È iniziata con un ricordo, commosso, dei due fondatori del festival Pietro e Annamaria Percavassi e con la breve esposizione delle linee guida da parte dei due attuali direttori artistici. La ricchezza della proposta e l’importanza della rassegna come incontro nelle parole di Nicoletta Romeo. La rotta definita in quelle di Fabrizio Grosoli che ringrazia il pubblico: quella Trieste che non ha paura del confronto e del diverso. Perfettamente in linea con il tema di quest’anno il film presentato in apertura; Meeting Gorbachev di Werner Herzog e Andrè Singer. Film di difficile classificazione: biografia di Mikhail Gorbaciov, documento e documentario storico ed allo stesso tempo film partigiano, dichiarazione d’amore di Herzog verso uno dei politici che più  hanno contribuito alla caduta di quel muro di Berlino celebrata quest’anno dal festival triestino. Ed Herzog esplicita a parole (“We love you, I love you”) questo amore per Gorbaciov durante una delle interviste che fanno da ossatura al film. La vita dell’ex presidente dell’URSS viene raccontata dall’infanzia contadina alle solitudini della vecchiaia. L’ascesa: dalla perestrojka al disgelo con gli Stati Uniti,. La caduta. dal tentativo di colpo di stato, alla presa del potere di Boris Eltsin e alla conseguente disgregazione dell’Unione Sovietica.

Lo racconta con ironia in alcuni passaggi. Decellera il ritmo ed insiste sulle immagini di repertorio dei funerali di Stato dei vecchi leader del partito comunista, ormai ridotti a “fossili”, sul loro attaccamento al potere, sull’incapacità psicologica di lasciare posto al nuovo; mentre lentamente Gorbaciov si fa largo partendo dalle province e dalla realtà contadina che meglio conosce.

Ironizza sui media mostrando lo sconcertante esempio di miopia storica di un vecchio telegiornale ungherese che dà la precedenza, nei servizi giornalieri, all’allevamento delle lumache lasciando in secondo piano la notizia, dirompente, dell’abbattimento della cortina di ferro.

C’è una dote che il film riconosce all’ex leader del partito comunista russo ed è quella dell’umiltà, una mancanza di arroganza che gli permette di rinunciare alle prove di forza con l’Occidente e di cogliere le occasioni e le idee ovunque esse si trovino. La politica di Gorbaciov sembra puntare, per Herzog e Singer, in un’unica direzione: quella del disarmo nucleare. La via della pace. La ferita provocata dall’incidente nucleare di Chernobyl si collega il sogno di un mondo senza armi di distruzione di massa che condivide con i politici più illuminati del periodo, l’incontro risolutivo che di fatto pone fine alla guerra fredda fra lui e l’allora presidente americano Ronald Regan  a Reykjavik .

E’ in questo nucleo ideale che il film acquista tutta la sua attualità.  Descrivere quelle che sono le caratteristiche, soprattutto quelle più propriamente umane, di un leader che voglia la pace serve agli autori a tracciare una linea di demarcazione decisa con alcuni politici attuali. Uno per tutti  Donald  Trump che, dichiarando la volontà americana di “rinnovare”  le sue dotazioni belliche nucleari, rischia di innescare una reazione a catena mondiale.

Gorbaciov, in un passaggio, dialogando con Herzog abbassa lo sguardo pensoso, “non sono mai stato vendicativo”. La sua idea non è quella di vincere è, piuttosto, quella di far vincere tutti. Cedere le posizioni, ritirare le truppe, iniziare il disarmo, diventa ed è diventato modello ed invito ad altri a fare altrettanto.

Il film vuole portare a galla la capacità dell’uomo di andare oltre gli egoismi ed i rancori . In apertura Herzog presentandosi all’ex presidente come tedesco, sorridendo afferma “immagino che il primo tedesco che ha conosciuto volesse ucciderla” alludendo ai  militari durante l’invasione nazista. Gorbaciov ascolta la traduzione toccando l’auricolare all’orecchio ed inizia a raccontare la storia del nonno che, direttore di un kolchoz, lo portava da bambino da una famiglia di pasticcieri che con il pan di zenzero creavano biscotti e dolci dalla forma di animali. Dopo una breve pausa guarda Herzog e dice “erano tedeschi, ho sempre pensato che solo i tedeschi fossero in grado di fare quei dolci così buoni”.

“Cosa vorrebbe fosse scritto sul suo epitaffio?” chiede il regista a bruciapelo, “Abbiamo provato” risponde Gorbaciov. “Al momento giusto” gli fa eco Herzog “c’è un momento giusto per ogni cosa. Lo sa, c’è una divinità per il momento giusto, per gli antichi greci si chiama Kairos”.

In esclusiva, ieri sera, per il pubblico del festival Andrè Singer ha portato un piccolo video. Ci mostra Gorbaciov mentre presenzia ad una proiezione del film in Russia . Le parole conclusive che pronuncia, e che Singer sceglie, sono “Il popolo russo è pronto per la democrazia”. E nelle ultime immagini seguiamo un uomo anziano, di schiena,  piegato dalla malattia che appoggiandosi alle stampelle lentamente esce dalla sala. Due porte si chiudono dietro di lui. Mostrano l’emblema di McDonald. Un po’ di amaro in bocca e una domanda sussurata al dio Kairos.

© Katia Bonaventura per instArt

 

Share This