Cividale del Friuli, 05-09-2021 – MITTELFEST 2021 – EREDI – Convitto Paolo Diacono – LE DIVINE DONNE DI DANTE – NERI MARCORÈ – Con Neri Marcorè
Orchestra Arcangelo Corelli – Jacopo Rivani direttore – e con Stefano Cabrera, violoncello – Domenico Mariorenzi, chitarra, pianoforte – Beppe Basile, percussioni – Flavia Barbacetto, Angelica Dettori, vocalist – Arrangiamenti musicali Stefano Cabrera – Testi di Francesca Masi – Commissione di Ravenna Festival – In co-produzione con Macerata Opera Festival e Mittelfest 2021 – Foto © 2021 Luca d’Agostino / Phocus Agency

Uno dei termini che descrive meglio l’ultima edizione del Mittelfest di Cividale del Friuli è di certo: “Esperienza” in tutto il ventaglio dei suoi significati. Per primo quello che indica le conoscenze acquisite ed accumulate nel tempo interagendo con il reale e con i fenomeni che si manifestano alla nostra coscienza. L’empiria ci permette di formulare dei giudizi esercitando sia la nostra razionalità che la sensibilità emotiva, senza di essa non esisterebbe il mondo che ci contiene e di cui la nostra mente è capace (capax). Come in uno scioglilingua: Senza esperienza, niente conoscenza, almeno così dice la nostra più ingenua percezione delle cose. La scienza non può proprio farne a meno ed è questo spesso il suo maggiore difetto.
Il teatro da quando è nato si basa su un semplice concetto che la moderna pedagogia chiama: “Esperienza vicaria”. Visto che gli uomini sono animali gregari, e agiscono come branco, gran parte della loro intelligenza e adattabilità al mondo esterno dipende dai meccanismi d’apprendimento per imitazione; osserviamo gli altri fare qualcosa e senza che nessuno ci spieghi niente, ripetiamo i medesimi movimenti che abbiamo visto fare, per attivare le dinamiche cognitive che permettono l’apprendimento questa operazione è assolutamente indispensabile, ce lo dicono anche le moderne e discutibili neuroscienze con l’idea dei neuroni specchio.

Cividale del Friuli, 18/06/2021 – Associazione Mittelfest – il direttore artistico Giacomo Pedini – Foto Luca A. d’Agostino/Phocus Agency © 2021

Il teatro nel mondo occidentale nasce nella Grecia antica con intento strettamente pedagogico “Quando nella sua Poetica, Aristotele scrive che il fine della tragedia (cioè del teatro) è la catarsi, egli afferma soprattutto questo, che la tragedia ha un fine pratico, la purificazione del corpo sociale, ossia la conoscenza e quindi la difesa dai mali che lo turbano, attraverso la loro rappresentazione in pubblico.”(Luciano Lucignani, La funzione del teatro, Roma 1962).

A trent’anni dalla sua prima edizione (1991-2021) il Mittelfest, forte delle lungimiranti scelte del suo nuovo direttore artistico Giacomo Pedini, con i suoi spettacoli s’incammina nuovamente su questo antico sentiero pieno di futuro. Il teatro è esperienza che per quello che abbiamo detto significa pratica e conoscenza del reale, apprendimento attraverso la rappresentazione ed esercizio del quotidiano, soggettiva e di gruppo.
Nella acezzione contemporanea di questi assunti lo spettatore non può più essere considerato elemento passivo della rappresentazione ma ne è parte integrante. I piani si confondono fino a far coincidere il cosiddetto mondo reale con il palcoscenico. Tutto è rappresentazione e non esiste altro che la nostra immaginazione nell’azione di percepire soltanto solo quello che vuole vedere (Intenzionalità). Sono temi particolarmente complessi sui quali la filosofia novecentesca si è a lungo interrogata a partire da Husserl e dalla sua fenomenologia. Visto che però il teatro non è solo un’astrazione ma soprattutto una pratica, vediamo due esempi concreti di come al festival di Cividale si è riflettuto pragmaticamente su queste bizantine questioni di lana caprina.

