
Sacile, 15/05/2021 – Controtempo – Teatro Zancanaro – Il Volo del Jazz – FRANCESCO BEARZATTI TINISSIMA “ZORRO” feat. DAVIDE TOFFOLO – Francesco Bearzatti: sax tenore, clarinetto – Giovanni Falzone: tromba – Danilo Gallo: basso elettrico – Zeno de Rossi: batteria – Davide Toffolo: live painting – Foto Luca A. d’Agostino / Phocus Agency © 2021
In sala, prima del concerto, si avvertiva nettamente la trepidazione, l’attesa e la gratitudine del pubblico per l’evento che da lì a poco avrebbe spezzato il digiuno di musica dal vivo cui tutti siamo stati sottoposti dall’imposto regime ali-mentale dell’Epidemia.
Bentornati! Dice Paola Martini del benemerito Circolo Controtempo – l’ultima volta che ci siamo visti – prosegue – era il 25 novembre 2020 con il memorabile concerto di Omar Sosa & Ernesttico al Villa Attems di Lucinico (GO) per Jazz & Wine of Peace. Sono passati da allora sette mesi interminabili di deprivazione emotiva e sociale, naturalmente, non solo per gli appassionati di Jazz.

Sacile, 15/05/2021 – Controtempo – Teatro Zancanaro – Il Volo del Jazz – FRANCESCO BEARZATTI TINISSIMA “ZORRO” feat. DAVIDE TOFFOLO – Francesco Bearzatti: sax tenore, clarinetto – Giovanni Falzone: tromba – Danilo Gallo: basso elettrico – Zeno de Rossi: batteria – Davide Toffolo: live painting – Foto Luca A. d’Agostino / Phocus Agency © 2021
Finalmente! Aggiunge il sindaco- ripartiamo con energia ed entusiasmo- seguito a ruota dall’impettito assessore che rincalza i superlativi e i complimenti: “Ci meritiamo un teatro pieno, la cultura va fatta in presenza e non a distanza”, lapalissiano ma efficace.
Certo sono le solite parole che, però, in questa occasione sono suonate per nulla retoriche. Ma poi ad una certa: Tacabanda! Davvero ci meritiamo Controtempo!
Alzi la mano chi da piccolo non si è mai mascherato da Zorro! Allora volevamo sembrare tutti il vendicatore mascherato con il mantello e la spada, oggi molti di noi assomigliano di più al pacioso e corpulento Sergente Garcia e più che cavalcare e duellare contro i soliti cattivoni, aneliamo, come quest’ultimo, alla frescura di una cantina dove berci l’ennesimo boccale.
Non abbiamo perso però il nostro spirito d’avventura, non siamo ancora annegati nei troppi bicchieri, il nostro sguardo, pur con qualche diottria in meno, vola ancora libero oltre la frontiera al galoppo di un indomabile destriero e non sono per niente i soliti “side effects of cabernet”.
La cilena Isabelle Allende scrisse nel 2005 una gustosissima biografia immaginaria sotto forma di romanzo dal titolo Zorro, L’inizio della leggenda, restituendolo ad una nuova identità amerindia e meticcia e trasformando un eroe inizialmente vagamente imperialista e coloniale in un rivoluzionario zapatista in cappa e spada.
Ad inventare il cavaliere mascherato fu lo scrittore pulp Johnston Mc Culley nel 1919, ne La maledizione di Capistrano. Zorro è un possidente californiano nativo del villaggio che era allora Los Angeles, che combatte contro gli occupanti del Vicereame della Nuova Spagna nel XIX sec.
Quelle lontane avventure del nostro eroe servivano in realtà a giustificare presso il grande pubblico le acquisizioni territoriali americane ai danni del Messico durante la cosiddetta Border War (1910-1919).
Gli italiani hanno imparato a conoscere quel personaggio attraverso gli 82 episodi della serie televisiva dedicatagli dalla Disney e andata in onda negli Stati Uniti dal 1957 al 1959 e trasmessa nel nostro paese a partire dal 1966 e poi centinaia di volte fino alla versione colorizzata e ridoppiata del 1990. Memorabile per più generazioni la sigla dello Zig Zag Ensemble del 1977 (Zorro, Zorroo, Zorrooo…).
Sul finire degli anni ‘70 quelle immagini ebbero sul pubblico dei giovanissimi italiani cresciuti a pane e western un effetto dirompente, forgiandone l’immaginario una volta per tutte e imprimendo il segno di Zorro nella carne viva della loro fantasia altro che tatuaggi, scarificazioni e piercing.

