L’edizione 2021 della prestigiosa rassegna Musica in Villa si è conclusa con uno splendido omaggio alle musiche di Alan Parsons e sappiamo bene che il suo Project ha influenzato, in modo decisivo e straordinario, tutta la musica rock pop e colta degli ultimi cinquant’anni o quasi. Basta scorrere la sua discografia come produttore, ingegnere del suono e a proprio nome per capire la caratura del personaggio che è universalmente noto come demiurgo dei suoni e delle sale di registrazione. Parsons dal 1975 ha pubblicato un totale di 61 album di cui 17 come solista ed ha partecipato con varie funzioni a diverse altre centinaia di prestigiose incisioni.

Gli devono moltissimo, in questo senso, perfino i Beatles. Lavorò come assistente di studio agli album Let it be e Abbey Road e poi ai progetti solisti di Paul McCartney e George Harrison. Per decenni fu l’anima creativa dei famosi studi di registrazione di Londra dove nacquero i capolavori dei Pink Floyd e molti altri. Il lavoro di Parsons fu fondamentale per la realizzazione di Inori di Karlheinz Stockhausen, e poi ci sono i milioni di dischi venduti dal suo Project, i dischi solisti, il Grammy, ecc. tanto per farci un’idea del personaggio di cui stiamo parlando, uno dei colossi della musica a livello planetario, un autentico re del rock.

La scuola di musica “Città di Codroipo” ha avviato un progetto a lui dedicato dall’evocativo titolo di “Music in the sky” che ha coinvolto un gran numero di musicisti di tutte le età, tra questi quelli della band di Rivignano “Alt” di Gianmarco Campeotto; il gruppo archi “Città di Codroipo” di Elena Blessano e Simonetta Fumiato; il gruppo archi “E.M.M.A. Musica” di Elena Allegretto; il gruppo fiati di Elena Paroni; il coro giovanile “Sante Sabide” di Giorgio Cozzutti, sempre sperando di non aver fatto torto a nessuno ed aver ricordato tutti. Il progetto, con i sapienti arrangiamenti di Geremy Seravalle, è culminato nel coinvolgente concerto di Villa Manin ma, come vedremo, promette sviluppi futuri davvero clamorosi.

Abbiamo chiesto a Gabriella Cecotti, direttrice artistica della rassegna, di raccontarci qualcosa.

“Grazie a questo progetto si è creato un collegamento imprevedibile e diretto tra chi l’ha pensato, in particolare la Scuola di musica di Codroipo, e Alan Parsons. Tanto è vero che il musicista ha tenuto a mandarci un video messaggio dagli Stati Uniti, il cui audio abbiamo trasmesso prima del concerto, nel quale si è complimentato e detto dispiaciuto di non essere presente.

Era stato semplicemente informato di questa iniziativa attraverso il suo management, e ne sono successe delle belle. Lui si è dimostrato davvero interessato al progetto ed ha subito voluto vedere il video delle prove, ha parlato con i fonici, fatto grandi complimenti sulla scelta del programma, ha telefonato in prima persona per dare alcuni preziosi consigli agli organizzatori.

Speriamo che questo suo interessamento porti in futuro a qualcosa che forse è già nell’aria. Parsons come tutte le persone di grande genio si è dimostrato di straordinaria semplicità nell’intrattenere e intessere relazioni così come sua moglie Lisa Marie che le ha direttamente gestite con straordinaria cortesia. Ha dimostrato così di essere veramente una rockstar dal volto umano e di grande autentica affabilità.

L’anno prossimo è previsto un nuovo tour europeo di Parsons e l’impegno è quello di tener vivo questo legame che si è creato tra l’artista e la scuola di musica di Codroipo cui va tutto il merito di questo straordinario progetto.

Tutto il concerto finale di Villa Manin è stato naturalmente registrato e filmato anche da droni per essere poi montato e confezionato professionalmente proprio per essere inviato al grande musicista. Musica in Villa alcuni anni fa ha deciso di dedicare degli spazi a giovani musicisti facendo aprire loro alcuni concerti della rassegna.

Ai giovani studenti meritevoli delle scuole di musica del medio Friuli e dei conservatori regionali veniva data la possibilità di condividere lo stesso palcoscenico dei professionisti più blasonati, per dar loro modo di mettersi in gioco e provare una situazione diversa dal classico saggio di fine anno della scuola davanti ad un pubblico “vero”.

Quell’idea lungimirante che puntava sui futuri musicisti si è rivelata davvero vincente, perciò quando, più di un anno fa, Giorgio Cozzutti, direttore della Scuola di Musica, mi ha proposto questa avventura su Alan Parsons ho subito accettato la sfida. Il rock progressivo è l’ideale per far in modo che questi giovani artisti e chi li sta crescendo possano mettersi in luce.”

Il concerto di Villa Manin si è aperto con una splendida interpretazione dell’iconica “The Gold Bug” uno strumentale tratto dall’album “The Turn of a Friendly Card” (1980) che apre dal punto di vista musicale un’intera epoca. Finiva definitivamente l’era progressiva, seguita quasi per reazione dagli eccessi del Punk e si apriva l’età dell’elettronica pop e melodica con morbide virate ballabili. Senza dubbio questo brano è ispirato ad un racconto di Edgard Allan Poe, autore molto frequentato da Parsons che gli dedicò il suo primo album (Tales of Mystery and Imagination, 1976).

