Dev’essere stato straniante passare dalle decine di migliaia di Glastonbury (UK) alle poche centinaia di Villa Manin di Codroipo (UD), per i Black Country New Road. Pur essendo giovane, il sestetto ha già prodotto tre album, l’ultimo dei quali senza il chitarrista originario Isaac Wood, fuoriuscito a causa di problemi di salute. Questo ha prodotto un cambio stilistico che si è notato nell’ultima recente fatica della band “Live at Bush Hall”, nella quale la forma tormentata di post rock ha lasciato spazio ad una dimensione più pop, con accenni di folk abbinati ad una tenue psichedelia da camera. Per chi c’era: dagli Slint ai Sonora Pine o ai Rachel’s. Registrare un album dal vivo con inediti è stato in questo senso un atto di rinascita ed un tentativo di affrancarsi dalla figura di Wood, carismatica e profonda, ma anche problematica. Riproporre quasi per intero l’ultimo disco è parso una atto quasi naturale, vista la rilassata platea stesa sul prato di Villa Manin, tra coperte, merende, bevande e carrozzelle. Il fatto poi che la band sul palco sembrasse un gruppo di liceali in gita estiva non ha fatto che rinforzare l’impressione che quello del 16 luglio fosse, più che un concerto, l’ happening di un assolato pomeriggio, con una buona band on stage e con un pubblico in relax ad ascoltarlo. Partenza, come su disco, con “Up Song”: il sax di Lewis Evans ed il piano di May Kershaw introducono la voce della bassista Tyler Hyde (figlia di Karl degli Underworld), che colma, bene, il vuoto lasciato da Wood; quando poi entrano la chitarra di Luke Mark, il violino di Nina Lim (sostituta in tour di Georgia Ellery) e la batteria di Charlie Wayne, il brano diventa trascinante. Regna la melodia nel set della band inglese, si strizza l’occhio ai Fab Four o ai Kinks, si diffonde un’aria da tè delle cinque con accenni klezmer, come in “Across the Pond Friend” con Evans alla voce, o come in “Laughing Song”, cantata dalla Hyde, che inizia sommessa e quasi orchestrale, sfociando alla fine in un turbine sonoro. Il terzo componente che si prende l’onere del canto è la tastierista, che dà toni folk a “The Boy” e specialmente a “Turbines” accompagnata da flauto e violino bucolici e terminata dal maelstrom sonoro del sestetto. L’utilizzo di più cantanti e lo sviluppo di temi musicali che prediligono una visione d’insieme rendono i Black Country New Road un vero e proprio collettivo, che tiene lontano al momento sia i personalismi sia il pericolo di venire riconosciuti/rappresentati da un solo frontman. La cesura rispetto al passato è stata dichiarata dal fatto di non riproporre i pezzi dei primi due album, ma di cercare di proseguire in questa “new road”, che produce musica piena di riferimenti ed allo stesso tempo inclassificabile nel suo appigliarsi a sfumature, cambi di tempo e soluzioni a sorpresa. Si è concluso propri così il concerto di Villa Manin, con la Hyde che saluta sulle note di “Up Song (reprise)”, con la band a passare dal jazz al pop cameristico con estrema disinvoltura. Complimenti agli organizzatori dunque, che, in mezzo ad una programmazione regionale densa di cariatidi in accanimento terapeutico artistico, sono riusciti a portarci questo gruppo. Nella speranza che sia questa la Nuova Strada.

Daniele Paolitti – InstArt 2023 ©

Foto di Gianpiero Copetti

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