La prima serata di Udin&Jazz 2022 nella sala Pasolini dell’Auditorium Palamostre, dopo le deliziose anteprime che hanno fatto risuonare molti luoghi della città, ha subito confermato la tradizione di proposte d’alto livello del festival che garantiscono non solo agli appassionati, ma anche ai tanti “curiosi” del jazz, la solita graditissima scorpacciata di buona musica.

Come in ogni edizione curata e fortemente voluta dall’associazione Euritmica di Giancarlo Velliscig, ci sono state delle conferme e naturalmente anche tante novità.

Una piacevole, preziosa e consueta presenza è quella di Max De Tomassi di Rai Radio Uno media partner della manifestazione che introduce, presenta e allieta le serate con la sua affabilità, il suo brio e la straordinaria competenza come massimo esperto italiano di musica Carioca. È lo storico conduttore di Brasil e di RaiStereoNotte, e quest’anno anche di “Torcida”, programma di musica e calcio mercato che va in onda tutte le sere in diretta dal festival di Udine. De Tomassi, “ubiquo ai casi” sfruttando la sua grandissima professionalità riesce a interagire sia con il pubblico in sala che con quello da “remoto” amplificando le possibilità del mezzo di comunicazione che più gli appartiene.

Delle tante novità del festival e di molto altro avremo modo di soffermarci nelle prossime recensioni, è giunto il momento di concentrarci sul doppio interessante concerto che ha aperto ufficialmente il festival con una formula vincente che permette agli spettatori di godersi con tutto l’agio e la rilassatezza di una serata estiva, davvero tanta musica. Tra un concerto e l’altro, grazie ad un adeguato intervallo, c’è infatti tutto il tempo per uscire dalla sala, prendere una boccata d’aria oppure bere qualcosa alla “Tana del Luppolo”, il pub recentemente rinnovato che, oltre a garantire una perfetta “idratazione” e nutrimento con il suo menu, ha un ruolo fondamentale nelle notti e nel dopo concerto di Udin&Jazz.

Emanuele Filippi/ Ben Van Gelder “Heart Chant”

Filippi è un giovane pianista friulano che si è formato tra New York e Parigi, dove attualmente risiede, con enormi potenzialità e in netta evoluzione e trasformazione creativa. Gli ultimi anni di “prigionia” dovuti all’epidemia gli hanno permesso di approfondire e raffinare le proprie capacità espressive in una continua ricerca tra un’interiorità magmatica e ribollente e un talento apollineo e ordinato in cui tutto vuole calcolare, levigare, smussare.

Il risultato di tanto ricercare è stato il fatale incontro dello scorso anno con il grande tenor sassofonista inglese di nascita ma canadese per formazione, Seamus Blake. Li si era visti suonare insieme lo scorso anno a Pordenone in un’esibizione suggestiva e magica che già preludeva all’incisione del lavoro “Heart Chant” che il duo avrebbe dovuto presentare a Udin&Jazz 2022.

Seamus Blake ha dovuto essere sostituito per una sopraggiunta evenienza che gli ha fatto cancellare immediatamente tutti gli impegni precedenti. “Ubi major minor cessat” Roger Waters l’ha voluto nella sua tournée mondiale “This is not a Drill: Live in the Round”; la sera in cui doveva essere sul palco di Udine&Jazz suonava i suoi assolo in Money, Us adn Them, Shine on You Crazy Diamond al TD Garden di Boston, Massachussets, Usa di fronte a decina di migliaia di persone. Non serve dire molto altro.

L’alto sassofonista che lo ha sostituito, il valido giovane olandese di belle speranze Ben van Gelder, aveva davanti a se un’impresa disperata, nella quale non ha per nulla sfigurato. Naturalmente, il suono dello strumento di Blake non è paragonabile anche perché un sax alto suonato sui toni gravi mal si sovrappone ai registri simili del tenore; è anche una questione di tecnica e di possibilità di fraseggio.

I suoni dell’olandese sono sembrati dolenti ed eccessivamente sospesi e sospirosi, con l’effetto di appesantire il sound già molto introspettivo e rarefatto di Filippi.

Il pianista friulano con l’anima altrove, ha perso forse definitivamente quel tocco nervoso e contratto che contraddistingueva il suo pianismo fino solo a qualche anno fa. Le sue composizioni ed esecuzioni si sono fatte più larghe e distese, sinusoidali; ha abbandonato quasi del tutto quegli accordi spezzati e urgenti che forse lo rendevano fin troppo aggressivo e imprevedibile in alcuni casi.

L’album “Heart Chant”, registrato e pubblicato dall’Artesuono di Stefano Amerio, raccoglie il lavoro di composizione di Filippi durante la pandemia e contiene alcune interessanti parti in piano solo; in altre conversa con se stesso attraverso il piano e il sassofono gli serve a visualizzare i propri pensieri. E’ una vera meditazione per ancia e pianoforte nella quale il sax insegue, sottolinea e rafforza il discorso del piano senza mai farsi sopraffare.

Atmosfere notturne si reggono su suggestioni agrodolci di rimpianto e rimemorazioni, altre sono minimali con il sax distorto, dissonante con Filippi che batte sui tasti dello Steinway & Sons del festival con la caparbietà e l’acribia di un telegrafista.