Le composizioni di Parsons che di per se sono di rock sinfonico e di magniloquente elettronica si prestano perfettamente a riletture orchestrali come quella messa in scena dalla Scuola di musica di Codroipo. Il musicista è stato tra i più abili creatori della commistione tra strumentazione moderna e classica prendendo spunto dai meravigliosi lavori dei Beatles per creare un sound proprio e inconfondibile, dall’immutabile freschezza e fascino.

Curiosa la scelta dei due brani successivi forse tra i meno noti al grande pubblico, facenti parte di un ambizioso, travagliato progetto di Parsons per un valido ma non fortunatissimo musical sulla vita e sulle opere di Sigmund Freud. “Little Hans”, ispirata ad un celebre caso clinico dello psicoanalista viennese, è davvero divertente con chiare derivazioni beatlesiane, potrebbe essere stata scritta davvero dalla coppia Lennon-McCartey. Così come la seguente languida “Far Away from Home”, bucolica e nostalgica come uno sguardo verso l’orizzonte al tramonto, con quel tanto di zuccheroso che non è l’ideale per la glicemia ma che ogni tanto possiamo anche permetterci come una bella coppa di gelato con tanta panna.

Atmosfera simile anche nel successivo “Since the Last Goodbye”, tratto da “Ammonia Avenue” (1984) dai significati però ben più drammatici. L’intero album, infatti, è dedicato alle conseguenze sull’ambiente e sul clima dell’inquinamento dovuto all’industrializzazione selvaggia e al potere delle macchine e del mercato. Nel fatidico 1984 Alan Parsons, da sempre interessato ai futuri distopici della fantascienza (I Robot), forse non immaginava nemmeno quanto profetica sarebbe stata la propria opera e non è certo che oggi sia nemmeno tanto contento di essere stato così lungimirante. In soli quarant’anni siamo passati dalle canzoni apocalittiche alle immani catastrofi “innaturali” che vediamo accadere e che sinistramente ci aspettano domani.

Dal secondo album solista di Alan Parsons (On Air,1996) dedicato all’epopea del volo, sono state tratte “I’ can’t Look Down” e “One Day to Fly” quest’ultima dedicata ai sogni fantastici sul volo di Leonardo da Vinci che incantato guardava gli uccelli volare e diceva a se stesso: “Try if you dare, you can walk on air, a dream is all you need, A circle that takes you high, Lighter than air as the Earth goes by Trough a spiral in the sky” Quello di cui abbiamo bisogno è solo un sogno e il coraggio di provare e allora anche noi leggeri più dell’aria potremmo tracciare le nostre spirali nel cielo; è questo uno dei messaggi che pervadono l’opera di Alan Parsons che ci sentiamo certamente di condividere.

È stata poi la volta dell’inquietante “Cask of Amontillado” tratta da un racconto di Poe dell’album che abbiamo già citato; si parla di una terribile vendetta e di un poveretto murato vivo in una nicchia dopo essere stato attirato in una lugubre cantina con la scusa di gustare uno squisito vino. La musica di Parsons sa evocare perfettamente la situazione e gli arrangiamenti di Geremy Seravalle gli hanno reso giustizia.

Struggente la versione della celeberrima Limelight che racconta di un artista che, sul viale del tramonto, riesce finalmente a vedere la vita sotto la luce giusta; intuire il carattere effimero e la bellezza transitoria delle cose, farsene una ragione e comprendere fino in fondo la bellezza e l’importanza di quello che ogni istante della vita ci regala, è uno dei pregi impagabili della maturità.

Proprio quando le cose volgono al termine ci accorgiamo della loro importanza, ma non è mai troppo tardi se riusciamo ancora a sognare: “I can see the world in a different light, now it’s easy to say, where I went wrong, what I did right…Maybe the role’s not easy, maybe the prize is small, after all the years of waiting, I’m gonna show them all”. C’è sempre tempo per farsi valere e dimostrare quello che si è veramente, basta crederci.

Ancora una volta in “Ammonia Avenue” dall’omonimo album è il futuro a farci paura e questa volta è l’oscurità a prendere quasi il sopravvento (Is there no sign of light as we stand in the darkness?) a salvarci è solo la capacità di sperare nel futuro e, naturalmente, la musica sempre salvifica e perfino terapeutica nelle composizioni di Parsons: “A ray of hope, a shining light Ammonia Avenue”.

Non poteva mancare una “cavalcata” finale con i grandi classici tratti dall’album più famoso del musicista inglese e del suo Project, tanto che ancora nel 2017, “Eye in the Sky-35th Anniversary Edition” gli ha fruttato il primo Grammy Award (Best immersive audio album) dopo ben tredici nominations, ennesima consacrazione del suo successo planetario.

E allora l’infilata “Children of the moon, Sirius, Gemini, Eye in the Sky” sembra una suite divisa in quattro parti, una piccola sinfonia di emozioni ambientate in un prossimo futuro che possiamo traguardare attraverso le note e le armonie di una magnifica serata di fine estate grazie al genio di Alan Parsons e alla bravura di coloro che hanno voluto rendergli omaggio con il progetto “Music in the Sky” giustamente ambizioso e spericolato come tutto quello ciò che vale, ogni tanto bisogna pur avere il coraggio di osare.

Qualche volta i sogni si realizzano e la luna non è poi così lontana come si crede; a Codroipo un folto gruppo di sognatori ci ha creduto ed ha fatto talmente bene che se n’è accorto perfino “l’occhio nel cielo” di Alan Parsons. A volte, questa volta, i sogni più incredibili si avverano.

Flaviano Bosco © instArt

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