Sacile, 15/05/2021 – Controtempo – Teatro Zancanaro – Il Volo del Jazz – FRANCESCO BEARZATTI TINISSIMA “ZORRO” feat. DAVIDE TOFFOLO – Francesco Bearzatti: sax tenore, clarinetto – Giovanni Falzone: tromba – Danilo Gallo: basso elettrico – Zeno de Rossi: batteria – Davide Toffolo: live painting – Foto Luca A. d’Agostino / Phocus Agency © 2021
Con negli occhi anche la rivoluzione messicana dei film di Corbucci “Vamos a matar Compañeros” o quella di “Giù la testa” di Leone, a guardare quella serie televisiva c’era anche un bambino cresciuto in un bar di paese della profonda provincia friulana che oggi è uno dei sassofonisti più versatili, creativi e libertari d’Europa.
A Francesco Bearzatti, durante una delle tante tournée, nelle interminabili attese tra un volo e l’altro o tra una coincidenza e un autobus, è capitato di leggere il romanzo della Allende di cui dicevamo. Qualcosa deve essersi mosso nella sua fantasia tanto che cominciò a lavorare di fioretto sul pentagramma e dopo aver composto in quartetto alcune suites dedicate nell’ordine a Tina Modotti, Woody Goutrie e John Coltrane, è stata la volta dell’eroe dei più deboli e dimenticati, il primo della serie del tutto immaginario ma, in fondo, anche quello più comprensibile e vivo per quanto possa essere paradossale affermarlo.
Un po’ di dati, come si diceva una volta: “Via con la fredda cronaca”
Luogo: Teatro Zancanaro di Sacile (PN) ore 18,30 per Il volo del Jazz.
Sul palcoscenico:
Francesco Bearzatti Tinissima “Zorro” feat. Davide Toffolo
Musicisti:
Giovanni Falzone: Tromba
Danilo Gallo: Basso elettrico
Francesco Bearzatti Sax tenore, flauto doppio andino, clarinetto.
Zeno de Rossi: batteria
Davide Toffolo: Live painting.
La suite è pubblicata nell’album omonimo che ha in scaletta i brani: Zorro, Tierra india, El Regreso, Ago Mal, Bernardo, Sargento Garcia, Lolita, Tornado, El Triunfo Del Zorro.
La musica è subito impetuosa, travolgente, fragorosa, “Vi salutiamo dopo, Ok?” dice il band leader impegnandosi immediatamente in una torcida di note e figurazioni che sprizzano letteralmente emozioni, emozioni, emozioni.
Sullo schermo dietro il palco, con effetto episcopio, apparivano gli acquarelli del “ragazzo morto” Davide Toffolo che ha davvero il senso dell’avventura nei propri pennelli e che, attraverso le proprie dita, sa creare mondi in cui perdersi oppure cercarsi.
“Questa musica racconta di Don Diego de la Vega e delle circostanze che lo portarono a diventare Zorro” scrive Toffolo sul suo foglio bianco e negli occhi della gente mentre Bearzatti con un flauto doppio andino evoca le origini indie dell’eroe.
La musica dei quattro attinge a piene mani da un immaginario di frontiera e di prateria tutto cinematografico e sospeso nella nostalgia di fantastici pomeriggi bambini davanti al televisore a sognare l’avventura con le nostre spade di plastica e i nostri cavalli dalle criniere di saggina.
Le note e le suggestioni sono spesso quelle delle colonne sonore di Morricone dalla “Trilogia del dollaro” fino alle “tarantinate” degli “Odiosi Otto”. Ma c’è anche qualcosa di strapaesano che sa di Mariachi padano e pedemontano.
Sullo schermo appare, tratto dopo tratto, una Civetta Bianca, l’animale totemico della nonna di Zorro, sciamana india che gli ha trasmesso l’energia, la forza e il mistero delle cose degli animali. Dalla civetta in volo, a forza di pennello finisce per apparire l’iconico ritratto dello spadaccino più famoso del West.
La musica continua ad infuriare in un turbine tex-mex con riverberi rockeggianti ma anche di scatenato free form e poi ancora Jazz fusion, World in un calderone musicale speziato che ha uno straordinario impatto sonoro conservando, allo stesso tempo, la raffinatezza di una suite meditata e sofisticata e la vena popolare di una musica da ballare sfrenati e ubriachi sotto una luna di sangue messicana.
