Umberto Galimberti, filosofo, psicoanalista, docente universitario, giornalista e saggista – in un solo termine: pensatore – è una delle figure più importanti della scena nazionale. Le sue pubblicazioni, a partire dal 1975, spaziano da Heidegger a Jung, a tematiche legate all’antropologia culturale, al tramonto dell’Occidente, al nichilismo, ai miti del nostro tempo, a Freud, alla divulgazione didattica, espressa – a titolo di esempio – nel 2019 con il libro “Perché? 100 storie di filosofi per ragazzi curiosi”. L’attenzione di Galimberti verso le nuove generazioni è rivolta soprattutto alla conoscenza e alla cura delle emozioni. E’ un tema di importanza cruciale nel contesto attuale, sottoposto a continui cambiamenti che fanno percepire la difficoltà a dirigere il proprio cammino. I trapper (ma non solo loro) dovrebbero leggere con attenzione i suoi testi, magari per poter ribattere proponendo tesi contrapposte. Come tutti i personaggi di successo Galimberti è spesso sottoposto a critiche – inevitabili – e accuse – anch’esse inevitabili, alimentate, probabilmente, proprio dalla sua fama. La lezione-spettacolo “L’etica del Viandante”, andata in scena il 2 aprile al Teatro Giovanni da Udine con folta presenza di pubblico illustra il passaggio dell’Occidente da un mondo dotato di ordine e stabilità, basato sulle radici greche e giudaico-cristiane all’età della tecnica, che ha generato una generale sensazione di spaesamento. Il rapporto dell’uomo con la Natura, visto dai greci come cultura del limite (la Natura è dominante) muta radicalmente con il Cristianesimo, che pone l’uomo al centro del creato, dominatore della Natura. Cambia anche la percezione del tempo: nell’ottica cristiana il futuro viene percepito sempre in senso positivo. Questa visione ottimistica, secondo Galimberti, è presente anche nella scienza moderna e nel Marxismo, che si allineano, nonostante le apparenti contraddizioni, alla filosofia giudaico – cristiana. Il metodo scientifico, basato su un’ipotesi che deve trovare conferma da un esperimento ripetibile, esalta la ragione e forma nuove Leggi di Natura. Queste saranno messe a dura prova da Darwin, Freud, Nietzsche, Einstein fino ad arrivare al colpo di grazia finale, il Nazismo, che è la perfetta realizzazione della ragione a servizio del male. La Tecnica si autoalimenta, rinnovandosi continuamente, mira solo al suo sviluppo, combatte tutto ciò che è irrazionale. Insomma, l’età della Tecnica è la perfetta realizzazione dell’ideologia nazista. In questa analisi mancano riferimenti ad altri regimi totalitari che potrebbero essere portati allo stesso piano, non solo del passato, anche oggi in essere. Resta un enigma l’assenza di questi modelli nell’indagine del filosofo. Come si può stabilire cos’è il bene e cos’è il male? In una fabbrica di mine antiuomo il bravo operaio fabbrica ordigni che saltano in aria. Il bene e il male non riguardano l’operaio. Ciò che “è da fare” lo decide l’apparato con i criteri della tecnica: efficienza, produttività, funzionalità e velocizzazione del tempo. Heidegger, intervistato dalla rivista Der Spiegel disse: “Tutto funziona, questo è il problema, il processo non si può fermare”. Arriviamo ad oggi: la velocizzazione del tempo, la mancanza di orizzonti e la lotta all’irrazionalità sono alla base dello spaesamento attuale dei giovani, che usano lo sballo non tanto come divertimento, ma come anestetico. Il filosofo – chi lo segue lo sa bene – non risparmia i soliti attacchi al mondo della scuola, dove non si insegna a comprendere a fondo ciò che si legge. Come mai il 55 % degli italiani – che vivono in un bellissimo paese – usano psicofarmaci? Bisogna essere sempre all’altezza, questo è il problema. Gli orizzonti (Natura, Dio, Ragione umana) sono stati spazzati via dal mondo della tecnica. Come si può uscire da questo vortice? Il collasso delle strutture che hanno governato la civiltà deve essere affrontato adottando l’etica del viandante, che viaggia per conoscere (e non per arrivare), senza seguire un tracciato e senza cercare una meta. Il viandante è costretto a fare l’esperienza della differenza e sa che l’uomo non abita il centro dell’universo, ma alla periferia del sistema solare. E’ necessario, quindi, creare un’etica planetaria, abbandonare l’antropocentrismo per abbracciare il biocentrismo. La nostra patria è la Terra, è necessario superare il concetto di Stato e avviare un passaggio culturale profondo che convinca l’umanità a difendersi da sé stessa. La teoria di Galimberti traccia un percorso, ma non indica i mezzi per raggiungere lo scopo. L’impressione è quella di trovarsi di fronte a un bellissimo progetto – seppur costellato da alcune contraddizioni – che risulta difficile da concretizzare e. Un modello planetario da applicare in un contesto dove – come lui stesso ha ricordato – la presenza dei sistemi democratici è limitata a una percentuale inferiore al 10 % della popolazione mondiale. I ghiacciai si sciolgono, i rifiuti tossici infettano l’aria e l’acqua, gli oceani sono pieni di plastica; nel nome del progresso ci avviamo alla catastrofe. Non pare interessare a Galimberti il fatto che nel 2021 la Cina e l’India siano risultate responsabili del 40 % delle emissioni mondiali di CO2 a fronte del 7,3 % dell’Europa. Pare anche secondario rilevare che nel 2023 l’inquinamento da plastica negli oceani sia stato causato per il 78 % dagli stati dell’Asia. I termini “diplomazia” e “trattati internazionali” non sono mai stati citati nel corso della serata, probabilmente per una forte mancanza di fiducia nella potenzialità della politica. L’ammonimento è perentorio: attenzione, stiamo distruggendo le Leggi di Natura, la tecnica avanzerà implacabilmente, l’annientamento dell’etica e l’ulteriore velocizzazione del tempo non possono consentire all’uomo di salvarsi. L’uomo deve difendersi da sé stesso. La fraternità secondo il filosofo si può attuare superando il concetto di Stato e promuovendo la “Ragione dell’umanità”, da costruire non sui valori ma sugli interessi, trovando una mediazione. Se l’uomo è cresciuto biologicamente, può anche crescere culturalmente. Francesco d’Assisi può essere un modello di riferimento in tal senso. Ma come si possono trasformare i concetti astratti illustrati da Galimberti in un piano che può funzionare a livello planetario? La risposta, enunciata dallo stesso Galimberti al termine della lezione-spettacolo è lapidaria: “Non ce la faremo”.

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