Ruttars, 26/10/2023 – Circolo Controtempo – Jazz&Wine of Peace 2023 – WITCH ‘N’ MONK (Germany, Colombia) – Heidi Heidelberg: voce, chitarra elettrica – Mauricio Velasierra: flauti quena e mozeño, sikus, effetti – Foto Luca A. d’Agostino / Phocus Agency © 2023

Con tutto il rispetto per gli eccezionali musicisti che hanno partecipato al festival, l’emozione più grande non è venuta solo dalle loro raffinatissime esibizioni. Per tanto grandi e famosi fossero, nessuno di loro è riuscito ad incarnare meglio l’autentico spirito della musica d’improvvisazione come i ragazzi che hanno frequentato il workshop di Zlatko Kaučič in collaborazione con il Centro di Salute Mentale di Gorizia.

L’Associazione Controtempo, che organizza il festival, ha da sempre una particolare attenzione non solo per i grandi temi sociali come la pace e lo spirito di fratellanza ma anche per quelli che rientrano nell’ambito della didattica musicale con l’intenzione di avvicinare al mondo del jazz i più giovani e di educare il pubblico in generale ad un ascolto più consapevole.

La Società dello spettacolo veicolata anche dai nuovi media ci ha abituato ad un approccio alla musica superficiale e distratto con l’unico scopo di intrattenerci e svagarci, distogliendo i nostri pensieri da quella “squallida realtà” di cui cantano gli Area.

Non c’è proprio niente di male nel divertirsi e nell’essere spensierati, godendo dei meravigliosi colori delle note e della danza, ma non può essere l’unica nostra dimensione esistenziale altrimenti faremo la fine di “Pinocchio nel paese dei balocchi che con sua grande meraviglia, dopo cinque mesi di cuccagna, sente spuntarsi un bel paio d’orecchie asinine, e diventa un ciuchino, con coda e tutto.”

A parte l’ironia, se c’è un elemento che caratterizza il jazz è quello di essere sempre ricerca di libertà e di giustizia.

Gorizia, 29/10/2023 – Circolo Controtempo – Jazz&Wine of Peace 2023 – Workshop Zlatko Kaučič – Foto Luca A. d’Agostino / Phocus Agency © 2023

Concerto di restituzione del Workshop di Zlatko Kaučič presso l’Area 174, Parco Basaglia.

Eins, zwei, drei, vier Cacca! E la foto di gruppo è fatta! Troppo facile gridare “cheese” tutti insieme come nei filmacci americani. Il fotografo Luca d’Agostino, lo sappiamo bene, non è solo un artista dell’immagine/luce, ma possiede anche una giovialità e un’ironia impagabili.

La foto piena di entusiasmo ed allegria era quella di Zlatko Kaučič e dei suoi “ragazzi” poco prima del concerto sul palcoscenico del Kulturni dom di Gorizia.

Il festival, come dicevamo, ha iniziato una collaborazione che promette molto bene con il CSM di Gorizia, proprio il luogo nel quale scaturì la rivoluzione di Franco Basaglia.

Non basta la musica d’improvvisazione associata ai profumi e agli odori del vino, non basta l’eccellenza dei musicisti, la maestosa bellezza del paesaggio e la buona volontà di tanti o il calore del pubblico, per capire e godere appieno di un festival come quello di Cormòns è necessario saperne sentirne le pulsazioni.

E’ stato possibile durante il concerto al Kulturni Dom di Gorizia nel quale il fantastico percussionista Zlatko Kaučič ha portato sul palcoscenico, insieme con i musicisti della sua scuola Zvočni izviri (Sorgente sonora), altri con attitudini diverse che frequentano il centro di salute mentale coinvolti nel workshop. Prima dell’esibizione il presidente del Kulturni Dom, Igor Komel, ha tenuto a specificare che il loro obiettivo è costruire ponti culturali e sociali che uniscano in netta contrapposizione con coloro che ancora vogliono muri e frontiere invalicabili. Gorizia si appresta a vivere i suoi dodici mesi di centro della cultura europea come città simbolo delle antiche divisioni della “guerra fredda” che si sono composte.Il primo reticolato a cadere in quella città era stato proprio quello dell’allora manicomio, divelto dai pazienti e dagli operatori. Quello che Kaučič e i suoi ragazzi hanno fatto cadere definitivamente nel concerto dell’altra sera è la quarta parete della nostra ipocrisia nei confronti dei nostri fratelli con un altro modo di pensare e affrontare le emozioni.

