Giorgio Montanini è un nome che ormai tutti più o meno conoscono. Negli ultimi anni è infatti salito alla ribalta grazie alla partecipazione a trasmissioni televisive come Ballarò e Le Iene. Partecipazioni purtroppo molto brevi (rispettivamente tre e due puntate) a causa delle polemiche sui contenuti dei suoi monologhi, non propriamente graditi ai vertici di Rai prima e Mediaset poi. Al di là del bagno di popolarità televisiva, Montanini era certo già ben conosciuto da chi segue la scena della stand-up comedy italiana, genere ancora molto sottovalutato e bistrattato nel nostro paese e che ha certamente in Montanini una delle sue punte di diamante.

Complice la cacciata dal mondo televisivo, Montanini ha quindi potuto tornare a calcare le scene teatrali e a riempire platee. Lo ha fatto anche al Teatro Miela, per la data triestina del suo nuovo spettacolo “Eloquio di un perdente”, in cui torna -in ottima forma e sempre più “cattivo”- ad aggredire il pubblico con i suoi monologhi dissacranti.

L’attore marchigiano dimostra subito di essere nella sua forma migliore: sfrutta alla perfezione gli strumenti e il linguaggio della satira e colpisce duro, durissimo su temi quanto mai attuali e dibattuti. Dalla paura/odio verso gli immigrati all’ormai celebre pezzo sul caso Weinstein, la sua rabbiosa condanna spazia tra tutti i problemi della società odierna. Ma non è un colpire a caso, tanto per strappare qualche facile risata con battutine su qualche luogo comune. Come da lui stesso detto a inizio serata rivolgendosi alla platea, “io stasera vi stupro. Pregherete di uscire da qui”. E infatti tutti i suoi pezzi hanno un respiro estremamente ampio e hanno un’organicità di fondo che punta a un unico obiettivo: far pensare il pubblico, risvegliare in esso un pò di senso critico e fargli capire quanto sia assuefatto alle vessazioni di un mondo in cui il “potere” (qualunque esso sia) fa ormai ciò che gli pare.

Uno degli esempi migliori è il pezzo che gli è costata la cacciata dalle Iene: parte dal caso Weinstein ma presto assume un respiro più ampio in merito a come le donne (cit.) “nel mondo non contano un cazzo”: si parla tanto di femminismo e di emancipazione della donna ma all’atto pratico il “sistema”, il “potere” è refrattario alla presenza femminile.

Standing comedian da sempre ruvido e irriverente, negli ultimi anni Montanini ha accentuato molto un fattore: il coinvolgimento (spesso brutale) del pubblico. E’ il suo modo per risvegliarlo: coinvolgerlo, colpirlo, prenderlo a pugni e calci. Si rivolge spesso agli spettatori delle prime file: chiede il loro nome, qualche loro opinione o esperienza personale. Inizia in modo confortante ma è solo un gioco: appena può affonda il colpo, critica e accusa lo spettatore nel tentativo di fargli capire che il problema non è sempre esterno ma sta principalmente nel come ogni singolo essere umano si lascia trattare e si uniforma al pensiero dominante.

Per continuare l’esempio del monologo Weinstein, a Trieste Montanini ha preso di mira principalmente una spettatrice inizialmente non molto collaborativa. E questo ha certamente galvanizzato l’attore, che già alle Iene aveva detto “pubblico freddo eh? Ma io non mi spavento, io mi eccito. Io faccio tre passi avanti e ti picchio.”. E che quindi ha incalzato la spettatrice, con continui esempi sul come lei non conti nulla nel mondo e come lei lasci fare. Fino a chiederle con chi degli uomini che aveva nei posti a fianco lei andasse a letto, per introdurre la parte finale del pezzo in cui ipotizza il dominio mondiale femminile basato sul “darla”.

A proposito del pubblico, va notato con delusione come il capoluogo giuliano non abbia reagito molto all’occasione di vedere Montanini dal vivo e abbia lasciato quasi mezza platea vuota. Abituato ai sold out di tutte le altre date del tour, lui stesso ha fatto notare con rabbia come quella triestina sia l’unica macchia nella sua stagione. Chissà, forse anche questo è stato alla base della spietata ferocia dimostrata durante le due ore abbondanti nei confronti dei poveri (o fortunati, questione di punti di vista) spettatori coinvolti nei suoi monologhi. Per il resto la platea ha reagito abbastanza bene, ridendo (non eccessivamente, ma come già detto non è quello l’obiettivo di Montanini), seguendo con attenzione e applaudendo -non sempre con piena convinzione, va detto- alle tematiche impegnative affrontate sul palco. Alla fine della serata si contano solo due persone che hanno lasciato la sala prima del tempo, ma questa è ormai una costante negli spettacoli del comedian di Fermo. Che anche a Trieste non si è fatto sfuggire l’occasione di accompagnare con sberleffi vari queste uscite di scena, come consigli ad andare a vedere spettacoli di comici più “innocui”.

Il suo non è certamente uno spettacolo per tutti, ed è qualcosa da cui dovrebbe tenersi alla larga chiunque non voglia ragionare, allargare il proprio punto di vista e cercare di risvegliare almeno un pochino la propria coscienza. Ma chi se la sente di fare almeno una di queste cose troverà pane per i propri denti: ha ragione Montanini a inizio spettacolo a dire che ci picchierà e ci stordirà. Si esce davvero turbati, frastornati e con una sorta di nodo allo stomaco. Perché alla fine a tutti piace ridere, svagarsi, ma non rendersi conto di come le cose stiano davvero. E che se sono così in fondo la colpa è anche nostra, che non facciamo niente per cambiarle e ci adagiamo nella nostra piccola vita/giardino. Per fortuna esiste ancora qualcuno come Montanini a ricordarcelo.

Luca Valenta © instArt

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