Buon afflusso di pubblico la scorsa sera a villa De Claricini Dornpaker in occasione del concerto del pianista ucraino Sasha Grynyuk per il cinquantesimo anniversario della morte della contessa Giuditta de Claricini, nell’ambito dei Concerti Cividalesi in ricordo dell’avvocato Antonio Picotti. Afflusso giustificato dalla ricorrenza, indubbiamente, perché la contessa ha lasciato un segno in queste contrade, ma anche, e soprattutto, dalla bravura dell’artista proposto da Andrea Rucli. Questo trentacinquenne dall’aria piuttosto timida, infatti, quando siede alla tastiera, si trasforma in funzione dell’autore proposto. Così, in realtà, il pubblico non ascolta un pianista, ma più interpreti per autori diversi.

Bello il programma proposto, tutto classico – romantico, che vede nella sua prima parte l’esecuzione delle Bagatelles op.33 di Ludwig van Beethoven che aprono, dopo le varie commemorazioni e presentazioni, il recital di Sasha Grynyuk.

Da questi primi brani – sono tanti ma durano mediamente tre minuti l’uno – si può notare la grande capacità del virtuoso ucraino di cambiare tono e registro a seconda del brano suonato, adeguando ad esso le sue intenzioni espressive e la sua tecnica pianistica. Su tutte però, pur nella loro diversità, prevale quel garbo e quella grazia che fanno di fanno di queste composizioni quasi una serie di quadretti Biedermaier da lui espressi con grande appropriatezza.

Ben diverso è il Grynyuk che propone il brano successivo che è la Sonata per pianoforte n.31 in la bemolle maggiore, op. 110, una delle ultime, e più celebri, sonate di Beethoven. Qui assume toni eroici nei contrasti tematici e nelle dinamiche (ha una capacità dinamica incredibile con crescendi che sembrano non finire mai). Qui il suo tocco diviene ancor più duttile che nelle bagatelles e il controllo del suono appare pressoché totale. Il suo pianismo esprime forza e vigore al pari di un felino che si prepara allo scatto, ma che sa, come nello struggente Adagio ma non troppo, assumere quell’estrema delicatezza che esalta la pensosità e l’indole malinconica della scrittura beethoveniana per poi ripartire a velocità più sostenute, ma sempre con un estremo controllo del tocco come nella Fuga, Allegro ma non troppo. Insomma, un Beethoven estremamente sfaccettato ma di grandissima espressività che commuove il pubblico di villa Claricini.

La seconda parte del recital si apre con la Sonata per pianoforte n.9 in re maggiore, K 311 di Wolfgang Amadeus Mozart, opera che ci dà l’opportunità di scoprire un aspetto nuovo di Grynyuk: la levità e la leggerezza. Qui il giovane virtuoso sfoggia un timbro assolutamente cristallino che gli permette di restituirci un Mozart arioso, luminoso e trasparente che non rifugge da grande espressività come nel bellissimo Andante con espressione. Per il resto non ci resta che ammirare un Mozart eseguito con asciutto controllo del suono e grande precisione ritmica. Un’esecuzione da ricordare.

La conclusione del recital è affidata alle note di Sergei Rachmaninov, di cui Grynyuk esegue cinque preludi dall’op.23 e dall’op.32. E qui viene fuori il pianista di scuola russa che suona musica di un compositore russo, a sua volta virtuoso di pianoforte e considerato l’ultimo dei romantici. Il risultato è strabiliante! Qui viene esaltato l’ultimo Grynyuk della serata, il virtuoso, l’atleta della tastiera. Il bello è che questo aspetto viene fuori con estrema naturalezza e nonchalance. Grynyuk esegue tali preludi con un controllatissimo virtuosismo che viene apprezzato moltissimo dal pubblico che, alla fine gli tributa scroscianti applausi, al punto che il virtuoso concede un bis con Prokof’ev.

Sergio Zolli © instArt

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