Dopo il tour di presentazione dell’ultimo album dello scorso anno, che lo aveva visto salire sui palchi di ben diciotto nazioni, Xavier Rudd torna in Italia ospite di Folkest nello splendido scenario del Castello di Udine. Si è imposto sulla scena internazionale armato di dolcezza Xavier: una steel guitar, strumenti percussivi e una voce carica di umanità scorrono su testi e melodie semplici ma profonde. L’australiano calca la scena dal 2001 e la sua discografia è molto ricca.

Dal primo album To let (2002) fino ad arrivare all’ultima opera Jan Juc Moon del 2022, sono 10 i CD pubblicati, più alcuni live. A proposito del difficile periodo della pandemia, prima del tour del 2022, aveva dichiarato: “La vita è stata dura per tutti in questi ultimi anni, e ora più che mai la gente merita di sognare in grande. Ho la sensazione che le nuvole si stiano lentamente aprendo e vorrei essere presente con la mia musica nel momento in cui le persone riemergeranno da questo periodo, in modo da avere un posto in cui possono lasciarsi andare e sognare, muoversi e scrollarsi di dosso il peso del mondo”.

La prima volta che ho ascoltato Xavier Rudd mi sono imbattuto nella sua versione di No woman no cry: ho provato una forte emozione. Non è facile interpretare brani dei mostri sacri della musica con una spontaneità così pura. Apre il concerto Fred Leone, una delle icone della cultura aborigena australiana. Nel suo set alterna melodie tradizionali a sonorità rap, utilizzando sinth e percussioni. Alcune atmosfere sono psichedeliche. Con un ritardo di circa mezz’ora rispetto all’orario stabilito, entra in scena Xavier Rudd, che si conferma un eccellente “One man band”: con l’ausilio di alcune basi preregistrate suona chitarre (acustiche e slide), didgeridoo (con diverse tonalità), tastiere, armonica a bocca, batteria e percussioni varie. La sua voce, dolce, delicata e potente quando è necessario, è sempre altamente espressiva. L’aquila di Jan Juc Moon domina il palco con i suoi colori e forma una coreografia essenziale ma di grande effetto. Al secondo brano Stoney creek l’artista invita tutti ad alzarsi: il numeroso pubblico – giovane ma i giovanissimi sono rari – risponde con entusiasmo.

Dopo la splendida I’m eagle (anch’essa tratta dall’ultimo album) Xavier commenta: “Beautiful italian energy”!. Il quarto pezzo in scaletta We deserve to dream è un richiamo alla fratellanza. Composto da una melodia semplice ma perfetta, è una sorta di inno: “Tutto ciò che possiamo fare è essere il meglio che possiamo essere”. In Storm boy Rudd crea un sound tribale con batteria e didgeridoo, si toglie la maglietta sfoggiando un fisico in perfetta forma. E’ un mix di stili pazzesco quello dell’artista australiano. E’ una fusione di più generi e di riferimenti artistici: Bob Marley, Ben Harper, Damien Rice, Paul Simon. C’è un po’ di reggae, soprattutto nella voce, gentile e mai arrabbiata, c’è folk ma soprattutto anima e solidità nella costruzione delle melodie. Il coinvolgimento del pubblico è magico, tutti vogliono cantare assieme a Xavier che esegue una bellissima Let me be.

Dopo un pezzo suonato alla tastiera arriva Spirit bird, con cori cantati da tutti che richiamano i primi pezzi dei Police. Nel corso dell’esecuzione di un brano suonato alla batteria con suoni tribali, una sorta di etno-disco, compare anche la bandiera degli aborigeni australiani, con l’esortazione a ricordare che tutti hanno diritto a una terra. Il concerto si conclude con il pezzo più rappresentativo di Xavier Rudd: Follow the sun, il cui video conta circa 70 milioni di visualizzazioni su You Tube. “Segui, segui il sole / E ogni direzione in cui soffia il vento / Quando questo giorno sarà finito / Respira, respira nell’aria / Stabilisci le tue intenzioni / Sogna con cura / Domani è un nuovo giorno per tutti / Una luna nuova di zecca, un sole nuovo di zecca / Quindi segui, segui il sole”. Un brano stupendo che chiude un concerto di grande intensità. Il bis è affidato a Magic, tratta dall’ultimo album, suonata con il banjo. Una chiusura perfetta.

Xavier Rudd non è solo un cultore di musica e tradizioni degli aborigeni, è ormai diventato uno dei rappresentanti più importanti del cantautorato internazionale. Sa emozionare, sa coinvolgere, crea empatia. Un ringraziamento speciale va a Folkest per averci concesso la possibilità di assistere a un suo concerto nella prestigiosa cornice del Castello di Udine, con un’acustica al limite della perfezione. Le canzoni di Xavier Rudd, questo possiamo affermarlo con una certa sicurezza, resteranno a lungo.

Foto Maicol Novara concesse da Folkest

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