Nel commosso ricordo del Maestro Claudio Scione, scomparso proprio in questi giorni, del pianista Andrea Rucli, si è aperto, a Villa de Claricini Dornpacher, il Concerto di fine estate dell’Ensemble cameristico Sergio Gaggia, formato da Soo-Hyun Park al violino, Vladimir Mendelssohn alla viola, Frieder Berthold al violoncello e Andrea Rucli al pianoforte.

Ottimo l’afflusso di pubblico nonostante lo scarso preavviso del concerto e la splendida giornata estiva. Di grande prestigio il repertorio, che comprende due quartetti col pianoforte, uno di Beethoven e uno di Brahms, intervallati da una Sonata del piranese Giuseppe Tartini, uno dei più grandi violinisti del ’700 italiano.

S’inizia quindi con il Quartetto per pianoforte e archi in mi bemolle maggiore op.16 di Ludwig van Beethoven, un’opera giovanile che attacca con una introduzione lenta (Grave) che con le sue sonorità sospese precede l’esecuzione di un elegantissimo allegro non troppo. Eleganza sottolineata dall’esecuzione dell’ensemble, leggera e aerea quant’altri mai, con un pianoforte che trascina tutto il gruppo in un aggraziato dialogo fra le parti e che non rinuncia al suo ruolo di conducator anche nel commovente e terso Andante cantabile che introduce con commovente grazia, ben presto imitato dagli archi che ad uno ad uno e poi assieme riprendono gli spunti da lui suggeriti in un dialogo che si dipana dolcissimo di battuta in battuta fimo al bellissimo Rondò, Allegro ma non troppo, che con il suo elegante tema conclude questo capolavoro fra gli applausi del pubblico.

Poi è la volta della Sonata in sol minore op.1 n.10 “Didone abbandonata” per violino e pianoforte (sarebbe stato clavicembalo, ma vabbè) di Giuseppe Tartini, nell’interpretazione di Soo-Hyun Park e di Andrea Rucli, in cui l’arte della violinista si fa ammirare per potenza di suono, nitore esecutivo e agilità suscitando nel pubblico quello che era uno degli scopi dell’arte barocca: la meraviglia. La sua esecuzione è infatti un profluvio di trilli, arpeggi e di passaggi ad alta intensità tecnico-virtuosistica che letteralmente stupiscono il pubblico, provocandone alla fine l’irrefrenabile applauso che chiude questa prima parte del concerto.

La seconda parte della serata vede l’esecuzione del Quartetto per pianoforte e archi in sol minore op.25 di Johannes Brahms. Anche qui stupisce l’intensità emotiva e la politezza dell’esecuzione di una pagina che è a dir poco impervia, sia tecnicamente che musicalmente fin dalle prime battute dell’Allegro di apertura e del successivo Intermezzo: Allegro ma non troppo, per giungere alla solennità sapientemente orlata di momenti di grande intensità emotiva dell’Andante con moto e giungere, con grande crescendo emozionale alla trascinante ritmicità del Rondò alla zingarese: Presto, ove tutti gli elementi si scatenano in una danza selvaggia.

L’esecuzione è di grande livello e dimostra il grado altissimo di comprensione che questo gruppo ha della poetica brahmsiana. In ciò è estremamente coinvolgente, al punto di suscitare, alla fine un’autentica standing ovation.

Sergio Zolli © instArt

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