“La mia vita raccontata male, non è la mia!”, così Bisio chiarisce alla fine dello spettacolo a Tolmezzo, dopo due ore di monologo e sottofondo musicale. Sviolina parti comiche e drammatiche di una vita che si dipana tra consuetudine sociale moderna e casualità che la differenziano da tutte le altre. In sostanza lo spettacolo che trova a far da cicerone il comico Bisio, tratta i temi dell’infanzia, l’adolescenza, i primi amori, le avventure, il grande amore, la famiglia e i figli e il lavoro e il successo. Bisio tiene un ritmo coinvolgente, una recitazione decisa, semplice, efficace per il contesto trattato. Si muove tra gli spazi immerso nei televisori crt di un tempo, quelli con il tubo catodico per intenderci, accesi e con il rumore (quell’effetto che si manifesta a monitor quando non c’è il canale sintonizzato) sul quale spicca in alto a destra RAI1 scritto in bianco, circondato da una scenografia illustrata a mattoni color cemento e finestre nere e chiuse, contornate da un bagliore di luce bianca al secondo piano. In fondo un buco con una rete e dietro una stanza di mattoni neri che contiene i due musicisti. Ogni tanto, a rappresentare il contenuto del monologo, compaiono appesi dall’alto, oggetti come piante in vaso, lampade, orsacchiotti, sedie… oltre ai televisori, un piccolo pianoforte bianco a centro palco, un tavolo con carte e libri, un divano stile classic bianco e nero, un revox in fondo a destra (la mia) del palco, a raccordare il viaggio storico. E allora si parte con la prima morosetta, poi l’adolescenza, la matura, gli studi e la politica con la scoperta di essere comunista, la musica italiana importante, il padre che odia i comunisti ma che impresta la macchina e i soldi, la ragazza di una notte dall’altra parte di Roma, la moglie del “cosa vuoi che sia!”, il matrimonio, i figli naturali e quello adottato e cinese del Ua-Ta. Insieme, le esperienze da attore e quelle da scrittore ammaliato da Bertolt Brecht, la diatriba telefonica con la trasmissione in diretta di Mara Venier, mentre lei chiama al telefono, in sincronia perfetta suona il suo di casa. Quella indecisione a rispondere lascierà il dubbio per il resto della vita, se quella non fosse stata proprio la telefonata a cui rispondere “Domenica in” per vincere un cospicuo montepremi che sarebbe stato perfetto in un periodo della vita dove i soldi non erano mai abbastanza. Un percorso lineare di ricordi che diventano espressione pura di talento da parte del mattatore della serata. Bisio fa ridere, pensare, commuovere, sorretto da due veri e propri talenti (Pietro Guarracino dalla Toscana e Marco Bianchi da Codroipo, friulano doc) alla colonna sonora a 6 corde per ciascuno e qualche accordo di pianofortino di Bisio, armonia e sostegno di quello che posso considerare uno spettacolo che esplora una vita pseudo normale e ne esprime il valori di tempi passati, inseriti in una sceneggiatura movimentata ma con un filo temporale chiaro, una vita fatta di esperienze umane e lavoro, sfarfugliati per dare una forma e una sostanza al vero narratore della storia che, ribadisco, non è Bisio, ma Francesco Piccolo. Alla fine dello spettacolo si manifesta il Bisio Zeligiano di sempre, con quel suo calare monosillabi alla Dario Fo, scherza e schernisce il pubblico. Gli applausi del pubblico sono incontaminati dalla sua fama, ma riconoscenti per uno spettacolo costruito sapientemente che piace! Raccontare una vita dovrebbe essere qualcosa che si fa anche tra le mura di casa, lasciando spenti i cellulari e televisori, assaporando solo il suono e il significato di ogni parola che esce dalla bocca della persona che la racconta, perché quella parola non è un mero e arido messaggio con le faccine, ma qualcosa che contiene vera emozione vissuta in prima persona. Questo è quello che succede a teatro. Andiamo a teatro, perché è tutta un’altra storia!

Come sempre ringraziamo il Teatro di Tolmezzo che ci ha riservato un posto nonostante il sold out, e ERT FVG che porta la bella cultura sui palchi di tutti i teatri della nostra amata regione.

© Massimo Cum per instArt

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