Il pubblico del Trieste Film Festival ha decretato i tre premi principali del concorso 2019. Il premio Trieste (lungometraggi), il premio Alpe Adria Cinema (documentari) e il Premio Fondazione Osiride Brovedani (cortometraggi) sono stati consegnati martedì 22 gennaio al Politema Rossetti.

Bujar Alimani, Delegacion

Ha vinto il concorso lungometraggi il film, del regista albanese Bujar Alimani, Delegacion. Collocato storicamente proprio a ridosso di quella caduta del Muro che quest’anno a Trieste si celebra, racconta la storia dell’incontro, architettato dal governo comunista allora ai suoi ultimi giorni alla guida del paese, fra un prigioniero politico di Tirana e il suo ex compagno di scuola ora a capo della delegazione europea incaricata di valutare il rispetto dei diritti umani in Albania nel 1990. Precise e simboliche le scelte registiche sia in termini di colore, con una predominanza dei marroni e dei grigi, sia a livello di inquadratura dove Alimani ha privilegiato campi lunghi ed affollati. Un ritratto di un’Albania scolorita e svilente su cui pesa la responsabilità collettiva di scelte sbagliate.

Anja Kofmel, Chris the Swiss

Chris the Swiss è il miglior documentario di quest’anno. La regista svizzera Anja Kofmel mescolando abilmente animazione e documentario cerca di ricostruire le circostanze che portarono alla morte di suo cugino Chris in Croazia durante la guerra dei Balcani nel 1992. Il corpo di Chriss venne ritrovato con indosso la divisa del PIV, un gruppo internazionale di mercenari sui cui rapporti con la malavita il giovane giornalista stava indagando. Il documentario ha esordito alla Semaine de la Critique di Cannes nel 2018.

Hajni Kis, Last Call

Il cortometraggio vincitore del Premio Brovedani è invece l’ungherese Last Call di Hajni Kis, seconda regista donna ad aggiudicarsi quest’anno il premio della giuria popolare ed ancora studente universitaria a Budapest. L’ultima chiamata del titolo si riferisce all’ultima possibilità della sessantenne protagonista di risolvere le questioni aperte ed ancora irrisolte con la sua Budapest, prima di trasfersi all’estero con la famiglia e lasciarla per sempre. Il film la segue in quest’ultima, imprevedibile, giornata .

Il premio Corso Salani attribuito ad un film ancora alla ricerca di distribuzione è stato assegnato a My Home in Libia della giovane artista visuale padovana Martina Melilli. In Libia, l’autrice cerca di ritrovare i territori dove suo nonno è vissuto e che ha dovuto abbandonare nel 1970, scacciato dopo la presa di potere di Gheddafi. Contatta allora, attraverso i social, un ragazzo libico che, via via, le invierà le immagini dei luoghi della vita del nonno come sono oggi. E’ il legame che si va instaurando con questo nuovo amico, a divenire alla fine, il punto nodale del documentario.

Il festival si avvia intanto alla sua conclusione con le rassegne “1989-2019 Wind of Change” che ripresenta pellicole legate alla storia del Festival e “Tales from the Berlin wall” che cerca di raccontare la storia del Muro tedesco.

Al Teatro Miela inoltre, questa sera, alle 22.00 inizierà la maratona di Uspjeh Success alla presenza del regista Danis Tanovic. Un film suddiviso in 6 episodi ed ambientato a Zagabria che racconta la vita di quattro persone coinvolte in un delitto. Prima produzione “adriatica” della HBO affidata al regista bosniaco di “No Man’s Land”.

Il festival si concluderà domani, 25 gennaio, alle 22.00 sempre al Teatro Miela con il concerto della techno band Abob.

Katia Bonaventura © instArt

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