La lezione che ci hanno dato i ragazzi, per chi ha voluto intendere, è stata di straordinaria importanza. Zlatko Kaučič ha voluto costruire con i propri ragazzi una suite free form in più parti di grande impatto sonoro e di straordinario significato. L’esibizione è iniziata con i musicisti che si aggiravano sul palco declamando le parole che sono la drammatica colonna sonora di questi nostri infami giorni: Distruzione, Distruzione, Distruzione. Imbracciati gli strumenti hanno fatto deflagrare un crescendo sonoro cacofonico che sfociava in un caos assolutamente creativo ed espressivo. Chi non capisce la folle bellezza generativa di quegli incanti non è “normale” e bisogna che si faccia “vedere da uno bravo” da vicino parafrasando classiche battute. Tre batterie, due bassi elettrici, due chitarre, due sax alti, una tromba, voci e varie percussioni costituivano la forza dell’orchestra, una voce declamava: “Chi non ha un’anima non ha bisogno d’oro, chi non ha un’anima non ha bisogno di letame” Nel groviglio di suoni che Zlatko Kaučič governava e dipanava alla perfezione traendo il meglio dai propri musicisti non mancavano allusioni al soul e al funky.

Un altra voce in mezzo alla tempesta di suoni diceva: “Una vallata nel silenzio dell’autunno, un tordo vola è solo, il cacciatore lo segue, uno sparo nel silenzio, il tordo giace da lui un rivolo di sangue.”

Era una musica dai colori saturi e sapidi, basata sull’uso percussivo e ossessivo degli strumenti che accumulano ritmi e situazioni esplosive. L’insieme è riuscito appieno a recuperare lo spirito autentico della musica d’improvvisazione che, prima di essere tecnica e virtuosismo, è soprattutto veicolo di espressione, emotività incontrollabile ed energia vitale. Quello che colpiva di più gli spettatori di quella specie di miracolo andato in scena al Kulturni Dom era l’unità spirituale che si creava tra i musicisti, ognuno con le proprie particolarità, e il pubblico, tutti si sentivano parte di una sorta di rito fatto di amore e di passione per la musica come strumento di unità e di scoperta dell’altro. Percuotere un tamburo o un altro strumento tutti insieme crea una sorta di trance che rinsalda gli arcaici legami nascosti nel nostro inconscio. I molti diventano uno, l’individuo diventa moltitudine e il tu si trasforma in noi. Il miracolo della musica permette di superare le differenze sintonizzando i nostri cuori sull’unica frequenza che vale la pena di essere seguita: lo spirito di fratellanza di chi non conosce confini, frontiere, lingue, colori, contrapposizioni, differenze, generi, ma solo accordi, armonia, consonanze, contrappunti e ritmi.

Come diceva Basaglia: “La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia.”

Per fortuna diventare matti per la musica è “normale”.

Spessa, 29/10/2023 – Circolo Controtempo – Jazz&Wine of Peace 2023 – MARCO COLONNA-ALEXANDER HAWKINS “Eric Dolphy Underlined” (Italy, UK) – Marco Colonna: clarinetto basso – Alexander Hawkins: pianoforte – Foto Luca A. d’Agostino / Phocus Agency © 2023

Marco Colonna (clarinetto basso)-Alexander Hawkins (pianoforte) “Eric Dolphy Underlined”

Il concerto si è svolto in uno dei saloni di gala del castello di Spessa, un luogo insolito per l’avantgarde del jazz, ma con un proprio fascino. Chissà cosa penserebbe Giacomo Casanova se tornasse in quel maniero ai giorni nostri. Il grande seduttore veneziano ricorda nelle sue memorie quel piacevole soggiorno. Certo allora l’ospitalità doveva essere più ruvida e frugale rispetto ai nostri standard. Non si possono paragonare le raffinatezze e il garbo contemporanei che sono sostanzialmente diversi dall’ospitalità del XVIII sec. Naturalmente non potrebbe essere in altro modo; anche se ci sono ancora qua e là i porta lampada con le statue dei paggi africani, gli stucchi, i legni colorati a grottesche, gli ori e i tappeti preziosi il paesaggio è completamente diverso. Il campo da golf a 18 buche ha preso il posto della boscaglia scomposta che separava il castello dalle sontuose ville circostanti che ora fanno parte di un’enorme oasi del lusso frequentata solo da chi se lo “merita e se lo può permettere” come si dice oggi in certi ambienti. I viali e le strade punteggiati dai cipressi ricordano le zone del Chianti in un tentativo di imitazione molto cinematografico, ma forse un po’ lontano dal contesto reale del Collio friulano. Si sono volute sostituire le viste di Giorgione e di Tiziano con quelle di Leonardo e per fortuna si è restati all’interno di un’immaginazione pittorica di tutto rispetto. E non dobbiamo prendercela troppo se smisurati Sport Utility Vehicle (Suv) hanno sostituito i romantici landò a cavalli con i loro lacchè, al castello di Spessa sembra di vivere in un’altra epoca.

Marco Colonna e Alexander Hawkins sono due eccellenti musicisti che fanno parte degli Eternal Love del sassofonista Roberto Ottaviano visti in regione proprio la scorsa estate. I due, oltre che ottimi amici, condividono un’affinità spirituale profonda che esprimono al meglio in duo. Rendere omaggio ad uno dei talenti assoluti della storia del Jazz di ogni tempo come Eric Dolphy è un’impresa davvero titanica che richiede doti e abilità fuori del comune. Entrambe non mancano ai due virtuosi visti a Spessa che hanno “attaccato” il loro concerto con autentiche rasoiate di accordi; energia pura e siderale in un dialogo complesso e sentito tra gli strumenti, sotto un regale lampadario in vetro di Murano e davanti ad una sala gremita che ha vibrato all’unisono per le provocazioni del clarinetto.

