
Nel 1969 una ancora quindicenne Nada partecipa al festival di Sanremo (in abbinamento con i Rokes, come si usava allora) e si ritrova prima nella hit -parade con ma che freddo fa. In quei primi anni, registra vari singoli e due album (Nada e Io l’ho fatto per amore, che contiene la fotografia, suo esordio come autrice di testi), e torna a Sanremo nel 1970 in coppia con Ron e nel 1971 con Nicola di Bari, vincendolo grazie a il cuore è uno zingaro. Ha diciassette anni, un rapporto agitato con la madre malata di depressione e una certa insoddisfazione verso queste canzoni che le fanno cantare, tra il melodico e il liscio (che lei non rinnegherà, riproponendone alcune dal vivo anche negli anni a venire, ma che insomma non le sembrano del tutto adatte a lei: niente male vista l’età…).
La prima svolta della sua vita e carriera avviene proprio in quegli anni. Si lega sentimentalmente a Gerry Manzoli, bassista dei Camaleonti, e registra un album di canzoni del suo amico/mentore, livornese come lei, Piero Ciampi: l’album, Ho scoperto che esisto anch’io, esce nel 1973 e sarà un fiasco commerciale, ma porta Nada vicina alla canzone d’autore, tanto che successivamente collaborerà con Reale Accademia di Musica per l’album successivo del 1975 (1930: il domatore delle scimmie) e poi con Paolo Conte e Renzo Zenobi nell’album Nada del 1976. Entrambi gli album hanno avuto poco successo e sono presto usciti dai cataloghi (e questo la dice lunga sulla nostra “industria” discografica…).
Poi finisce anche lei nel plasticoso mondo degli anni ottanta… Nel 1979 esce un altro Nada, composto soprattutto da Mauro Lusini e con buoni musicisti, dalle sonorità disco/funky e tutto sommato un buon disco. Nel 1983 torna al successo con Smalto, tutto scritto da Manzoli, Venturi e Piccoli, che contiene uno dei tormentoni di quell’estate, amore disperato. I successivi Noi non cresceremo mai (1984) e Baci rossi (1986) pur con alcuni brani decisamente di buona scrittura scontano arrangiamenti un po’ troppo elettronici per imporsi nelle classifiche: troppo “difficili” per essere mainstream, troppo “sintetici” (nel senso di plastica…) per essere canzone d’autore.
Dopo anni di silenzio, torna con L’anime nere (1992), poco distribuito ma che rappresenta un primo tentativo di scrittura dei propri testi da parte di Nada, che qui comincia a cercare una nuova dimensione per la propria arte. Nel 1998 esce Nada Trio, deve reinterpreta con Mesolella e Spinetti della Piccola Orchestra Avion Travel alcuni brani del suo passato, recuperando sonorità acustiche vicine a suoi brani passati e in grado di rinnovare le canzoni più recenti. Chiude questo periodo tornando a Sanremo, prodotta da Mauro Pagani, con l’album Dove sei sei (1999).
Anni duemila… sembra passato un secolo… ed è così. Per sintetizzare questi due decenni e mezzo basti dire che pubblica alcuni libri (romanzi, poesie, biografici… tutti molto apprezzati, uno diventa anche uno spettacolo teatrale e poi un film tv), collabora con molti artisti (tra i quali Massimo Zamboni, Tetes de Bois, Zen Circus…) e addirittura la Rai trasmette uno sceneggiato ispirato alla sua autobiografia (senza contare che, fin dagli anni settanta, Nada recita a teatro, in tv e al cinema). Tornando alla sua produzione musicale, nel 2001 si produce L’amore è fortissimo e il corpo no, disco sorprendente per sonorità e testi, che ora ormai scrive con sicurezza, decisamente non convenzionali. A seguire inizia a collaborare con John Parish che le produce i successivi due album, tanto da essere ormai considerata la più mainstream degli artisti indipendenti (nel 2004 Tutto l’amore che mi manca, nel 2007 Luna in piena); nel 2011 si autoproduce Vamp forse l’unico un po’ sottotono, poi arrivano nel 2014 Occupo poco spazio, nel 2016 L’amore devi seguirlo, nel 2019 E’ un momento difficile tesoro, nel 2022 La paura va via da sé se i pensieri brillano. Ora, quello che adesso alcuni contestano a Nada è una certa sovrabbondanza di uscite discografiche, e una certa stanchezza nella proposta stilistica. Ma in realtà Nada sta ancora cercando, sperimentando, provando nuove strade, per esprimere la sua urgenza creativa, che, al netto di qualche inevitabile ripetizione, è in grado di sorprendere ancora. Se i temi, spesso riletture di stilemi a lei ormai usuali, a volte possono sembrare stanche repliche di cose già sentite, ad un attento ascolto ci si accorge invece della forza che riesce ad esprimere in alcune immagini che (va bene, esagero…) riportano addirittura all’amato Ciampi. Si pensi ai continui richiami a temi e narrazioni femministe che però, come in Giulia, trovano una soluzione inedita (come stigmatizzare meglio violenza e sfruttamento che con un “dio è scarico”?). E anche la proposta musicale, ormai decisamente indie, rielabora anche e ancora echi del passato, come il liscio rivisitato di questa vita cambierà, spiazzando spesso l’ascoltatore con una narrazione che la musica non appoggia bensì sostiene obliquamente, obbligandolo a uno sforzo per seguire la storia raccontata non “tramite” la musica ma quasi – a volte – a discapito della musica.
Ed è per continuare questa sua narrazione sbilenca che Nada torna nei negozi di dischi (quelli che ci sono ancora…) con Nitrito, ancora prodotto da Parish. Il disco apre con bella più bella, una rock ballad in crescendo, che a me sembra tanto un’altra dedica a sua madre benchè la stessa Nada, parlando del video di lancio, ha detto essere un “inno alla donna” e alle donne che hanno fatto la storia. Segue poi ghiaccio, anch’essa fermamente femminista nei toni e nei testi (c’è poco tempo per me / io non ho più niente da regalare). Il discorso continua con sempre migliore, una ballad lenta, tribale, e il discorso che continua è ancora un discorso al femminile (molto più di quello che avrò / io darò). Un giorno da regalare mostra, invece, una donna non più barricadera – per scomodare Vecchioni… , ma tenera e innamorata (amo i tuoi capelli / amo te che mi stai accanto) e decisamente carnale come spesso Nada sa essere, nei testi e nella vita. Ma è solo un attimo e torna subito la donna che – giustamente – si lamenta delle convenzioni un po’ bigotte nel divertissement uovo (se mi siedo mi ritrovo con il culo fatto a uovo / …no non si può, una donna questo no… non lo devi dire mai). In fondo canta sempre la donna, interpretando sé stessa e spesso un suo concetto di donna, senza reticenze come in primitiva (dentro un corpo che vuole tutto l’amore la passione sporca / il mio essere donna troppo fragile ma anche stronza a volte). Chiude il disco con un pezzo distopico, primo (il primo uomo per la nuova realtà…), con un seguito paradossalmente quasi bucolico, una volta che arriva, e un finale ottimista alla Ciampi con che giornata (che bella questa vita…). Insomma, un disco di Nada, come al solito da ascoltare con attenzione per entrare sempre più nel suo mondo, che tanto ogni volta ti dà l’impressione di essersi spostato ancora un po’ più in là.
© Stefano Simonato per instArt