L’attesissimo appuntamento con il violoncellista Mario Brunello e il coro del Friuli Venezia Giulia di Cristiano Dell’Oste per la stagione 2018 – 2019 del Teatro Bon, si è svolto, di fronte ad un folto pubblico, nella suggestiva cornice della Chiesa di San Francesco. Programma, introdotto dal musicologo Alessio Screm, incentrato, almeno nella prima parte, sulla figura di Johann Sebastian Bach del quale vengono presentati, in versione coro e violoncello, il Mottetto BWV 225 “Singet der Herrn”, il Corale “Christ Lag in Todes Banden” e la celebre Ciacccona tratta dalla Partita n.2 BWV 1004, qui eseguita in una insolita versione per violoncello piccolo e coro.

La magia della musica di Bach naturalmente seduce fin da subito il pubblico udinese, anche se nel Mottetto si possono sentire alcune, poche, smagliature nell’intonazione del coro, che offuscano leggermente la bellezza della scrittura bachiana. Ciononostante, lo smalto vocale del Coro del Friuli Venezia Giulia e la bravura di Mario Brunello fanno dell’esecuzione di Singet dem Herrn e di Christ lag inTodes Banden momenti di grande emozione, aumentata, quest’ultima, quando viene suonata la celebre Ciaccona in versione violoncello piccolo e coro. Versione che mantiene intatto il fascino dell’originale per violino e la bellezza del suono di Brunello, unitamente al suo enorme spessore tecnico, fanno il resto: emozionante.

Il primo tempo si conclude sulle note del Requiem per violoncello e coro del compositore australiano Peter Joshua Sculthorpe. Originariamente scritto per coro, didjeridoo e orchestra, Requiem è un brano di profonda spiritualità diviso in sei parti (Introito, Kyrie, Qui Mariam, Lacrimosa, Libera me, Lux Aeterna) in cui si fondono le istanze della musica colta occidentale con il patrimonio musicale dell’ Indonesia, della Malesia, delle Filippine e del Giappone. Operazione di fusione che il pubblico pare apprezzare molto.

La seconda parte del concerto, come sottolineato da Alessio Screm, è invece dominata dalla figura del compositore friulano Valter Sivilotti che, oltre ad essere l’autore del brano finale, Flows per violoncello, coro e percussioni, è anche l’arrangiatore di Muss es sein per violoncello, tape e coro di Leo Ferrè. Tale composizione prende ispirazione dalle parole che scrisse Beethoven a proposito della Große fuge, Muss es sein? Muss es sein! (deve essere) appunto, perché doveva essere inserita in un quartetto d’archi (e perciò venne inserita come finale nel quartetto op 135 in fa maggiore). Nell’arrangiamento di Sivilotti si realizza un’originale sovrapposizione della voce di Leo Ferrè registrata nel tape, con il coro che intona ossessivamente il refrain Muss es sein e il violoncello, che convince pienamente il pubblico.

Originalmente scritto per quartetto d’archi e quintetto a fiati, Fratres di Aarvo Pärt, qui presentato nella versione per violoncello, coro e percussioni (percussionista Gabriele Rampogna) è una composizione basata su di un tema di sei battute seguita da una serie di ipnotiche variazioni, dalla struttura armonica ridottissima, che incarna pienamente quel Tintinnabulus style che rappresenta la cifra stilistica del compositore finlandese. L’esecuzione dell’ensemble corale – strumentale rispetta pienamente stile compositivo con un effetto quasi ipnotico.

Il concerto si chiude con Flows di Valter SIvilotti, eseguito in prima assoluta, una composizione che vuole rappresentare il flusso incessante delle genti, gli intrecci delle vite, delle storie e delle culture. Tali flussi sono simboleggiati dai numerosi canti citati che vanno dal rock, alla canzone d’autore, a canti popolari di vari continenti, il cui rimescolamento e sovrapposizione simboleggia anche l’incomunicabilità della società moderna.

Alla fine, i prolungati applausi del pubblico convincono gli esecutori a concedere un bis con Bach.

Sergio Zolli@instArt

foto Angelo Salvin

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