Cividale del Friuli, 27-08-2021 – MITTELFEST – EREDI – Spettacolo Itinerante – REMOTE CIVIDALE DEL FRIULI
RIMINI PROTOKOLL – Di Rimini Protokoll (Stefan Kaegi / Jörg Karrenbauer) – Idea, testo e regia Stefan Kaegi – Ricerca, testo e regia di Cividale del Friuli Jörg Karrenbauer – Sound design Nikolas Neecke – Sound design di Cividale del Friuli Peter Breitenbach, Karolin Killig – Drammaturgia Aljoscha Begrich – Direzione di produzione Monica Ferrari – “Remote X” è una produzione di Rimini Apparat – Foto © 2021 Luca d’Agostino / Phocus Agency

Remote Cividale del Friuli di Rimini Protokoll (Stefan Kaegi/Jörg Karrenbauer)

A partire dal cimitero monumentale di Cividale, un gruppo di persone, indossate moderne cuffie stereofoniche, veniva guidato nei meandri della città da una voce sintetica di una sedicente intelligenza virtuale in grado di interagire, prevenire e indirizzare il piccolo gruppo di spettatori/attori. La voce senza corpo era, in realtà, una serie di tante registrazioni relative al percorso che alcuni operatori manipolano a loro piacimento a seconda delle esigenze del momento. Tra le vigne e i campi, le strade, le chiese, fin dentro le case e sui tetti, la voce induceva gli spettatori che chiamava significativamente “Orda”, a riflettere su concetti esistenziali di enorme entità che venivano risolti con abili stratagemmi sofistici. “Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna” pochi mirabili versi dai sepolcri di Foscolo riassumono il significato della prima parte dello spettacolo esperienziale.
Gli spettatori al cimitero venivano guidati ognuno davanti ad una sepoltura perché pensassero alla permanenza della memoria; la voce virtuale diceva di voler provare ad essere quella di ognuno in modo che il nostro ricordo non sia soggetto a decadimento in un’idea d’eternità che ricordava tanta fantascienza d’antan o qualche episodio della serie tv Black Mirror. Si usciva poi dal cimitero dal cancello che separa i vivi dai morti, disposti in cerchio gli spettatori si sentivano dire d’avere tutti lo stesso hardware ma con software differenti. Una sottile metafora, presa dall’informatica, per indicare le differenti identità che abitano i nostri poveri corpi fatti per il novanta percento dello stesso materiale genetico, delle stesse ossa, dei medesimi nervi e di grassi saturi, chi più chi meno.
Durante il piacevolissimo percorso che separa la città dei morti da quella dei vivi vi sono state altre riflessioni, qualche volta da “un tanto al chilo” sulla prossemica, sul buon pastore, sul libero arbitrio e sull’ambiguità del termine “Natura”. Nel suo “Medea” Pasolini fa dire al centauro Chirone che educa il piccolo Giasone: “Tutto è santo, tutto è santo. Non c’è niente di naturale nella natura, ragazzo mio, tienitelo bene in mente. Quando la natura ti sembrerà naturale, tutto sarà finito e comincerà qualcos’altro. Addio cielo! Addio mare!”

Il paesaggio è ovunque fortemente antropizzato e spesso chiamiamo natura ciò che, invece, non esisterebbe nemmeno senza l’intervento umano. Molto interessanti i momenti in cui il gruppo veniva diviso, con comandi vocali differenti, l’uno all’insaputa dell’altro, tanto che ognuno poteva avere l’impressione di essere diverso dagli altri e in un certo senso privilegiato. “Siete gli eletti” diceva la voce facendolo credere contemporaneamente a tutti.

Mentre camminavano tra le vigne, gli spettatori si sono trasformati simbolicamente in gregge ed è sembrato molto inquietante quando la voce ha fatto riferimento ad una delle così chiamate “Leggi del Branco”in cui una folla di individui quelli più esterni muoiono perché sono i primi ad essere sbranati, quelli nella pancia del gruppo sono protetti ma non gli arriva il cibo. Una tesi pseudo darwiniana che fa parte delle fole sulla lotta per la sopravvivenza (Struggle for Life).

