Cividale del Friuli, 23/07/2003 – Mainerio – Foto Luca d’Agostino © Phocus Agency

Per noi musicisti il tempo sembra essere la cosa più importante: per gli anni che dedichiamo allo studio, per il tempo in musica. Nel contempo, appunto, il tempo pare non avere importanza alcuna, nella musica si può restare sempre senza età. Per creare qualcosa di nuovo oggi, spesso si guarda a quanto fatto ieri, nella speranza di poter lasciare qualcosa di nostro per il domani.

Sono pensieri adeguati a una disimpegnata serata come quella del 23 agosto, in cui purtroppo una pioggia estiva ha fatto annullare il concerto previsto in Piazza Capitolo ad Aquileia. L’evento, che vedeva come protagonista “Insiùm-Mainerio”, progetto di Glauco Venier e Michele Corcella, è stato rinviato al 20 settembre, alle ore 16.00, sempre ad Aquileia.

Nell’attesa di riuscire ad accettare l’imprevisto, ne abbiamo approfittato per incontrare il maestro Glauco Venier che davanti a un bicchiere di vino ci ha raccontato qualcosa su questo progetto:

«Da subito voglio precisare che è stato fatto un lavoro a quattro mani insieme al musicista jazz Michele Corcella. Tutto è nato dal progetto Symphonika, un lavoro per big band e orchestra sinfonica, in cui abbiamo rielaborato le villotte friulane. Dopo quell’esperienza, c’è stata la voglia di continuare questo tipo di disegni dedicati al Friuli ed è nato l’Insiùm. Insiùm è il sogno, mio, di poter suonare con un gruppo di amici, ripescando dal repertorio della nostra regione e portare la nostra musica fuori da qui, in una veste più attuale. Da questa collaborazione sono nati diversi propositi, tra cui anche quello dedicato a Mainerio. Inizialmente era un progetto per ottetto, successivamente ampliato per dodici strumenti, variabili. Il desiderio era di lavorare anche con le compagnie di teatro e di danza del Friuli, ma abbiamo avuto poca considerazione da questo punto di vista».

Insiùm è una realtà da molti anni e manifesta l’intento di lavorare sul territorio regionale, ma ormai ha coinvolto anche personalità al di fuori del Friuli, da cosa nasce questa collaborazione?

«I musicisti che collaborano con me hanno anche altri lavori e altri gruppi, ma con Insiùm si lavora su materiale friulano, perché il mio sogno è portare il nostro lavoro e la nostra arte fuori da qui. Ma è difficile, perché qui ci si aiuta poco e ognuno tende a coltivare il proprio orticello e c’è la tendenza a promuovere piccole realtà progettuali che allora impediscono, oppure assopiscono, la volontà di creare idee più grandi in cui si lavora insieme. Per questo collaboro con persone che vengono da fuori, con cui mi confronto sulla nostra musica, che vista dall’esterno è forse più facilmente riconducibile ad altre influenze e questo offre sempre spunti interessanti».

Mettere insieme diverse personalità musicali non è mai facile, com’è stato, dal punto di vista artigianale, questo lavoro a quattro mani?

«Questo è un lavoro mio, che poi è stato ripreso da Michele Corcella. Abbiamo lavorato insieme e siamo talmente in simbiosi che qualche volta rivedendo il lavoro fatto non riconosciamo le parti scritte da ognuno. Mentre a volte si distingue la mia influenza da organista, più polifonica, altre volte, nei suoi contrappunti si percepisce di più l’influenza del jazz. Spesso però non ci ricordiamo chi abbia fatto cosa. Questo perché ognuno rispetta l’altro, e nessuno s’impone sull’altro. L’idea di uno viene raccolta e coltivata dall’altro. Nella musica afroamericana ce n’erano due così: i grandissimi  Duke Ellington e Billy Strayhorn. Quest’ultimo, incredibile, talvolta più grande di Duke, è rimasto nell’ombra, pur avendo costantemente contribuito al lavoro di Duke. Questo tipo di collaborazione è un esempio per noi».

Entrando un po’ più nello specifico, come nasce questo progetto dedicato a Mainerio?

(Giorgio Mainerio è stato un compositore vissuto tra il 1535 e il 1582, particolarmente noto per il brano Schiarazula Marazula, ma anche per le sue opere sacre composte durante il suo incarico come maestro di cappella nella Chiesa Patriarcale di Aquileia, che, assieme alla sua lunga permanenza udinese, lo rendono un personaggio da ricordare nel legame con il nostro territorio).

«Il progetto su Mainerio nasce tanti anni fa, con il coinvolgimento di nomi importanti come Michel Godard, Christian Muthspiel, Klaus Gesing, Marcello Allulli, Eric Vloeimans, Martin France e Jarrod Cagwin.

È un gioco. Il frontespizio de Il libro dei balli di Mainerio recita: “Melodie da suonarsi con ogni sorta di strumento”, un po’ come L’arte della fuga di Bach. Bach è più serioso, disciplinato. Mainerio sembra dica “Prendi le mie idee e sviluppale come vuoi”. E io l’ho fatto. Ho pensato a un gruppo di jazz che si diverte a suonare queste cose. Lo si può definire un antesignano dell’improvvisazione e della world music; infatti, nel suo lavoro si trovano ispirazioni popolari provenienti da tutto il mondo, come l’Ungarescha e la Tedescha. Un tipo di contaminazione che ha toccato poi anche compositori come Ravel e Debussy.

Mi sono divertito a cambiare armonicamente le cose, a sviluppare qualche contrappunto strano, ad aggiungere interventi atonali, o idee ritmiche d’ispirazione balcanica. Come nel brano intitolato Tedescha, nel quale sono intervenuto con degli inserti gipsy, anche per lasciare qualche messaggio a un orecchio più arguto. Si è trattato quindi di un lavoro di ricerca e di contaminazione con la volontà di coinvolgere il pubblico e con il desiderio di tramandare una nostra tradizione con un sound più moderno, con l’intento di attualizzare qualcosa nato nel nostro territorio».

In un simile progetto, con quale sentimento si guarda al passato? Qual è il rapporto con il tempo?

«La volontà è quella di avvicinare questo tipo di musica all’attualità, ma con la chiara barriera che separi dal passato la nostra contemporaneità. C’è una rottura con il passato. Il jazz è rottura, ha un linguaggio che chiude la porta a quanto stato prima. Io non credo che uno che studia Mahler diventi per forza un bravo compositore. Conoscere la musica è una cosa, ma non è una garanzia per scrivere bene oggi. Forse è più ispirante ai fini compositivi guardare il design di una macchina moderna che guardare a quanto c’è stato prima musicalmente. Dal passato deve arrivare un messaggio di conoscenza, ma un compositore deve essere connesso con il proprio tempo, musicalmente in tutti i suoi generi».

Non ci resta che attendere con impazienza il concerto del prossimo 20 settembre, alle ore 16.00, in Piazza Capitolo ad Aquileia, per rivivere Mainerio in chiave jazz, in cui il passato convive nel presente, proiettato sempre verso il futuro.

© Maria Beatrice Orlando

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