Foto Davide Silvestrin ©

Invisible Wave è un progetto artistico musicale i cui focus sono la ricerca interiore, la spiritualità e l’attualità. La loro musica è un viaggio, tra melodie e raffinate sonorità pop, rock, ambient, indie ed elettronica.

In qualche modo siamo agli anni ’80, non me ne vogliate. Molte atmosfere del vostro gruppo, i vostri suoni, seppur letti in chiave contemporanea, ricordano la new wave, il dark con vene gotiche. Anni ’80: beh dici mica poco! Le nostre radici sono, naturalmente, nelle scorse decadi, in particolare negli anni ’80 e altrettanto nei ’90, basti infatti pensare a Ok Computer dei Radiohead o a Achtung Baby degli U2, come sonorità. Concordiamo con la tua descrizione, la nostra musica riporta alla mente anche queste atmosfere e, specularmente, i testi sono un mix di energia e mistero, riflessione e azione, tra luce e ricerca in ciò che è “oscuro”, che è dark.

La musica ha l’instancabile capacità di rigenerarsi. Come nasce Invisible Wave? Nasce nel 2017. La band è fondata da Guido Tonizzo, autore dei brani, cantante e pianista/tastierista della band. Insieme a lui ci sono Cristina Spadotto alla chitarra e Stefania Della Savia al basso. C’è una grande coesione, sia intesa come feeling musicale, sia come amicizia. Quindi le basi di partenza erano ottime e i risultati di questa preziosa collaborazione si vedono e, soprattutto, c’è passione vera per la musica.

In questi ultimi anni abbiamo ascoltato di tutto, tutti i mix possibili, adesso mi pare che non si possa parlare più di “genere musicale”. Mi incuriosisce di più il fatto che ci sono musicisti che ragionano “in analogico” per passare al “digitale” e c’è chi invece ragiona direttamente “in digitale”. Voi da che parte state? Qual è il vostro percorso compositivo? Se si parla di composizione ogni input, ogni stimolo è ben accetto. Per noi c’è sempre una parte analogica nella composizione: suonare strumenti veri. Allo stesso tempo nella nostra musica c’è spazio per sintetizzatori e sperimentazione. Spesso l’unione originale di questi due mondi è divertente e porta ad un sound interessante. Riguardo noi… Testi e musiche dei nostri brani sono scritti da Guido, poi lo sviluppo continua in sala prove e in studio, il risultato finale è un qualcosa che racchiude l’identità di tutti. Parliamo anche molto insieme, ad esempio dei temi tirati in ballo nelle canzoni. E’ importante questo: siamo continuamente stimolati con la nostra stessa musica.

Una volta si diceva “Mi piace De Gregori (per fare un esempio) anche se non capisco i testi”. Il vostro brano Fake News parla chiaro. Che messaggio intendete trasmettere? Avete anche dei testi in italiano? Concordiamo sul fatto che Fake News parli chiaro, ma dipende poi anche da cosa si intende per “chiaro”. E questo vale anche per il tema trattato in Fake News. Le parole, in generale nella società, hanno il potere di attirare, allontanare, coinvolgere, creare gruppi, condizionare, ispirare, condividere, aiutare, eccetera. Fake News parla dell’importanza di informarsi meglio, di andare oltre l’effetto che il primo impatto delle parole che leggiamo ci provoca, ad esempio. Poi c’è chi intende la canzone come un invito a “evitare le fake news del web”, c’è chi la legge all’opposto, e ci sono tante altre visioni e sfumature. Tutte queste letture sono però in parte sbagliate o quantomeno riduttive. Andare oltre, e cogliere il messaggio: che dipende da noi sapere qualcosa di più. Talvolta non sempre c’è una sola verità, e essere mentalmente aperti e metter pure noi stessi un po’ in costruttiva discussione, aiuta nella vita e nelle scelte che facciamo. Fake News è questo. Ma come per ogni cosa, è fatta di parole (e musica) e sta a chi ascolta cogliere il senso più profondo e farsi ispirare. Altrimenti si rischia di rivestire ogni cosa di ciò che già pensiamo e non coglierne il valore aggiunto. Questo è il senso più profondo del brano. Infine, guardando nel complessivo questo EP, affrontiamo varie sfaccettature di quella che è la vita e il modo per vivere al meglio, noi, e aiutare il mondo che ci circonda, nel nostro piccolo: crescita interiore, ricerca spirituale, attualità… una medaglia a più facce. La medaglia è la vita.

Come vi presentate nei vostri concerti e che cosa ne pensate del live in streeming? Ognuno ha una sua personale opinione dei live in streaming, anche all’interno della band. Di certo preferiamo i live veri! Dal vivo, possiamo esibirci in “elettrico” proponendo un vasto repertorio di inediti (oltre a questo ep con gli Invisible Wave esibiamo anche altre composizioni del nostro cantante Guido Tonizzo, composizioni create in passato) e alcune cover tematiche, con cui continuiamo a parlare dei temi che ci stanno a cuore e facciamo ascoltare un po’ le nostre radici musicali. E’ come se le cover fossero delle citazioni. Quando suoniamo in elettrico, il palco è un bellissimo insieme di tanta strumentazione: da chitarra, basso, batteria, tastiere, a sintetizzatori ed effettistica. Ci divertiamo! Un altro tipo di divertimento, più di pace e di “degustazione del suono” e della melodia, lo si ha quando ci esibiamo in versione semiacustica e raffinata. Questa soluzione si presta molto bene in presentazioni culturali, o nelle librerie, in locali intimi e dove la musica è una componente che si unisce ad altre in una manifestazione (ad esempio conferenze, giornate culturali o giornate dedicate a più tipi di arte). Tutte cose che abbiamo già fatto e sono anche questi dei modi live di esprimerci.

Per non lasciarci come “algoritmi” qual è la vostra scaletta ideale di 5 brani di altri gruppi? Bellissima domanda. Alcune delle varie possibili risposte: Depeche Mode (Enjoy the silence), U2 (Bad), Muse (Madness), Coldplay (Fix you), Pink Floyd (Wish you were here, così citiamo anche gli anni ’70). Grazie.

Stefano Buian © instArt

 

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