La parte più interessante e godibile del percorso è stata la tappa al supermercato. Nel nostro immaginario non solo il marketing ha trasformato il tempio del consumismo in uno spazio di rifugio e di occulta persuasione ma lo ha fatto diventare addirittura lo scenario nel quale ognuno di noi viene chiamato a recitare la propria spersonalizzazione e immediata identificazione con la merce che dovrebbe consumare ma dalla quale è divorato, digerito ed espulso.
Schierati davanti alle casse del supermercato gli spettatori dovevano pensare di essere invece a teatro e che i clienti ignari che facevano la spesa fossero, in realtà, degli attori e tutto il supermercato un set teatrale. Era davvero straniante, la parte più razionale del cervello di ognuno imponeva di non credere ma, al tempo stesso, la parte più emotiva di noi ci invitava alla sospensione dell’incredulità. In che ruolo recitiamo nella vita reale?

Al centro commerciale ognuno crede di essere libero di seguire i propri desideri e necessità ma, in realtà, rispondiamo tutti a stimoli che ci ingiungono di comprare questo o quello agendo sui nostri sentimenti più profondi in modo occulto e subliminale. Crediamo di avere una “vasta scelta” e uno scaffale vuoto ci mette subito tristezza ma, la maggior parte delle volte, eseguiamo, invece, alla lettera ciò che il marketing ci impone subdolamente.
La libertà di e nel mercato è solo un inganno o un errore di prospettiva. Osservare i nostri simili senza lasciarci troppo coinvolgere e con un certo distacco ci permette di intuire le sbarre e le catene della prigione cui siamo tutti condannati mentre crediamo di essere liberi.

Presso la fontana di piazza Paolo Diacono, dopo aver fatto ballare, cantare, correre, meditare il proprio pubblico la voce in cuffia è ricorsa alla celebre similitudine tra gli individui in un gruppo sociale e le gocce d’acqua. Queste ultime confluiscono in unità costituendo l’acqua della fontana. Gli esseri umani, invece, pur somigliandosi non si dissolvono completamente nell’Orda; facendone parte non estinguono completamente la propria identità, insieme agli altri ognuno rimane soggetto e non elemento equivalente, facilmente omologabile e reso indistinguibile dai suoi simili. Più che altro è un’illusione o al limite una speranza perché, a guardarsi attorno, il conformismo fin nei più ipocriti dettagli sembra essere la regola.
La camminata guidata per la meravigliosa città di Cividale si è conclusa dopo un girovagare molto istruttivo e perfino divertente sui tetti di Cividale con vista sul centro storico con la sua stupenda piazza Paolo Diacono. La voce diceva di guardare giù concentrandosi sui tanti turisti e passanti che dall’alto sembrano mossi non si sa bene da quali stimoli, sembravano formichine tutte intente al loro vagabondare frenetico e insensato. E’ proprio qui che l’entomologia ci viene incontro parlandoci del Super-organismo, una sorta di cervello diffuso tra gli insetti sociali che da soli, presi uno a uno, sono un fiasco evolutivo assoluto ma tutti insieme sono un essere unitario, più grande e più potente delle parti che lo compongono (E.O.Wilson).
Un ultimo silenzio da parte della guida vocale, con gli spettatori deliziati e quasi atterriti da tanta bellezza paesaggistica, precedeva l’evaporazione simulata e rappresentata delle gocce/spettatori. Alcuni ugelli, strategicamente nascosti dietro una balaustra, davano l’impressione al pubblico di svanire in un’autentica nuvola di vapore; un’altra “sottile” metafora sulla nostra condizione esistenziale che ci fa credere di esistere mentre cupamente ci dissolviamo.

Spettacolo certo discutibile nelle premesse e nei concetti abissali trattati un po’ superficialmente ma godibilissimo, un’esortazione a guardare la città e noi stessi da una prospettiva sensoriale inedita.
Le dinamiche dei gruppi cui alludeva la voce sintetica, sono state ben studiate e analizzate da fior fiore di studiosi nel corso dei secoli. Alcuni sono arrivati alla conclusione che la società si costituisce a partire dalla persistente memoria di veri e propri crimini perpetrati dall’Orda primigenia che è composta da elementi che sono tutti colpevoli e conniventi allo stesso modo. Viviamo tutti con un originario senso di colpa anche se fingiamo di dimenticarcene.

