Il sogno e la dimensione onirica della vita fanno da sempre parte dell’esistenza umana, ma è solo con il Romanticismo che essa diventa, con altri termini che ad essa si legano semanticamente come notte, ricordo e  nostalgia, un motore ispiratore dell’arte nelle sue più diverse declinazioni, dalla letteratura alla pittura, alla musica. In tal senso la figura di Frédéric Chopin risulta essere significativa, perché, nella sua perfetta aderenza alla weltanschauung romantica essa ne riflette questo particolare aspetto.

Questo, in sostanza, l’oggetto della conferenza-concerto che ieri la pianista veneziana Letizia Michielon ha affrontato nell’Aula Magna di Palazzo Antonini, nel penultimo concerto della stagione 2018 dell’Accademia di Studi pianistici “A.Ricci”, davanti ad un pubblico veramente notevole. Conferenza-concerto che ha visto la proposta di un programma interamente dedicato a Chopin e che prevedeva l’esecuzione di composizioni attinenti in qualche modo all’argomento della serata che era “Chopin e la teoria del sogno”: Tre Notturni op.15, Quattro Mazurche op. 17, il Valzer in la bemolle maggiore op.42 e i Dodici Studi op.10. Il Notturno è infatti la composizione che rende evidente la dimensione del sogno, mentre le Mazurche sono la nostalgia della patria lontana, il Valzer op.42 ha una tonalità, quella di La bemolle maggiore, la tonalità del sogno per Chopin, mentre gli studi op 10 culminano con quell’Allegro con fuoco (il numero 12) soprannominato La caduta di Varsavia, la sua patria lontana.

L’esecuzione del programma proposto non ha bisogno di commenti: il pianismo della Michielon è superlativo. Il suo tocco attiva una palette coloristica variegata ed estesa e la sua tecnica è veramente stupefacente, penso al quinto studio in sol bemolle maggiore, ma anche al valzer op.42 e allo studio n.12 in do minore, doti, queste, che, affiancate da una grande musicalità,  le permettono di regalarci uno Chopin sfaccettato e prezioso che il pubblico della Ricci apprezza incondizionatamente tributandole prolungati applausi, ricompensati, alla fine, da ben tre bis, tutti chopiniani.

© Sergio Zolli per instArt

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