Ciò che viene meno nell’epoca della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte è la sua aura. Il processo è sintomatico; il suo significato rimanda al di là dell’ambito artistico. La tecnica di riproduzione, così ci si potrebbe esprimere in generale, sottrae il riprodotto all’ambito della tradizione. La tecnica di riproduzione, moltiplicando la riproduzione, pone al posto di un evento unico una sua grande quantità. E consentendo alla riproduzione di venire incontro a colui che ne fruisce nella sua particolare situazione, attualizza il riprodotto. (Walter Benjamin, pag.8)
Le parole di Benjamin ci permettono di inquadrare meglio l’operazione che The Musical Box ha compiuto riguardo all’opera prog dei Genesis presentando davanti ad un folto, appassionato pubblico al Teatro Nuovo Giovanni da Udine per la prima volta lo spettacolo: A Genesis Extravaganza, vol.2 . E’ vero che riprodurre tecnicamente in modo perfetto quella musica e quei concerti situati temporalmente tra il 1968 e il 1978, in qualche modo, non potrà mai restituirci precisamente quella lontana magia ma può darci un’idea piuttosto chiara e fedele dell’originale e farcene godere ancora anche a distanza di tanti anni. Perché mai dovremmo privarci di un’emozione così straordinaria?
Mutatis mutandis è come se non si volesse rappresentare più Il flauto magico di Mozart perché non saremo mai in grado di riprodurlo esattamente come lo dirigeva lui, al Theater auf der Wieden di Vienna, quando era in vita.
Il paragone può sembrare iperbolico e ingeneroso nei confronti del genio di Salisburgo ma è giunta l’ora di considerare alcune opere rock nella giusta prospettiva di musica d’arte contemporanea e non solo come il frutto delle allucinazioni lisergiche di alcuni giovinastri capelloni degli anni ‘70.
La prima parte della carriera dei Genesis è un’opera d’arte di per se, con incisioni, spettacoli e composizioni che sono, senza alcun dubbio, consegnate alla storia della Musica al pari degli altri grandi capolavori della musica d’Occidente, dalle Cantigas de Santa Maria di Alfonso X di Castiglia fino alla Sinfonia n°4 “Los Angeles” di Arvo Pärt, giusto per indicare due estremi temporali onnicomprensivi.
Per essere precisi, almeno una volta, è proprio il caso di fornire la scaletta completa del concerto che, in quasi tre ore di esibizione serratissima, ha compiuto un vero e proprio viaggio nella musica del gruppo inglese anche attraverso brani e album (tra parentesi) qualche volta troppo sottovalutati dalla critica e dai fan.
A Genesis Extravaganza Volume 2
A Journey into the Mythic World of Genesis 2019 2020 tour
1) Eleventh Earl of Mar (Wind & Wuthering 1976)
2) Dance on a Volcano (A Trick of the Tail, 1976)
3) Entangled (A Trick of the Tail, 1976)
4) Down and Out (And Then There Were Three, 1978)
5) …In That Quiet Earth/Robbery, Assault and Battery/Wot Gorilla? (Wind & Wuthering/A Trick of the Tail 1976)
6)Ripples (A Trick of the Tail, 1976)
7) Los Endos (A Trick of the Tail, 1976)
Set 2:
8) The Fountain of Salmacis (Nursery Crime 1971)
9) Stagnation (Trespass 1970)
10) Can-Utility and the Coastliners (Foxtrot, 1972)
11) Looking for Someone (Trespass 1970)
12) Firth of Fifth (Selling England by the Pound, 1973)
13) The Cinema Show (Selling England by the Pound, 1973)
14) Aisle of Plenty (Selling England by the Pound, 1973)
15) The Musical Box (Nursery Crime 1971)
Encore
16) Supper’s Ready (Foxtrot, 1972)
I componenti della band sono:
Denis Gagnè (Peter Gabriel)
Francois Gagnon (Steve Hackett)
Sébastien Lamothe (Mike Rutheford)
Ian Benhamon (Tony Banks)
Bob st-Laurent (Phil Collins)
Anche se qualcuno continua a tenere ostinatamente la testa rovesciata verso il passato, il momento in cui viviamo è quello dell’esaurita post modernità che cede il passo alle autentiche menzogne della post-verità. Discutere ancora di cosa sia il vero e il falso, l’autentico rispetto alla sua copia è, non solo ozioso e anacronistico, ma perfino dannoso e vagamente retrivo. Ormai i discorsi sull’autenticità dell’opera d’arte e sulla sua originalità sono solo farneticazioni da direttori del marketing o da uffici stampa di stabilimenti per bibite gassate ipercaloriche. Tutto il resto del mondo ha ormai capito che originale non vuol dire buono e bello, così come simulacro non vuol dire pupazzo cattivo.