“Il padre dell’orda primitiva si era riservato, da spietato despota, il possesso di tutte le donne, uccidendo e cacciando i suoi figli, pericolosi come rivali. Un giorno i figli si riunirono, uccisero il padre, che era stato il loro nemico, ma anche il loro ideale, e ne mangiarono il cadavere. Dopo il delitto nessuno dei fratelli poté tuttavia venire in possesso della eredità paterna, poiché ciascuno lo impediva all’altro.
Sotto l’influenza di tale fallimento e del pentimento, essi appresero a sopportarsi l’un l’altro, unendosi in un clan fraterno, retto dai principi del totemismo – destinati ad impedire la ripetizione del delitto – e rinunziarono tutti al possesso delle donne, causa dell’uccisione del padre.
Ormai i membri del clan potevano unirsi solo alle donne estranee al clan. Si spiegherebbe pertanto l’intimo nesso che esiste tra il totemismo e la esogamia. Il banchetto totemico sarebbe la cerimonia commemorativa del mostruoso assassinio, dal quale deriverebbe l’umana coscienza della colpa (peccato originale), punto di partenza dell’organizzazione sociale da cui, a loro volta, prenderebbero origine, nello stesso tempo, la religione e le restrizioni morali.” (Sigmund Freud, La mia Vita e la psicoanalisi, Mursia, Milano, 1970 pp. 109-110)

Cividale del Friuli, 03-09-2021 – MITTELFEST 2021 – EREDI – Musica – ANTEPRIMA – SIGNAL IN FORUM IULII
STRIJBOS & VAN RIJSWIJK – Musiche e regia Strijbos & Van Rijswijk
Dramaturg Jellichje Reijnders
Soprano Linde Schinkel, Mijke Sekhuis
Produzione Strijbos & Van Rijswijk
Con il supporto del Dutch Performing Arts Fund
Dutch Performing Arts promuove la musica, il teatro e la danza dei Paesi Bassi nel mondo con il contributo di Performing Arts Fund NL – Foto © 2021 Luca d’Agostino / Phocus Agency

Signal in Forum Iulii di Strijbos & Van Rijswijk
“Faccia attenzione, scendere è molto pericoloso. Vada fino in fondo e poi segua la musica, la guiderà” Sono queste le parole quasi poetiche che lo scrivente si è sentito rivolgere dalla maschera cortese, efficiente e simpatica che accoglieva i partecipanti allo spettacolo “Signal”, dopo aver controllato loro le prenotazioni e i green pass (verdi come i semafori), li instradava verso il luogo da dove sarebbe partito lo spettacolo itinerante.

In effetti, in via Mulinuss (da Mulini) a Cividale c’è una ripida scalinata in sassi che conduce, dopo un tortuoso, anche se breve, sentiero tra gli alberi, direttamente sul greto del Natisone in uno scenario davvero incantato e straniante in pieno centro cittadino. La musica si sentiva davvero da lontano ed era un richiamo perfetto. Voci di soprano come sirene mitologiche seducevano così i loro amanti, attirandoli tra i flutti; anche se, in questo caso, però, sarebbe meglio dire, come Agane, pericolose, affascinanti ninfe delle acque tipiche di tutto il Friuli ma del Natisone in particolare.
Inizialmente, non era possibile scorgere la fonte dei suoni che a volte sembravano venire dall’altra riva, tra i cespugli, altre volte dalle rocce o dalle acque stesse. Era decisamente gradevole starsene sul greto del fiume ad ascoltare quei vocalizzi; romanticamente era come farsi rapire dalla voce della natura.

L’idillio è durato lo spazio di un momento, gli spettatori sono stati fatti risalire lungo il sentiero verso le vie della città, sempre richiamati dalle voci melliflue e ipnotiche. Dopo un breve tratto sono apparse le due soprano che da creature d’acqua sembravano essersi trasformate in due turiste, zainetto e sneakers, in giro per la città medievale in cerca di qualcosa o qualcuno, stupite dall’ambiente urbano così caotico e frenetico.

Alcuni particolari megafoni le aiutavano a diffondere la propria voce anche a grande distanza trasformando le vie piuttosto chiassose di Forum Juli in suggestivi scenari di una rappresentazione che le ha utilizzate come quinte scenografiche viventi. Le ninfe non si curavano degli spettatori che venivano indirizzati da un’assistente di scena ma che sostanzialmente erano liberi di girovagare per le vie della città senza vincoli formali se non quello dell’interesse per la rappresentazione completamente oltre la quarta parete.
Come diceva Pirandello lacerato il cielo di carta del teatrino dei pupi non c’è più differenza tra rappresentazione e realtà, il mondo diventa palcoscenico, non è più possibile distinguere tra attori, pupazzi e persone, siamo tutti personaggi in cerca di autore, “folli creature incontro al destino bizzarro e crudele” dominato dal caos.

