Per l’ottava edizione del suo Concert for life l’Associazione @uxilia onlus che si occupa di cooperazione internazionale e attività umanitarie anche attraverso le arti figurative, ha deciso di regalare un evento straordinari che, in musica facesse capire che l’arte può curare il mondo. @uxilia presentava anche un volume di Susanna De Ciechi che racconta la tragica storia di una bambina- soldato Tamil dello Sri Lanka, una piccola anima salva con il fucile che avrebbe commosso profondamente anche Fabrizio De Andrè. L’avrebbe convinto ancor di più che fare poesia è un’azione politica; è l’unico modo concreto di aiutare davvero il prossimo che ci rimane. Ma lui lo sapeva bene!

Proprio in questi giorni è nei cinema di tutta Italia il film Psicomagia, un’arte per guarire di Alejandro Jodorowsky uno dei padri dell’azione terapeutica non solo di tipo psicologico attraverso la poesia.

Fabrizio De Andrè ha speso tutta la propria vita ed energia creativa a cercare di curare le anime chiedendosi che ci fanno queste anime davanti alla chiesa, questa gente divisa, questa storia sospesa, a misura di braccio, a distanza di offesa, che alla pace si pensa, che la pace si sfiora.

Il pubblico riempiva, in un colpo d’occhio incredibile, dalla platea fino alle gallerie, il teatro nuovo Giovanni da Udine. Il profumo fragrante della Premiata Forneria Marconi si spandeva già da giorni per giorni per tutta la città. Di questo certifica, in modo eloquente, un dialogo rubato in una pizzeria nei pressi del teatro, la sera del concerto tra un cameriere di lungo corso e un avventore al tavolo.

Diceva il primo: “Mi ricordo quando hanno iniziato, ero un ragazzo, con Teo Teocoli cantavano “La ballerina” si chiamavano I Quelli”.

Risposta del cliente: “Ma no era “La Bambolina” e poi di certo adesso non sono più quelli!”

E ancora il cameriere: Certo le cose sono cambiate, molti di loro hanno preso un’altra strada, Pagani, Mussida, Lanzetti…ma la musica è rimasta e anche l’energia. E’ quello l’importante!”

Nel foyer del Teatrone, però, non c’erano solamente gli appassionati con i capelli d’argento o sale e pepe, ad aspettare il concerto che celebrava i quarant’anni dal sodalizio tra De Andrè e la PFM, c’erano tanti dei loro figli o addirittura nipoti, tanti, tanti ragazzi al loro primo concerto, ansiosi di vedere all’opera una vera e propria leggenda della musica italiana che ha saputo mantenersi viva e creativa negli ultimi cinque decenni con ben 48 album pubblicati tra studio, live, raccolte.

Per quanto riguarda questo tour che ha preso il via nel marzo 2019, si è sottolineato troppo poco il rientro nel gruppo di uno dei membri fondatori: Flavio Premoli. Il suono delle sue tastiere ha segnato l’inizio della musica progressiva italiana e dato al genere una fisionomia del tutto propria che non accenna a sbiadire.

La straordinaria vena compositiva di Premoli e il suo carattere deciso, spesso ruvido sono un tratto distintivo del suo genio e un patrimonio irrinunciabile della P.F.M. Un aneddoto molto gustoso riguarda proprio il suo rapporto con De Andrè. Così ha dichiarato: “De Andrè era un genio, di quelli inclini al confronto aperto, dichiarato che spesso si trasformava in contrasto. Una volta litigammo proprio…Mi attaccò sulla musica e non la presi bene, il giorno dopo sul piano trovai una lettera d’infinita dolcezza. Mi diede il coraggio di arrangiare “Un giudice” stravolgendo l’originale. Ne fu entusiasta”. (www.prealpina.it)

Quarant’anni dopo, sul palcoscenico del Giovanni da Udine, due occhi di bue illuminano la gran cassa della batteria di Franz Di Cioccio e l’imponente strumentazione, nell’attesa che la band esca dalle quinte. Di colpo entrano tutti insieme si schierano sul palcoscenico, salutano il pubblico con un inchino ricevendo un’immediata fragorosa ovazione. Sono tanti, sono in nove si fa quasi fatica a guardarli tutti. Spiccano i membri storici come Di Cioccio, Djivas, Premoli, ma lo stupore è anche per Michele Ascolese, chitarrista di Faber e per il grande Lucio “Violino” Fabbri da sempre con la band e per i “nuovi” Alessandro Scaglione (tastiere) Roberto Gualdi (2°batteria) Marco Sfogli (chitarra) Alberto Bravin (tastiere aggiunte e voce).

Benvenuti alla P.F.M. canta De Andrè” dice Di Cioccio e gli arpeggi cominciano a catturare le emozioni cavandoli dall’atmosfera del teatro dando inizio alla magia con quella schifosa di bocca di rosa che dava fastidio alle cagnette del paese tra l’amor sacro e l’amor profano. E poi sempre Di Cioccio, scatenato giovane di 73 anni, animale da palcoscenico alla bella età, canta dei cadaveri dei soldati, della guerra di Piero, dei riccioli della sua donna e dei mille papaveri rossi che campeggiano anche, con una meravigliosa grafica, sulla locandina del tour.

