Gran pienone al Teatro Nuovo Giovanni da Udine per il concerto della prestigiosa Seoul Philarmonic Orchestra diretta da Terry Fischer e con il giovane pianista coreano Sunwook Kim. Di grande richiamo il programma, che inizia con Muak, Fantasia di danze per grande orchestra del compositore sudcoreano Isang Yun, un artista formatosi dapprima nel suo paese e in Giappone, per poi perfezionarsi in Europa. Muak rappresenta una sintesi fra la cultura musicale orientale (è riferita alla danza dell’usignolo, una danza tradizionale coreana che veniva eseguita in onore dell’Imperatore, l’usignolo è simboleggiato dall’oboe) e quella occidentale, ricca di echi stravinskiani. In questo brano così singolare, possiamo già ammirare, vista la difficoltà di questa pagina, un’orchestra di livello tecnico assolutamente eccellente.

È poi la volta del pezzo clou della serata: il Concerto n.5 per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore op. 73 “Imperatore”. Solista Sunwook Kim. Esecuzione attesissima da un pubblico un po’ raffreddato dalla composizione di apertura, d’indubbio livello, ma di difficile ascolto.

Beethoven, dunque, che si apre con il sontuoso Allegro in cui, fin dalle primissime battute, siamo colpiti dal pianismo di Sunwook Kim. Il suo suono è bellissimo, la tecnica di grande pulizia e scioltezza, il controllo del tocco perfetto. La naturalezza con cui questi elementi sono mescolati fanno di lui un autentico fuoriclasse. Accanto a queste grandissime doti, aggiungiamo poi che è un pianista, grazie anche a Fischer che funge da insostituibile fulcro dell’esecuzione, che sa dialogare con l’orchestra. Cosa che in questo concerto è particolare tutt’affatto secondario, anzi è parte fondamentale della poetica beethoveniana, che Kim sa scandagliare nel profondo. Kim sa modulare il suo tocco dando voce alle più riposte istanze della musica di Beethoven. L’Adagio, sotto le sue dita, assume un afflato mistico, sognante, un lirismo assoluto che con la meravigliosa transizione fra il secondo e terzo tempo, si tramuta nell’esplosione di suoni e di colori del Rondò. Allegro, che chiude in un tripudio quest’assoluto capolavoro. Il tutto reso con una valenza emozionale fortissima sia da parte di Kim che dell’orchestra, meravigliosamente condotta da Fischer.

Il successo è grande e il pubblico viene gratificato da un bis con l’Intermezzo op. 117 di Johannes Brahms.

La seconda parte della serata vede l’esecuzione della Symphonie fantastique, episodi dalla vita di un artista in cinque parti per orchestra op.14 di Hector Berlioz, un lavoro del 1830 che anticipò il poema sinfonico successivo, per i riferimenti extramusicali in esso contenuti, e aprì la strada, da un punto di vista strumentale, all’orchestra moderna.

In un lavoro di tale complessità, e bellezza, si evidenziano le doti di questa compagine orchestrale: il suono è smagliante, le sezioni estremamente equilibrate, la precisione degli attacchi, la gestualità di Fischer a tale proposito è eloquente, pressoché assoluta, l’intonazione non ha smagliature… Insomma, una grande orchestra che ci regala un Berlioz di grandissima espressività e molto articolato nelle sue diverse parti. Un’esecuzione, è il caso di dirlo, di riferimento.

Alla fine gli applausi sono scroscianti al punto che Fischer decide di concedere un bis con l’Arlesienne di Georges Bizet.

Sergio Zolli © instArt

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