Mentre lo sciamano con il sassofono tenore continua ad officiare il suo rito pagano, Toffolo gioca agli effetti psichedelici sullo schermo con della semplice ma efficacissima carta delle uova di Pasqua. La luccicante confezione è in realtà un poliaccoppiato di alluminio e plastica che accartocciato ha sullo schermo meravigliosi effetti argentati e dorati. E’ un materiale comune ma allo stesso tempo o forse proprio per questo legato ad un infanzia della memoria, ai giorni di festa lontani, alle scorpacciate di cioccolata, all’ambita sorpresa e alle ali luccicanti dei nostri aquiloni costruiti nel vento riciclando tutto quel luccichio.
Da un materiale così povero ed emozionale, le mani di Toffolo sanno trarre e trasformare figurazioni astratte davvero materiche e iperreali, cangianti e dai riflessi minerali. Chiamiamola arte povera, ready made ma l’effetto è straniante e di sicura suggestione.
Berarzatti e il suo quartetto, nel frattempo, sono sempre sparati a cento allora sulle strade polverose della California e continuano ad impennare e sgasare raccontando le avventure di Zorro. E’ una doppia performance artistica che si sovrappone, autentici geni del proprio strumento si inseguono e rincorrono in una caccia selvaggia senza mai riuscire a ghermirsi del tutto; i musicisti con i loro colori e il pittore con le sue note d’inchiostro e le sue carte strappate, lacerate, tagliate, incise. Sospese al centro della sala in equilibrio tra il palcoscenico e il mistero proprio sopra la platea a mezz’aria sembra di vedere le ali del turbine intelligente che prendono forma e figura, è un alchimia di un momento ma che funziona una volta per tutte.

Sacile, 15/05/2021 – Controtempo – Teatro Zancanaro – Il Volo del Jazz – FRANCESCO BEARZATTI TINISSIMA “ZORRO” feat. DAVIDE TOFFOLO – Francesco Bearzatti: sax tenore, clarinetto – Giovanni Falzone: tromba – Danilo Gallo: basso elettrico – Zeno de Rossi: batteria – Davide Toffolo: live painting – Foto Luca A. d’Agostino / Phocus Agency © 2021
Scrive Toffolo nel cuore del pubblico: “Tutti abbiamo lo spirito di un animale che ci accompagna è come la nostra anima. Non tutti incontrano il proprio animale, solo i grandi guerrieri e gli sciamani” sembrano le parole della Brujera Civetta bianca sussurrate al piccolo Diego.
Le forbici tagliano la carta e fanno apparire la sagoma di una volpe (Zorro in spagnolo) e non c’è alcun bisogno di ricordare le doti, le virtù e perfino la crudeltà che tradizionalmente si attribuiscono a questo selvaggio parente dei nostri cagnoloni d’appartamento.
L’animale totemico finisce spruzzato del sangue delle proprie vittime e dei pennelli mentre il quartetto di assatanati musicisti è impegnato in una jam furibonda e free che sfocia in uno splendido assolo di batteria di Zeno de Rossi che si chiude a sua volta con la riproposizione del refrain mentre vediamo sullo schermo la volpe incedere famelica e bramosa.
Bearzatti con il suo sax sa essere anche dolcissimo e notturno, sottolinea l’immagine dello scaltro animale e ci fa immaginare con la sua ancia il paesaggio nel quale si muove furtivo. Vediamo nettamente e per suoni la prateria desolata che nel chiarore degli astri è solcata da presenze circospette e ferali.
E’ ancora la batteria di De Rossi a traghettarci verso il mondo della nuova luce e nel nuovo sole che rilancia il quartetto sulle piste del jazz più indiavolato dalle venature prima swingate e poi decisamente screziate di Hard Bop. L’incedere Walking Bass e cieli rosso sangue della guache accompagnano il solo della tromba di Giovanni Falzone che ricorda la morbidezza e il fascino del Davis di Ascensore per il patibolo e del suo far west parigino d’antan. Prima che ci distraiamo troppo interviene di nuovo Toffolo, dipinge la propria verità sulla leggenda della maschera e della spada, Bearzatti a propria volta spezza l’atmosfera con il bagliore e l’ironia del suo verso acrobatico.
La civetta bianca fatta d’acqua, di pigmenti e di luce chiede alla volpe: “Come ti chiami” la risposta non può essere altro che: “Zorro!” e come si diceva una volta “Basta la parola!”.
Subito il clarinetto di Bearzatti e la sordina sulla tromba di Falzone sembrano parlarci della cicciosa presenza del sergente Garcia, rotondo e simpatico come solo i semplici d’animo sanno essere. Fino a che ci saranno, almeno nella nostra immaginazione personaggi del genere, nessun regime avrà mai vinto del tutto, nemmeno il più feroce e protervo.