Per sottolineare la curiosità di una ragazza impertinente, Flavio Premoli imbraccia una fiammante fisarmonica Hohner, una fuoriserie nel suo genere dal suono struggente e setoso. Senza conoscere affatto la statura di Dio si passa ai dolorosi silenzi di Rimini. Appena un attimo e Djivas sceglie un prezioso basso freetless per ricreare le atmosfere alla Brassens che ispiravano tanto De Andrè nel Giugno ‘73. Dopo un fantastico intervento al Glockenspiel che regala il fiabesco suono di un carillon di campanelle come in Little Wing di Jimi Hendrix, è il momento delle confessioni. Di Cioccio dopo un lungo preambolo sul destino e sul caso racconta di come nel 1978 la PFM fosse in concerto a Nuoro. De Andrè che se ne stava nella sua fattoria a tempio Pausania, visto che non guidava l’automobile, ma voleva ugualmente rivedere i vecchi amici, si fece accompagnare da un pastore e come diceva Gadda nel “Pasticciaccio”: E fino a qui il mito!

Ci fu una cena a base di funghi e gran bottiglie di Vermentino. Dopo aver mangiato e ben bevuto, Di Cioccio buttò là un’idea che sembrava folle perfino a lui: “Perchè non facciamo una cosa insieme dal vivo? Come Jackson Brown con gli Eagles o Bob Dylan con The Band?”. “Belin mi pare una cosa pericolosa e impossibile…allora facciamola” rispose Faber dopo le prime ritrosie.

Di Cioccio aveva già raccontato questa storia in modo un po’ diverso molti anni fa nel suo libro autobiografico: “PFM, due volte nella vita” (pag 144, 1996) è il caso di riportare anche quella versione perchè ugualmente gustosa.

Noi avevamo in mente qualcosa di molto diverso, un vero e proprio progetto di collaborazione artistica, dove ognuna delle due componenti, il cantautore e il gruppo, avrebbe influenzato l’altra. Glielo spiegammo, ma lì per lì non la prese molto bene.

Eh, Belin!” Disse – “Suonate troppo forte!”

Ma ci adattiamo a te!”

Arrivate con tutti i vostri watt e mi uccidete!”

…Ci volle un po’ ma lo convincemmo. Forse perché riuscimmo a comunicargli il senso del gruppo, quell’atmosfera da gruppo di amici che ci ha sempre contraddistinto”.

La Premiata Forneria Marconi è ancora così. Riesce a comunicare al suo pubblico la forza e l’energia dell’amicizia di persone che si divertono come sempre, ancora a suonare, suonare.

Ma De Andrè e la P.F.M. erano amici di vecchia data e si erano già incontrati per registrare insieme l’album “La Buona novella” (1970). Per ricordare anche quello straordinario evento, il secondo quadro del concerto è stato incentrato sull’esecuzione integrale di quel capolavoro assoluto che racconta del più grande rivoluzionario di tutti i tempi, con il suo corpo di uomo fatto di carne di Paradiso. Da lasciare senza fiato l’esecuzione, da notare le parti cantate dal tastierista Bravin che supplisce ai cali di voce di Di Cioccio che qualche difetto deve pur averlo altrimenti sarebbe un fenomeno randagio da baraccone e, invece, è solamente uno straordinario interprete e musicista.

Nel terzo quadro, riguadagnando la batteria lasciata in precedenza alle ottime bacchette di Gualdi, il caro Franz invita il pubblico a salire sulla macchina del tempo, mentre la vera voce registrata di Fabrizio De Andrè intona La canzone di Marinella mentre la P.F.M. lo accompagna dal vivo suonando insieme a lui. E’ una sensazione straniante e particolare quasi funebre di grandissimo effetto, tra la riesumazione e la resurrezione.

Curiosissimo un altro aneddoto che è stato ricordato di quando Faber, un po’ alterato: “Cristonava poeticamente” una locuzione che racchiude un mondo e racconta del poeta molto più di quanto potrà mai essere scritto su di lui.

Dopo ancora altri entusiasmanti brani suonati con grande verve per il gran gusto del pubblico plaudente come Zirchiltaggia e Volta la carta è stata la volta dell’introspettiva e programmatica: Amico fragile che è evaporato in una nuvola rossa in una delle molte feritoie della notte con un bisogno d’attenzione e d’amore.

Il concerto è finito, la band esce una prima volta quasi travolta dagli applausi, convinti ed entusiasti, di tutto il teatrone. Il bis non si fa attendere e sulle prime note de Il pescatore tutto il pubblico scatta in piedi ad applaudire ritmicamente. Segue una lunga suite che comprende E’ festa Celebration e anche anche un accenno alla meravigliosa Impressioni di Settembre. Non ci poteva essere niente di più bello e suggestivo, infatti, dopo l’ultimo accordo, mentre la magia evapora, si riaccendono le luci in sala.

E poi seduto in mezzo ai vostri arrivederci,

mi sentivo meno stanco di voi

ero molto meno stanco di voi”.

© Flaviano Bosco per instArt