La scorsa estate al Pordenone blues festival gli appassionati avevano già potuto assistere al concerto di Steve Hackett, fantastico chitarrista dei Genesis, da anni impegnato nel suo progetto Genesis Revisited. Per la prima volta con il suo validissimo gruppo suonava, in quell’ocasione, anche l’integrale dell’album Selling England by the Pound (1973) capolavoro assoluto del prog. britannico e della musica contemporanea in generale.
Chi conosce il chitarrista inglese sa bene che pur nella loro perfezione tecnica i suoi concerti non sono una semplice riproposizione di brani di repertorio. Al contrario sono personali reinterpretazioni, fedeli all’originale, se così si può dire visto che proprio lui ne è stato il compositore e primo esecutore. A queste si aggiungono sempre le nuove composizioni scaturite dalla sua inesauribile vena poetica e di musicista. Hackett è tutt’altro che imbalsamato nel suo glorioso passato, non è una memoria che si celebra, è un presente che continua fecondo.
Discorso completamente diverso per The Musical Box, progetto discografico nato a Montreal in Canada nel 1993. L’intento iniziale era quello di suonare la musica dei Genesis tra amici in una cover band come tante ce ne sono. Non si trattava però di musicisti qualsiasi ma di perfezionisti dall’attenzione quasi maniacale al dettaglio e alla sfumatura musicale anche minima. Si è scritto moltissimo sulla loro vera e propria attitudine mimetica nel ricreare, reincarnare, clonare la band originale, non serve proprio aggiungere altro. Quello che è sicuro è che, se vogliamo davvero comprendere cosa c’è di diverso in questo progetto rispetto a tanti consimili, dobbiamo smetterla di pensare al plagio o peggio alla nostalgica riesumazione.
The Musical box esegue le musiche dei Genesis con lo stesso scrupolo con cui un ensemble cameristico suona Mozart o un’orchestra intera suona i Concerti Brandeburghesi di Bach. A qualcuno, questa opinione potrà sembrare una bestialità solo perché abbiamo ancora il pregiudizio che ci fa tenere la musica, cosiddetta, pop lontana dai templi della musica classica propriamente detta e i compositori di musica rock su un altro livello rispetto ai loro fratelli maggiori dell’Accademia, ritenuti portatori sani e detentori del verbo più autentico della vera grande musica.
Niente di più sbagliato sotto il sole. Da tempo il rock si è scavato quella nicchia di prestigio che gli permette di precorrere i tempi lasciando segni indelebili nel cuore di ognuno. Ripetere fin nei più minimi particolari i concerti dei Genesis non è per nulla una bizzarria stravagante ma l’espressione di una volontà di eseguire una partitura nel modo filologicamente più esatto possibile proprio come quando si cerca di ricreare le atmosfere e i suoni della musica antica utilizzando strumenti d’epoca o loro copie perfettamente ricostruite.
Per l’Enciclopedia Britannica il termine Extravaganza, di sicura provenienza italiana, nella lingua della perfida Albione, corrisponde ad “un’opera letteraria o musicale (spesso Teatro musicale o leggero) caratterizzato da libertà stilistica e strutturale che di solito contiene elementi del Burlesque, pantomima, music hall e parodia…A volte può semplicemente riferirsi ad una produzione teatrale particolarmente elaborata spettacolare e costosa”
Naturalmente, non poteva esserci modo migliore per definire i contenuti dello spettacolo di The Musical Box. Così come nel precedente tour, la scaletta non è presa da concerti d’epoca ma è una collazione di brani scelti con un criterio non perfettamente consequenziale ma che individua solamente un percorso nel periodo prog del gruppo inglese.
