Il fascino della musica di Mozart rivive più vivido che mai nella rappresentazione del  Così fan tutte andata per l’ultima volta in scena la scorsa sera al Teatro Verdi di Trieste. L’allestimento è prodotto dalla Fondazione Teatro Coccia di Novara in collaborazione con Spoleto58 Festival dei 2Mondi e, nella regia di Giorgio Ferrara con le scene e i costumi di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, rientra decisamente nel novero della più pura tradizione, con un’ambientazione settecentesca che non concede nulla alla modernità, ma in un certo senso, completa e valorizza la musica di Mozart. Musica che sotto la sensibile bacchetta di Oleg Caetani viene illuminata da quella leggerezza che permette all’ascoltatore di apprezzare le eleganti architetture classiche di un’opera che dietro l’apparenza giocosa nasconde una profonda riflessione sull’animo umano e sulla sua volubilità. Indagine che è già nelle pagine di Mozart, ma che viene ulteriormente esplicitata da un’orchestra che, ligia ai voleri direttoriali, si alleggerisce di suono e acquista una levità che poche volte è dato sentire in un ensemble sinfonico di queste dimensioni.
Notevole il cast vocale, fortemente connotato dalla qualità delle voci e dalla precisione esecutiva. Le bravissime Fiordiligi, il soprano messicano Karen Gaedeazabal, e Dorabella, il soprano nipponico Aya Wakizono, applaudite più volte a scena aperta, sono due sorelle che  rappresentano con eleganza  la mutevolezza dell’animo femminile, mentre i due rispettivi amorosi Guglielmo, il tenore Vincenzo Nizzardo, e il basso Giovanni Sebastiano Sala, notevolissimi sotto il profilo vocale, sono un’amabile presa in giro della mentalità maschile. Impertinente Despina, il soprano Capucine Dumas, forse la voce più dissacrante di tutta l’opera, è bravissima nel rendere vocalmente e scenicamente le varie situazioni, notaio, medico…, cui il personaggio è sottoposto nel libretto di Da Ponte, mentre il deus ex machina della vicenda, il don Basilio interpretato da Abramo Rosolen è magistrale come  vocalità e presenza scenica, nonostante un incongruo frac ottocentesco indossato con una parrucca settecentesca, ma si sa: l’opera è il regno della finzione…
Ottima rappresentazione dunque quella cui si è assistito al Teatro Verdi, salutata da grandi applausi e da numerose chiamate al proscenio degli artisti e del direttore.

Sergio Zolli © instArt