Martedì 15, mercoledì 16 e giovedì 17 giugno 2021, Stivalaccio Teatro e Teatro Stabile del Veneto hanno presentato, presso il Teatro Comunale di Monfalcone, Romeo e Giulietta, l’amore è saltimbanco con Marco Zoppello, che qui firma anche soggetto e regia, Anna De Franceschi e Michele Mori, i costumi di Antonia Munaretti, La scenografia di Alberto Nonnato,, le maschere di Roberto Maria Nacchi, i duelli coreografati da Giorgio Sgravato, e la consulenza musicale di Veronica Canale.
Nel 1574 due saltimbanchi ricevono una commissione per portare in scena il dramma Romeo e Giulietta, ce la faranno?

Per non si sa quale coincidenza per la seconda volta, in due settimane, ci si ritrova a dover recensire una rappresentazione che ha al suo centro il dramma di Romeo e Giulietta ma, questa volta, con un’operazione inversa
Ora si immagini un grafico cartesiano: si sa, questo, non farà entrare chi scrive nella Death Poet Society del professor Keating ma poco importa; la critica non deve far poesia, bensì deve fornire delle coordinate atte a far comprendere meglio la poesia, non per stabilire una cultura alta e una bassa, e infatti questo spettacolo va in tutt’altra direzione, ma per mettere in un ordine che dev’essere il più corretto possibile, le molte sollecitazioni culturali a cui si viene sottoposti durante questo frammentato ventunesimo secolo.
Si diceva, lo spazio critico in cui si muove questo spettacolo è rintracciabile, almeno dalla prospettiva di chi scrive, in tre variabili: formale, popolare, e strutturale; ora, la forma viene demolita quasi subito, quand’è l’ultima volta che si è assistito ad uno spettacolo che inizia dalla platea con gli attori che si mescolano al pubblico? E quand’è l’ultima volta che qualcuno del pubblico viene chiamato a recitare sul palco? La forma, però, viene al contempo rispettata, mediante l’apposizione di una costruzione in legno, che Shakespeare stesso definiva “The Wooden O”; perciò, il Bardo non viene tradito, dando il via a una sorta di tempesta perfetta.
Tutto questo genera, nello spettatore, un concetto riassumibile in un’unica parola: cortocircuito. Cortocircuito, per l’appunto, anche linguistico, non bisogna dimenticarsi che il Bardo era un nobile che scriveva per i nobili, il suo linguaggio aulico viene demolito in favore della parodia dello stesso, la stessa centralità della parola viene messa in discussione mediante gesti e battute volgari, ove la parola volgare non ha per forza un’accezione negativa, fatto che fa appartenere lo stile della messa in scena, più ad un omaggio parodico sentito ed appassionato, piuttosto che grottesco; l’intreccio del dramma, e quindi la sua struttura, non vengono minimamente intaccati.
Uno degli innumerevoli meriti di questa rappresentazione è quello di aver riportato gli artisti alla loro dimensione originaria e come ce li mette in scena? Come degli squattrinati, truffatori, prostitute che non riescono ad arrivare a fine giornata, costretti a vendere il proprio corpo per pochi spiccioli,
si pensi che la Chiesa aveva una regola secondo la quale, gli artisti, dovevano essere seppelliti in delle zone apposite del cimitero, come se fossero dei figli di un dio minore; ed è impossibile non trovare un parallelismo tra questo e l’attuale condizione dei lavoratori dello spettacolo.
Non si sa cos’altro dire, se non che, se fosse ancora vivo, Dario Fo sarebbe senz’altro fiero di questi ragazzi e forse, in un’altra dimensione, lo è.

instArt 2021 / Nicola Bertone©

Si ringrazia Katia Bonaventura per le immagini – courtesy Teatro Comunale di Monfalcone

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