E’ il caso di precisare che le scelte stilistiche: strumenti e amplificazioni rigorosamente d’epoca, perfette repliche di quelle utilizzate dai Genesis, impianto luci d’epoca e costumi perfettamente identici agli originali, non sono solamente un vezzo o una fissazione maniacale ai limiti del feticismo. Sono, al contrario, un modo raffinatissimo di godere di quelle atmosfere e, come si diceva più sopra, di eseguirne le partiture nel modo più corretto possibile.
Una critica ingenerosa che i fan passattisti più intransigenti muovono a Steve Hackett e ai suoi vari capitoli del suo Genesis Revisited, è di essere troppo tecnico e freddo nel riprodurre le proprie composizioni proprio perché utilizza strumentazioni modernissime che non restituiscono il calore di quelle analogiche vecchio stile. A parte il paradosso di questo fanatismo di chi si sente più realista del re in persona, di certo la stessa cosa non si può dire di The Musical Box che invece punta tutto su quelle suggestioni fino al parossismo.
Entrambe le operazioni sono più che legittime e dimostrano quanto siano versatili quelle autentiche opere d’arte. Almeno un accenno a questo proposito è necessario per sottolineare il grandissimo lavoro sulle luci che è stato affrontato per questo spettacolo. I semplici faretti “si fa per dire”, con i filtri di plastica a colori primari (rosso, verde, blu) e poi il bianco sparato della luce neutra opalescente regalano un’atmosfera alla quale davvero non siamo più abituati. Il nostro occhio ormai si nutre di led, luci laser e di proiezioni digitali. Un gioco di luci vintage ci sorprende come una cosa da un altro pianeta.
Certo, gli straordinari musicisti di The Musical Box possono risultare accademici e poco spontanei nella loro continua ricerca di mimesi simbiotica con i loro modelli tanto da sembrarne epigoni privi di personalità o capacità creativa ma è vero il contrario. L’opera immortale dei Genesis di quegli anni merita il più assoluto rispetto e le loro interpretazione non è pedissequa, impersonale, passiva ma rispettosa, brillante, diligente e metodica di meticolosa, rigorosa precisione e regale acribia.
A questo proposito, visto che della musica dei Genesis e delle magnifiche interpretazioni che da decenni si fanno di quelle composizioni, non solo da parte di The Musical Box, si è scritto fino all’esaurimento e chiunque può trovarne biblioteche intere on line, è il caso di fare almeno un accenno al significato di un meraviglioso, intrigante brano che è risuonato anche durante il concerto al Teatro Nuovo Giovanni da Udine.
The Fountain of Salmacis (Nursery Crime,1971) racconta della ninfa Salmace innamoratasi di Ermafrodito che la respingeva fieramente. Disperata e ferita nell’orgoglio chiese agli dei di potersi unire per sempre al proprio amato insensibile. Quando Ermafrodito, per il gran caldo, si immerse ignaro proprio nella sorgente della ninfa, questa si avvinghiò così fortemente a lui che le carni si fusero, i due divennero uno, dando origine ad una nuova mostruosa, affascinante e ipnotica creatura. La maledizione vuole che chiunque si bagni in quelle acque subisca la stessa sorte, mutandosi in un mostro anfibio di incerta identità.
Possiamo utilizzare questo racconto mitologico anche per capire The Musical Box e la storia dei Genesis. Non sono più concepibili distinti l’uno dall’altro, sono un’unica creatura fusa insieme. Sono la medesima voce di quell’antico mistero della musica che si esprime attraverso di loro coinvolgendo tutti noi che possiamo di nuovo assistere a quel miracolo.
Gli spettatori del Teatrone di Udine avranno davvero di che consolarsi ricordando il magnifico concerto di The Musical Box nell’attesa del loro tour del 2020 che celebrerà The Lamb Lies Down on Bradway (1974) inarrivabile opera rock dei Genesis. Il conto alla rovescia è già iniziato…365, 364, 363…
Gli ultimi versi della canzone Supper’s Ready dicono:
Sto aspettando qui da tanto tempo
e tutto il tempo che è passato
sembra quasi non avere importanza ora
Te ne stai li con il tuo sguardo fisso
dubitando di tutto ciò che ti dico
perché non mi tocchi, toccami
Perchè non mi tocchi, toccami, toccami
Toccami ora, ora, ora.
© Flaviano Bosco per instArt