Intanto, dal nero inchiostro di Toffolo spuntano gli occhi acuminati, il cappellone e la spada del nostro inafferrabile eroe che sembra ghignare la sua giustizia sul filo della lama.
Ancora il suono vellutato della tromba disegna inquietudini, angosce, esitazioni e seduzioni…è apparsa Lolita dal profondo della notte con l’incanto dei suoi lombi e della sua carne. E’ innamorata del cavaliere mascherato ma corteggiata da don Diego de Vega che le sembra di disprezzare, senza sapere che sono la medesima persona sotto celata sembianza. Ma d’altronde chi di noi può dire di essere sempre e solo un tutt’uno con il proprio se. Anche quando siamo soli, in realtà ci confrontiamo con la moltitudine che c’è dentro di noi che abbiamo imparato a tagliare malamente sul filo della spada della nostra personalità.
Non è difficile innamorarsi degli sguardi che escono dal pennello del ragazzo morto e dall’eleganza speziata che si diffonde dagli strumenti del Tinissima Quartet.
Il basso con la sua particolare accordatura e per il fantastico tocco di Danilo Gallo crea spazi chitarristici di solitudine e rimpianto per quello che non si è dato nell’attesa e che mai lo farà; nella distanza di un sorriso, di un abbraccio e di una stretta di mano. Tra le sue dita e le sue corde, echi floydiani mascherati dalla delicatezza bluesy nella memoria di Ray Cooder.
Riesplode il fragore del quartetto in un vortice dirompente e bastardo, al galoppo sfrenato di un cavallo di sangue, lanciato ventre a terra, sui sentieri del west. Ed è ancora furia selvaggia e blues exploitation con venature hard rock sudate e southern fino alle soglie di un post rock punkeggiante nell’afrore e nella schiuma della velocità di una bestia selvaggia. E’ un lampo e una creatura mezza demone e tutta centauro scompare nella notte.
Si riprende dal tema principale della suite e dalla sua ritmica incalzante di basso elettrico che finisce per ricordare piacevolmente quella delle giostre di una sagra di paese da autoscontro di periferia o tagadà, dove i cavalli di Zorro sono quelli che guardano i bambini dipinti con l’aerografo sul fianco dei carrozzoni.
Nel finale lo schermo di Toffolo lavora di pennello proprio sulle foto in maschera della propria infanzia che è quella di tutti, ognuno di noi di tanto in tanto si ritrova in quei lontani carnevali mentre sogna di duelli e rivoltelle, tra D’Artagnan e Zorro sotto gli occhi di quelle bambine bionde con le treccione e gli occhietti azzurri che non avevamo nemmeno il coraggio di guardare ma che sognavamo di difendere e di salvare dalle loro prigioni di zucchero filato.
E’ proprio questo il sapore del lavoro di Bearzatti e della sua straordinaria “posse” pittore compreso: un sogno d’infanzia che era troppo grande per non essere vero e che ora dopo tanti anni ha trasformato il proprio mondo in musica.
L’emozione di Bearzatti e dei suoi è palpabile nel ringraziare il pubblico tra sorrisi e scroscianti applausi. L’acclamato encore è una personalissima versione jazz rock di One, assoluto capolavoro dei Metallica; cosa volere di più?

Sacile, 15/05/2021 – Controtempo – Teatro Zancanaro – Il Volo del Jazz – FRANCESCO BEARZATTI TINISSIMA “ZORRO” feat. DAVIDE TOFFOLO – Francesco Bearzatti: sax tenore, clarinetto – Giovanni Falzone: tromba – Danilo Gallo: basso elettrico – Zeno de Rossi: batteria – Davide Toffolo: live painting – Foto Luca A. d’Agostino / Phocus Agency © 2021
Basta farci i buchi per gli occhi con le forbici e la nostra maledetta mascherina chirurgica si trasforma in quella di Zorro, ci vogliono solo un paio di baffi a matita e un cuore farcito di fantasia come quello di Toffolo. Parafrasando un altro grande poeta della penna e della spada:
“Venite pure avanti, voi con il naso corto
Signori imbellettati, io più non vi sopporto
Infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio
Perché con questa spada vi uccido quando voglio
…E al fin della licenza io non perdono e tocco
Io non perdono, non perdono e tocco!”
Ci rivediamo presto con le favole de Il volo del Jazz e con le alchimie di Controtempo.
© Flaviano Bosco per instArt