Grande afflusso di pubblico al Teatro Modena di Palmanova per il concerto conclusivo della Stagione Sinfonica 2018 della Mitteleuropa Orchestra, condotta dalla bacchetta di Marco Guidarini e con la partecipazione del celebre pianista Giuseppe Albanese. Il programma è quello delle grandi occasioni: il Concerto in mi bemolle maggiore n. 5 op. 73 per pianoforte e orchestra “Imperatore” di Ludwig van Beethoven e la Sinfonia in mi minore n. 9 op. 95 “Dal Nuovo Mondo” di Antonìn Dvorák.

S’inizia con il concerto di Beethoven che vede nel pianista Giuseppe Albanese un indubbio protagonista. Fin dalle prime battute del capolavoro beethoveniano, infatti, Albanese si impone al pubblico di Palmanova per le sue doti tecniche e musicali evidenti fin dagli arpeggi che aprono l’Allegro iniziale. Il suono di Albanese è potente e duttile allo stesso tempo e sa cambiare dinamiche in maniera repentina, passando da un fortissimo ad un pianissimo quasi impercettibile con estrema facilità ed eleganza. Il suo bagaglio tecnico è immenso, quasi sovrumano e gli consente di affrontare passaggi di grandissima difficoltà con assoluta naturalezza, quasi con nonchalance, come nel vorticoso Rondò Allegro conclusivo. Grande il suo lirismo, che si dispiega pienamente nel commovente Adagio un poco mosso. Il suo dialogo con l’orchestra, che qui appare quasi trasfigurata, è serrato, preciso ed è meravigliosamente regolato dalla bacchetta di Guidarini. Il suo Beethoven è un continuo susseguirsi di emozioni che esaltano l’ammirato pubblico palmarino. Alla fine è trionfo e il maestro prolunga il piacere di ascoltarlo con ben tre bis in cui esegue Claire de Lune di Debussy (è un secolo dalla sua morte), un Moto perpetuo di Carl Maria von Weber e una rielaborazione virtuosistica di The man I love di George Gershwin.

Dopo la pausa, la seconda parte della serata vede l’esecuzione della Sinfonia in mi minore op. 95 “Dal Nuovo Mondo” di Antonìn Dvoràk. Fin dall’Allegro Molto Guidarini riesce a scolpire con efficacia la fisionomia rapsodica di questo impegnativo lavoro del compositore boemo grazie anche a una compagine orchestrale che appare in grande evoluzione. I “soli”, infatti, sono sempre di pregevole fattura, come testimonia, particolarmente, il celebre assolo del corno inglese nel Largo, condotto con grande precisione ritmica, bel suono e giusta respirazione. Tali osservazioni, però, le possiamo riferire a tutte le sezioni dei fiati e degli archi. In sostanza, tutta l’orchestra appare in gran forma e il Dvorák che viene fuori è di ottima e pregevole fattura, grazie anche a una capacità dinamica delle singole sezioni in grado di rendere al meglio l’espressività della sua musica.

Alla fine, anche qui, grandi applausi e numerose chiamate al proscenio per Guidarini, che però non concede il sospirato bis.

Sergio Zolli © instArt

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