Le soprano, il pubblico e lo staff sembravano spiriti purgatoriali vaganti nel tessuto vivo della città, il loro era un canto d’anime, di memorie che prendono voce confondendosi con i rumori, con i clacson, il vociare e la chiacchiera dei passanti e degli avventori dei bar.
Uno dei momenti più singolari e significativi è stato l’incontro casuale della “processione” delle soprano e del loro seguito con le ignare comparse in libera uscita di una contemporanea rievocazione militare a tema seconda guerra mondiale (AsiMiliShow 2021).
Tutto allora è sembrato confondersi ed esplicitarsi, i multipli piani narrativi e rappresentativi della grande carnevalata che chiamiamo esistenza, si erano definitivamente confusi per un momento; non era quasi più possibile distinguere tra finzione e realtà, teatro e vita, ognuno vedeva chiaramente la maschera che gli altri indossavano: spettatori, procaci crocerossine, ninfe cantanti, soldati americani, fanti italiani, semplici passanti, negozianti incuriositi, signore con la spesa, carabinieri, idraulici, pensionati, ragazzini ecc.
Erano tutte comparse dello spettacolo che va in scena ogni giorno da milioni di repliche, ogni volta che riapriamo gli occhi e che ci coinvolge fino a quando saremo troppo vecchi per ricordarci le battute e saremo rimpiazzati da un altro pupazzo che si prenderà la nostra parte e il nostro ingaggio nel teatro della crudeltà delle nostre vita.

Nel medievale monastero di Santa Maria in Valle oltre al meraviglioso, celeberrimo Tempietto longobardo, c’è un altro luogo senza paragoni: l’antica vigna delle suore a strapiombo sul Natisone e addossata alle mura del monastero in un ambiente che non sembra essere mutato di una virgola nel corso dei secoli.

E’ proprio li che le voci hanno condotto, finalmente, le anime erranti degli spettatori e in quell’incanto è diventato chiaro che è possibile un incontro fecondo tra le energie che provengono dagli ambienti naturali e le forze dello spirito. Tra quei filari, che le mani delle monache hanno curato nei secoli, è possibile intuire che se la nostra esistenza razionalmente ha poco senso può avere però una direzione che è la musica ad indicarci. Ognuno di noi può ascoltare quelle voci che ci chiamano verso la bellezza e la trascendenza, basta volerlo davvero.
In questo senso, possiamo trasformare il mondo in musica. Come dicevamo più sopra per farlo a volte basta seguire e farsi guidare dalla musica.

Il concetto di “Swarm intelligence”, in italiano “teoria dello sciame intelligente” che indica il funzionamento sinergico di insiemi naturali senza bisogno di una gerarchia o di un’unità di comando centrale (alveari, stormi, banchi, branchi) dall’etologia è stata prima presa in prestito dall’informatica per arrivare alla sociologia e all’antropologia per spiegare i comportamenti delle masse umane. Di certo esiste un’intelligenza dei gruppi e degli insiemi di persone che è sempre maggiore della somma delle capacità dei singoli, come dicevamo, ma non sempre questo corrisponde ad un valore positivo o al bene. Alcune riflessioni contemporanee sono piuttosto critiche nei confronti del mondo dei social e della comunicazione digitale in generale. Tali considerazioni ci spingono a riconsiderare il concetto stesso di società e di gruppo. Di certo le esperienze teatrali di Mittelfest 2021 ci possono aiutare a fare chiarezza e a progettare il nostro domani:
“Lo sciame digitale non è una folla, poiché non possiede un’anima, uno spirito. L’anima raduna e unisce: lo sciame digitale è composto da individui isolati. La folla è strutturata in modo totalmente diverso: i singoli si fondono in una nuova unità, all’interno della quale non dispongono più di un proprio profilo. Un assembramento casuale di uomini non costituisce ancora una folla: ciò avviene soltanto quando un’anima o uno spirito si saldano in una massa omogenea, a sé chiusa”. (Byung-Chul Han, Nello sciame. Visioni del digitale, Nottetempo, Roma 2015)

(scegliendo nella playlist puoi vedere le immagini di Mittelfest 2021 giorno per giorno)

Flaviano Bosco © instArt

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