Spessa, 29/10/2023 – Circolo Controtempo – Jazz&Wine of Peace 2023 – MARCO COLONNA-ALEXANDER HAWKINS “Eric Dolphy Underlined” (Italy, UK) – Alexander Hawkins: pianoforte – Foto Luca A. d’Agostino / Phocus Agency © 2023

Ci ha poi pensato il pianoforte a proseguire l’iniziale lavoro di sgretolamento della barriera spazio temporale permettendo a tutti di essere liberi di vagare nello spazio di un’avanguardia musicale passata che non smette di superarci per coraggio e innovazione, mentre noi tutti sembriamo percorrere i sentieri del tempo con la testa rivolta all’indietro.

Il suono dello strumento di Colonna è stato a tratti lancinante e del tutto metafisico, se non ci fosse stato il pianoforte a dargli un minimo di concretezza sarebbe risultato del tutto astratto e ieratico. Il concerto è stato una lunga suite senza un attimo di pausa, drammatico e teso come la fune di un acrobata lassù che sembra non fare alcuna fatica ma che si regge in precario equilibrio su una corda che potrebbe perfino segarlo in due a partire dalla pianta dei piedi. La musica dei due è senza compromessi, ognuno gioca con il proprio strumento a costruire percorsi che si irraggiano dalle opere di Eric Dolphy, ma senza alcuna piaggeria o citazionismo gratuito. Quello che suggeriscono con i loro accordi è un paesaggio spoglio e brumoso nel quale l’aridità dell’estate è stata presto sostituita dall’umidità dell’autunno quando era già troppo tardi e si stava come le foglie. Quei suoni esortavano a guardare oltre il luccichio degli ornamenti e delle specchiere, tanto per farci ricordare che la sontuosa abbagliante ricchezza del castello di Spessa non potrà mai essere ricompensa per gli “anni spezzati” della prima Guerra mondiale che hanno scavato la terra del Collio che è così florida e ubertosa forse anche perchè tragicamente irrorata dal sangue di tanti giovani fratelli.

Certo tutto questo Eric Dolphy nemmeno lo immaginava, ma in questi giorni di genocidio e di strage, noi dobbiamo pensarci eccome e il sangue delle vigne che fa la ricchezza di tanti e il piacere del palato di tutti deve diventare davvero il vino della pace che scorre nelle nostre vene. La musica possiede quell’alchimia e gli enzimi giusti perchè il processo di trasformazione si compia. Ecco dunque che le note di Colonna e Hawkins erano come faville dello stesso fuoco che brucia in eterno all’Ara Pacis di Medea che dista solo qualche chilometro dal castello di Spessa e dal suo campo di golf.

Proprio in quel luogo si ricordano anche i premi Nobel per la pace a Yasser Arafat, Shimon Peres, Yzhak Rabin, Jimmy Carter che si spesero per cercare una composizione nel frammentato mosaico mediorientale perchè, come dice il motto inciso a lettere d’oro sul monumento: “L’odio produce morte, l’amore genera vita”. E’ una frase di una semplicità ed evidenza lapalissiana, ma che non riusciamo a farci entrare in testa. Il Collio di cento anni fa corrisponde alla Stricia di Gaza di oggi, centinaia di ettari di orrore che si possono trasformare in un paradiso per gli occhi e per il cuore senza però aspettare che passi un secolo.

La musica di Dolphy, che il duo “sottolinea”, è prima di tutto ricerca e amore, in uno spazio nel quale i musicisti respirano con maggiore agio e si liberano in una sorta di danza che comprende e considera tutte le cose. Colonna dice che il festival racchiude in se le tre cose che gli piacciono di più: jazz, vino e pace. Quest’ultima è decisamente la più difficile da ottenere e la musica ci può di certo aiutare. In memoria dei tanti bimbi violati in queste ultime settimane da mani omicide, il duo ha intonato la struggente Children di Albert Ayler. La musica non può fare molto di pratico per far tornare la pace, ma può dare energia alla gente che soffre.

Impossibile a questo punto non provare una profonda commozione e sofferenza fino alla costernazione per tutto il dolore che noi tutti lasciamo esplodere nel mondo con l’unico scopo di difendere i nostri privilegi. Questo non vuol dire che non esistano colpevoli e responsabili di determinati eventi, ma che lo siamo tutti proprio nel momento in cui cerchiamo di autoassolverci facendo ricorso a tutta la nostra malafede e indifferenza.

Il concerto di Colonna e Hawkins è stata una forma di preghiera laica perchè, come dice la madre del clarinettista, “dobbiamo imparare ad essere grati, puliti e onesti”.

Elation-Elegance-Exaltation.

(Continua)

© Flaviano Bosco – instArt 2023

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