‘I care’. Io ci tengo, me ne faccio carico. Due parole che sintetizzano una filosofia di vita, un modo di concepire la religione ed il Vangelo. È don Lorenzo Milani, prete controcorrente, il protagonista dello spettacolo “Vangelo Secondo Lorenzo“, in scena al teatro Giovanni da Udine il 3 aprile per la rassegna Tempi Unici.

Uno spettacolo corale, dove spicca nitida la figura di don Lorenzo, un ottimo Alex Cendron, calata tra i suoi ragazzi e le sue comunità. Sullo sfondo l’Italia del secondo dopoguerra e la sua parte più vulnerabile: contadini ed operai con la loro realtà di ignoranza, miseria e sopraffazione. Ma non solo. C’è la gerarchia della Chiesa che non tollera l’intransigenza e la critica al sistema di don Lorenzo. C’è la politica, quella più alta (come potranno comprendere il Vangelo se non sono in grado di leggere e scrivere?), quella dell’impegno fino all’ultimo alla ricerca del bene del prossimo, e quella più sgusciante della chiesa che ‘suggerisce’ ai fedeli come comportarsi nell’urna. Ed infine ci sono loro,i bambini, i contadini, gli operai, analfabeti e quindi suscettibili di sfruttamento, sotto pagati e sfruttati da una classe di imprenditori che non riconosce diritti.

È qui in questa atmosfera che si muove don Lorenzo Milani, nato nel 1923 e morto nel ‘67. Sacerdote scomodo, spedito per punizione dalla affollata Calenzano in una sperduta parrocchia di montagna a Barbiana. Contestatore, critico, inflessibile, indomito, convinto fino alla fine che solo l’apprendimento può liberare l’uomo dal rischio dello sfruttamento; rivoluzionario nella sua scelta di aprire a Calenzano, prima, e nella sperduta Barbiana poi, due scuole per tutti: poveri, atei, credenti, comunisti, che diventeranno oggetto di studio di educatori e pedagogisti. Le vicende della sua vita sono portate sulla scena da una coproduzione tra Teatro Metastasio di Prato, Arca Azzurra ed Elsinor, per la regia di Leo Muscato.

Una scenografia scarna ma efficace, a raccontare via via le fabbriche tessili di Prato, gli oratori e le chiese, le casupole e le fattorie di montagna, luci ad esaltare atmosfere e stati d’animo, una bella prova d’attore di Cendron e di tutta la compagnia per un lavoro mai retorico, ma vivace ed intenso.

Uno spettacolo che mette in luce la assoluta attualità del pensiero e dell’opera di don Milani, (proposto in un matinée anche alle scuole): ”il problema dell’altro è uguale al mio, uscirne insieme è politica, uscirne da soli è avarizia!”. Sembra una frase coniata apposta per questi tempi.

© Laura Fedrigo per instArt

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