INAFFERRABILE. LO SGUARDO DI PIER PAOLO PASOLINI, FINO AL 1.SETTEMBRE

FINO AL 1.SETTEMBRE NEL CENTRO STUDI DI CASARSA LA MOSTRA FOTOGRAFICA CHE STA RICHIAMANDO MIGLIAIA DI VISITATORI E RIMARRA’ APERTA TUTTA L’ESTATE.

NEGLI SCATTI DI GIDEON BACHMANN E DEBORAH BEER  RITRATTI INEDITI DEL POETA SCRITTORE E REGISTA COLTI NEGLI SPAZI FAMILIARI O SUI SET

Sono già migliaia le persone che da tutta Italia e non solo hanno visitato la mostra fotografica “Inafferrabile. Lo sguardo di Pier Paolo Pasolini”, allestita negli spazi del Centro studi Pasolini di Casarsa (Casa Colussi, la casa materna che fu l’abitazione di Pierpaolo nei suoi anni friulani) in collaborazione con Cinemazero,. La mostra, che proprio per soddisfare le tante richiesta rimarrà aperta tutta l’estate, fino al 1.settembre e che segue la fortunata esposizione “Mamma Roma”, presenta un centinaio di immagini che trovano posto sulle pareti di casa Colussi: molti i ritratti inediti che pongono chi guarda di fronte allo sguardo “ inafferrabile” del poeta, colto negli spazi familiari delle sue case – la terrazza o lo studio di via Carini a Roma piuttosto che nella campagna di Torre Chia – e  in momenti di intima condivisione tra amici (per esempio con in braccio Pier Paolo, figlio di Ninetto Davoli, nel 1975) e sul set di diversi suoi film

Gli autori degli scatti, carichi di forza e di poesia, sono Gideon Bachmann, giornalista e fotografo sui set italiani più importanti della seconda metà del ‘900, amico e fine osservatore di Pasolini, che nel corso dei quindici anni di ininterrotta frequentazione l’ha seguito e scrutato e di sua moglie, la fotografa inglese Deborah Beer, trasferitasi presto in Italia, specialista in set Ha fotografato a fianco di De Sica, Bertolucci, Antonioni, Fellini, Citti, i fratelli Taviani e appunto Pasolini, curando sia le foto di produzione da destinare alla pubblicità, sia le foto sul set per film come Salò (è stata l’unica fotografa ammessa alla lavorazione di questo film).

Del rapporto intenso che unì i tre, Pasolini, Bachmann e Bier, scrive Andrea Crozzoli (fra i fondatori di Cinemazero), nella presentazione inserita nell’invito, intitolata “Pier Paolo, Gideon, Deborah: gli inafferrabili tre”.

“Aveva esattamente il doppio degli anni di lei – scrive – quando si sono conosciuti Gideon Bachmann e Deborah Beer. Lui quarantenne intellettuale, regista, critico, giornalista, fotografo e molto altro ancora; lei ventenne, inglese, riservata fino a sfiorare la timidezza, sensibile, attenta, profonda nell’animo. Nacque un raro e prezioso rapporto osmotico fatto di amore, complicità, rispetto e tenerezza. Eravamo all’inizio degli anni Settanta e Gideon Bachmann decise di non fotografare più per non interferire nel lavoro di Deborah Beer, per non creare imbarazzo e vacua concorrenza fra loro due. La sola eccezione erano gli incontri con Pier Paolo Pasolini che Gideon fotografava, non  per dovere professionale, ma per stima ed amicizia nei confronti del regista/poeta. Con Pasolini – prosegue – si erano conosciuti a Venezia nel 1960 alla conferenza stampa di presentazione di Accattone. Gideon, appena giunto in Italia da New York, quasi totalmente digiuno di cinema italiano, pose una provocatoria domanda a Pasolini che non riuscì compiutamente a rispondere per i tempi stretti dell’incontro. Si dettero appuntamento a Roma dove Pasolini ricevette Bachmann nel terrazzo del condominio di via Carini, dove abitava, in mezzo ad una piccola foresta di antenne televisive. Nacque un rapporto di reciproca stima, che continuò,, anche, attraverso lunghe chiacchierate, corroborate da discussioni sui più diversi temi, dalla politica alla religione, dalla letteratura al cinema che confluivano poi in poderosi articoli che Gideon inviava alle riviste americane e inglesi con cui collaborava. Inevitabile che il loro rapporto di amicizia includesse, ovviamente, l’arrivo di Deborah Beer che divenne, anche professionalmente, una presenza determinante accanto a Pasolini quando nel 1975 per le riprese di Salò il produttore Alberto Grimaldi cercava un fotografo fuori dal giro romanocentrico, discreto ed affidabile visto la delicatezza dei temi trattati dal film di Pasolini. Il suo capo ufficio stampa di allora, Nico Naldini – conclude Crozzoli – gli segnalò quella giovane fotografa inglese che Pasolini, peraltro, già conosceva tramite Gideon Bachmann. Ecco così ricostruito quel magnifico triangolo umano che si spezzò tragicamente la notte fra l’1 e il 2 novembre 1975”

La mostra rimarrà aperta fino al 1. settembre. Si può visitare da lunedì a venerdì 15.00 – 19.00; sabato e festivi 10.30 -12.30 / 15.00 – 19.00. Ingresso libero.

www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it

Comunicato stampa

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