modo più discreto ma la lunga frequentazione con l’amico pianista ne ha fatto un guitto, ottima spalla comica e sempre pronto alla battuta.

E’ questo in sintesi il succo dello spettacolo due amici musicisti che si divertono sotto un cielo d’estate, tra battute e gran musica, davanti ai loro tanti amici.

Nessuna formalità o canonica liturgia da concerto paludato, poco più di un’ ora e mezza di pura musica d’intelligente e raffinato intrattenimento, eseguita da due grandissimi virtuosi del proprio strumento per divertirsi e divertire, nient’altro.

Le armonie e le dinamiche dell’esecuzione sono esattamente quelle che il pubblico si aspettava; già prima dello spettacolo tutti erano consci di quello che avrebbero visto ed erano convinti di quanto bello sarebbe stato. Tutto sommato un pubblico già ben predisposto facilita e di parecchio lo srotolarsi della serata.

Stefano Bollani che qualcuno ha definito, con un certo disprezzo, il Pieraccioni del jazz, è un vecchio amico del Friuli, lo si vedeva già per rassegne e teatri della regione quando era solo un enfant prodige alla corte di Enrico Rava. E’ una gran fortuna, soprattutto, per gli appassionati di lungo corso che hanno avuto la straordinaria opportunità di vederne l’evoluzione nel corso degli anni.

Meno noto al grande pubblico, il mandolinista De Holanda si fa precedere da una fama straordinaria, anche lui di bambino prodigio prima e poi di realtà della musica contemporanea brasiliana. Le sue collaborazioni sono innumerevoli, tra le tante spicca, naturalmente, quella con Bollani con il quale dimostra d’avere una sintonia perfetta che va al di là della mera attività concertistica.

Il loro primo incontro sul palcoscenico risale al 2009, in questo decennio hanno ulteriormente affinato le loro affinità elettive che si spingono fino alla complicità davvero evidente nelle vere e proprie sfide virtuosistiche cui si sottopongono durante l’esecuzioni. Uno straordinario live registrato nel 2012 per la prestigiosa ECM, O Que Serà, documenta il nascere di una straordinaria intesa che, come si è visto chiaramente sotto le stelle del jazz di Villa Manin, con il passare del tempo sembra rinsaldarsi promettendo ulteriormente di fruttificare.

La passione di Bollani per la musica brasiliana ha i tratti di una vera e propria ossessione. Chi ha seguito anche solo le sue attività di enteratainer televisivo e radiofonico, sa bene di cosa si sta parlando. Il dottor Djembè e Sostiene Bollani, sono letteralmente infarcite di musica e di atmosfere carioca.

Se ne vanno così nella notte di Passariano una teoria di brani durate i quali i due musicisti hanno dimostrato fino all’eccesso le loro esplosive, strabilianti e strabordanti qualità di interpreti, spericolati e dall’incedere vertiginoso.

Si sono alternati brani composti dall’uno e dall’altro per poi arrivare ad un lungo, sentito omaggio alla tradizione brasiliana e a quella nostrana.

Commovente e Struggente la versione di Reginella ambientata nei bassi del Brasile d’Italia: T’aggio vuluto bene a te, mo nun’nce amammo cchiu, ma e vuote tu distrattamente pienze a me (ti ho voluto bene, adesso non ci amiamo più ma a volte tu distrattamente, pensi a me).

Una tristezza molto dolce, tipica del paese delle Buone Arie, traspare anche dalle note dell’argentino Astor Piazzolla che non poteva proprio mancare in una serata come questa.

Insindacabile anche un omaggio di prammatica al genio della Bossa nova recentemente scomparso, João Gilberto con la stupenda Aguas de Março cantata da Hamilton de Holanda con una voce semplice e non impostata ma molto evocativa. Le acque di marzo ha in se tutta l’allegra mestizia e la saudade del continente sudamericano, un’indefinibile nostalgia per qualcosa che non è possibile esprimere se non attraverso questo stesso sentimento di mancanza.

Se come diceva Gilberto: La musica è il silenzio tra le note. In questo senso, dobbiamo riconoscere che durante i concerto di silenzio ce n’è stato molto poco e ancor meno tempo per coglierlo o pensarci, in un vertiginoso, continuo turbinare di note sparate spesso a mitraglia con circense abilità; nonostante tutto però almeno l’allegria e il divertimento non sono mai mancati all’appello.

Sono stati ricordati in musica ancora alcuni dei grandissimi interpreti della musica Brasiliana: Chico Buarque, Vinicius de Moraes, Tom Jobim, Jacob Do Bandolim e compagnia cantante. Esilarante e indiavolata la versione di ‘O sarracino di Renato Carosone.

I titoli proposti erano tutti più o meno conosciuti o comunque familiari all’orecchio degli spettatori, la cosa veramente inedita sono stati gli arrangiamenti per soli pianoforte e mandolino a dieci corde e ancora il divertimento che emanavano i due sfidandosi a singolar tenzone a colpi di note. Lasciava tutti senza parole il perfetto sincronismo che dimostravano nel giocare con le note.

Dall’album Que Bom del 2018 secondo lavoro di Bollani dedicato interamente alla musica brasiliana dopo Carioca del 2007, lo stesso pianista ha intonato La nebbia a Napoli che nell’album è cantata da Caetano Veloso, s’immagina un pochino meglio, ed è una dichiarazione d’amore alla propria moglie.

E’ difficile rimanere seri quando Bollani canta, associamo la sua voce sempre alla burla e al calembour, comunque la canzone per la grande forza espressiva che emanava, poteva anche fare a meno dell’attenzione e del coinvolgimento del pubblico, e così è stato.

Dopo tante bellissime canzoni e un bis che riguardava Caruso di Dalla, veramente inaspettata è, infine, arrivata la conclusione dell’esibizione. Parafrasando Paolo Conte: Su un aeroplano che nell’aria bionda e calda vola piano, il tempo se n’è andato dall’altra parte del mare, al di là dell’Atlantico, dove c’è il fiume di gennaio (Rio de Janeiro).

                                                                                                                                                         © Flaviano Bosco per instArt

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