Non poteva mancare un omaggio nel bis al Maestro Enrico Rava che ha definito Filippi uno dei migliori pianisti della sua generazione e lui, giustamente, se ne gloria. Il trombettista triestino d’origine è stato colui che ha portato nel jazz italiano quella raffinatezza e originalità che cinquant’anni fa gli mancavano quasi del tutto. Con i suoi gruppi ha gettato le basi della futura musica italiana e Filippi ne fa parte a buon titolo.

La scaletta: Ricordi di Parigi (piano solo), They dream, Heart Chant, Pianeti diversi, Isfahan (Duke Ellington), Amarcord Days, For Ludwig (piano solo), For Freedom, Bella (Enrico Rava)

Fabrizio Bosso Quartet “We4” Fabrizio Bosso (tromba), Andrea Rea (Piano), Jacopo Ferrazza (Contrabbasso), Nicola Angelucci (Batteria)

Fabrizio Bosso, il trombettista torinese dalla carriera sfolgorante di incisioni e collaborazioni internazionali, amico da anni di Udin&Jazz si è esibito con il suo quartetto in un Jazz scintillante di grande presa e piacevolezza che ha le proprie fondamenta in una ritmica solida e determinata “a non fare prigionieri” e poi, naturalmente, nel suo virtuosismo spinto, verticale e vertiginoso che cesella e sottolinea la freschezza cristallina della musica proposta.

Altrettanto veloce e percussivo è il pianismo di Rea che risponde ai rapidi suggerimenti del leader. I quattro sanno anche concedersi momenti di riflessione e il torrente impetuoso delle loro rapide, improvvisamente s’allarga rallentando il proprio corso portandosi ad un ritmo più calmo e lento nel quale, in ogni caso, Bosso comunque è libero di intarsiare i propri assolo preziosi quanto complicati come una filigrana.

E’ un gran piacere ascoltare il discorso pacato e meditato che Ferrazza argomenta attraverso il suo contrabbasso, chiaro e pulito, niente di particolarmente innovativo o stravagante ma con un tocco pulito. Dalla quiete apparente si passa direttamente ad un altro brano dalla notevole spinta sull’acceleratore, come si dice: “Piede pesante, pesantissimo!”

Bosso, mentre i suoi compagni suonano, si prende delle pause per mantenere in perfetta efficienza la propria tromba, oliandone i pistoni, sgocciolandola dagli appositi augelli, smontando le curve; sono gesti del tutto compulsivi caratteristici dei trombettisti che denotano massima cura per il proprio strumento fino all’ossessione.

Il quartetto di Bosso regala proprio un impressione simile: è una macchina da guerra perfettamente oliata, super efficiente e “fanatica”. Il trombettista dimostra anche una signorilità e un modo di porsi al proprio pubblico, all’organizzazione e agli operatori dello spettacolo da vero Gentleman. Ringrazia pubblicamente l’associazione Euritmica per il funzionamento del festival, dal service, all’albergo, alla cena: “E’ più facile suonare bene quando tutto funziona!” Si vede che è sincero.

Non ci si pensa mai ma per chi fa il musicista di professione ed è perennemente in giro sono particolari non irrilevanti.

Il progetto musicale che il quartetto presentava al Palamostre basato su un’incisione edita nel 2020 e le performance live ha di certo la forza di coniugare la ricerca melodica più tradizionale a quella della ritmica contemporanea andando a pescare anche nelle delizie degli anni ‘50 tutte italiane tra Gorni Kramer e Franco Cerri.

Ad un certo punto in modo del tutto inaspettato, balzano in avanti tutti insieme come una sol cosa, con un selvaggio brano funky con tanto di tromba distorta dalla pedaliera elettronica. Il mood generale è davvero contemporaneo dai ritmi concitati e nevrastenici.

Ma dopo la tempesta, inevitabilmente, viene il sereno di una ballad nostalgica e sospirosa in cui la tromba canta parole perdute di rimpianto e di momenti inghiottiti dal tempo cui risponde il pianoforte con altrettanta malinconia. Anche in una notte d’estate, un pizzico di tristezza non guasta.

Il set è continuato serratissimo senza alcuna pausa in un tutto compatto e cantabile ricco e gustoso. Gradevolissimo il lavoro di Bosso anche con la sordina “plunger” che ha sempre i suoi bei perché e che anche di fronte alla distorsione elettronica più esasperata non perde il proprio smalto e fascino antico e “proletario”. Bosso e il suo quartetto sono stati capaci nel giro dei canonici novanta minuti di passare di blus gattoni da piano bar fumoso e sudato, al calderone brontolante e ribollente del be bop, il tutto lanciato sui binari di un treno ad alta velocità.

Dopo i ringraziamenti, il bis è un rito dal quale non si scappa. Bosso chiude “In a Sentimental Mood” con un accenno alla “Ninna Nanna” di J. Brahms come fa sempre chiudendo i propri concerti, e allora non resta che augurare la buonanotte ai suonatori e porgere un doveroso ringraziamento a Euritmica e ai suoi collaboratori.

La scaletta del concerto: We4, Estudio Misterioso, Bakarak, One Humanity, Control Freak, The Way we see, For Heaven sake, Woman’s glance, Minor mood, In a Sentimental Mood

Flaviano Bosco – instArt 2022 ©
Foto Luca A. D’Agostino ©

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