Abbiamo voluto realizzare un’opera che restasse nella memoria, che fosse di sprone a idee poco musicali e molto legate all’incontro, all’amicizia, all’antirazzismo, a… chissà cosa ancora. Abbiamo chiesto a un grande fotografo di tradurre in immagini queste idee e Luca D’Agostino si è conformato all’obiettivo che, crediamo, sia stato raggiunto.

Parlare di musicisti senza rincorrere l’immagine patinata e invitante del palcoscenico, ma, al contrario, inseguire un pregiudizio proudhoniano, ci ha condotti al traguardo di un cammino con pochi santi e nessuni fanti (mi si perdoni la ricerca perversa della rima). Io stesso, nella compilazione dei versi sdadaisti e imprudenti mi sono lasciato andare a conflitti interiori legati alla bellezza della musica da una parte e alla distruzione dell’idea musicale dall’altra. I protagonisti del calendario sono ragazzi e ragazze, maturi e piccini che, per ragioni di età, di appartenenza e di diversità, vivono in un sogno musicale che coltiva semplicità e complessità. I musicisti rappresentano il mondo, ma quel mondo che tutti viviamo nei pensieri e nei desideri e che ci sfugge, non potendo appartenere a nessuno. La musica e quindi il musicista è legato alla battaglia per un mondo migliore e se abbracciamo questa retorica quasi ecclesiale, possiamo dare una speranza al futuro che tutti ci alloggia, in una mansarda inverosimile con Do, Sol, Fa e Si bemolle. Il bemolle, già, il bemolle maledetto poco avvezzo a diesizzare il Re. Ma il Re è nudo e il calendario lo riveste per condurlo in camerino a far le pulizie.

Mi scuso per questa digressione molto appassionata e certo poco utile. Che ci volete fa’, nei settanta cercai di fondare il movimento dell’Inutilismo. Già, l’inutile ennesimo calendario: quanto ci siamo divertiti!

© Rocco Burtone

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