Dopo diversi anni di pausa a Felonica riapre il Teatro Santini con una programmazione improntata all’insegna della collaborazione di diverse realtà del territorio con stili di spettacolo adatti a diversi tipi di pubblico. Dal 28 novembre jazz a tutto campo in collaborazione con la rassegna Estensioni – Jazz Club Diffuso, ideata dallo Slou Soc. Coop. di Muzzana del Turgnano,  che mira a portare anche nei più piccoli centri la cultura del jazz club,

Il primo appuntamento è proprio il 28 novembre con lo spettacolo “Racconto Di Sirena”, concerto in solo di Marta Raviglia per voce e pianoforte, una delle autrici più creative del panorama italiano. Domenica 12 dicembre sarà invece la volta di una serata dove il jazz incontra la danza e la performing Arts, in compagnia di Spelunker, al secolo Piero Bittolo Bon (sassofono, altri strumenti a fiato ed elettronica) e Andrea Amaducci, artista visivo e performer per uno spettacolo dai contorni imprevisti intitolato Demiurges Urges. Il 18 dicembre sono protagonisti suoni vari dal mondo, la cumbia in particolare, incrociati con l’elettronica, per il concerti di Banadisa, nome d’arte di Diego Franchini, musicista polesano che pubblica per l’etichetta La Tempesta.

Per i lettori di instArt abbiamo intervistato Marta Raviglia che aprirà la rassegna a Felonica.

La tua voce si adatta veramente a molti contesti diversi dall’orchestra alla performance in solo. Una bella fatica e concentrazione. Sono una persona molto curiosa e ho sempre sentito la necessità di confrontarmi con repertori diversi. In più ho quella che si definisce una voce ibrida per cui posso cantare sia da soprano che da mezzo-soprano con una discreta facilità – questo ha favorito in me un approccio multidisciplinare alla performance che è passato anche attraverso un apprendistato attoriale e coreutico. Ogni performance, a prescindere dalle sue peculiarità, richiede una grande disciplina e concentrazione – a me, tuttavia, le sfide piacciono molto e mi diverto assai quando mi trovo in contesti nuovi e sono costretta a rimettermi in discussione come musicista e a trovare un modo personale di approcciare il materiale che di volta in volta mi viene sottoposto.

Ma in “Midnight Rider” la tua voce diventa pop/blues mi sembra di ascoltare Fleetwood Mac. Quindi se ti chiedono “cosa fai nella vita” rispondi “la cantante”? Diciamo che mi considero una musicista che usa in prevalenza lo strumento voce. Il mio primo strumento è stato il pianoforte, che ho ripreso a studiare in tempi abbastanza recenti, e anche se ho sempre cantato in maniera spontanea e naturale continuo a pensare a me stessa come ad una strumentista.

A Felonica suoni in una rassegna di “Jazz Club Diffuso”. Ho visto il video ‘Sacred Concerts – Duke Ellington” dove sei la voce solista. Senza scomodare i “mostri sacri del jazz” sembra che ormai il termine “jazz” raccolga un po tutto. Se possiamo spararla grossa più che un genere è una sensibilità. Cosa ne pensi? Il jazz è soprattuto un modo di approcciare e trattare il materiale musicale. E da quando esiste è una musica in costante e rapida evoluzione che ha fagocitato praticamente di tutto e che ha sempre avuto una forza trasformativa notevole. Quindi direi che è entrambe le cose.

L’immagine del tuo spettacolo in solo “Racconto di Sirena” è molto vintage, un ricordo d’infanzia. Come racconteresti questa performance? “Racconto di Sirena” è un flusso di coscienza che mi riporta indietro nel tempo e in particolare ad alcune esperienze che mi hanno segnata nel profondo e che sono state l’inizio di cambiamenti radicali. La sirena cui mi riferisco non è la donna-pesce, bensì la sirena omerica, ovvero la donna-uccello, che attraverso il suo canto è portatrice di verità. La voce della sirena è libera ed è contemporaneamente voce di donna e di creatura senza genere e limite. È una voce che annulla i confini del sentire e ridisegna le strategie dell’essere e che porta con sé un profondo senso di spaesamento. Riafferma, dunque, l’appartenenza ad un non-luogo ed insegna che l’unica forma di verità possibile è quella che passa attraverso le espressioni del corpo. In questa breve piece, che prende le mosse da un’indagine rigorosa su alcune declinazioni possibili della femminilità, conduco gli spettatori lungo un percorso insidioso e discontinuo che svela le contraddizioni profonde dell’essere donna.

Il tema del “gender balance” nella musica non dovrebbe presentare discriminazioni “Se uno è bravo è bravo, punto”. Ma non credo sia sempre così! Cosa dovrebbe essere migliorato nel rapporto con i maschietti? Questo è un discorso molto complesso che meriterebbe più spazio e più attenzione, ma quanto posso dire in questa sede è che le cose stanno gradualmente cambiando per il meglio e che le nuove generazioni sono molto più sensibili a questa questione. Purtroppo c’è ancora in questo piccolo mondo circoscritto una presenza maschile troppo invasiva e non sempre portatrice di valori positivi. Le donne, però, hanno incominciato a reclamare spazi e attenzione e sono convinta che tra qualche anno le cose andranno molto meglio e ci sarà un maggiore equilibrio.

I tuoi nuovi progetti che strada prenderanno? Resto al momento coinvolta in progetti dalla lunga durata, come Vocione in duo col trombonista Tony Cattano, Lost Songs un progetto di ricerca sulla musica del Novecento col pianista Simone Sassu e la Tower Jazz Composers Orchestra. Ci sono, poi, svariate collaborazioni in atto con formazioni orchestrali jazz di varie dimensioni. Tuttavia, ho nel cuore il neonato quintetto con Filippo Orefice, Daniele Santimone, Stefano Dallaporta e Walter Paoli con cui rendo omaggio alla musica di Alice Coltrane e le canzoni che sto finendo di scrivere e che hanno, rispetto a ciò che ho fatto in passato, una veste molto più rock.

Ci puoi indicare 3 video che ti piacciono particolarmente?

Stefano Buian © instArt

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