Nasce una nuova collaborazione fra la friulana Estensioni Jazz Club Diffuso 2022 ed il festival toscano Mutamenti.

Il 1 ottobre a Massa avremo l’opportunità di ascoltare in duo Marlise Goidanich (violoncello) e Max De Aloe (armonica cromatica, fisarmonica, live electronics).  Grazie a questa collaborazione il concerto “raddoppia”: sarà possibile seguirlo alle 18.00, ma anche 21.30 (prevendita su Dice.fm)!

L’armonicista e fisarmonicista Max De Aloe e la violoncellista brasiliana Marlise Goidanich realizzano insieme questo progetto “Mutamenti”, che unisce due strumenti raramente accomunati in musica proponendo brani che spaziano dal jazz allo choro brasiliano, dalla musica italiana al pop della cantante islandese Bjork, da echi di musica barocca fino ad arrivare a suggestioni di musica del medio-oriente.
Un progetto crossover che parte dal jazz ma abbraccia diversi generi e stili riuniti nella cifra stilistica di questi due affermati strumentisti.

Una coproduzione quindi Estensioni Jazz Club Diffuso e Festival Mutamenti.

Per l’occasione abbiamo voluto intervistare l’amico Max De Aloe.

Ormai quello che viene chiamato jazz non sembra più un “genere musicale definito”, ma un grande mix di espressioni, ricerca creativa e suoni. Cosa troviamo di vecchio e di nuovo nel “jazz contemporaneo”? Questa è una domanda che andrebbe rivolta a un musicologo. Difficile dare definizioni ad una musica che non ha più uno stile preciso perché è diventata un movimento secolare, con incontri di persone, razze, provenienze, luoghi diversi e che si è sempre cibata anche di innamoramenti momentanei, di tradimenti e anche di mode.  Già nella sua genesi storica questa musica era animata da un crogiolo di musicisti che arrivavano da luoghi diversi. Non solo afroamericani, ma italiani, creoli, ebrei e poi sudamericani fino all’incontro con i jazzisti sudafricani e tutto quel nuovo fermento del jazz del Nord Europa arrivato con la fine degli anni Sessanta fino alle contaminazioni della musica mediorientale, balcanica e  persino indiana. Un melting pot che ha dato vita a una matassa inestricabile di musica affascinante.  Il jazz contemporaneo sicuramente mantiene la capacità di lavorare sull’improvvisazione ma non solo. Se hai studiato varie stili di jazz e negli anni li hai suonati esiste una sorta di memoria stilistica che ritorna e che si amplifica su nuove strade. Ritengo ancora oggi importante studiare il più possibile le tradizioni del jazz e poi seguire un percorso di studio cronologico prima di arrivare a un visione più contemporanea.  

Pontremoli, 06/10/2018 – Festival MutaMenti 2018 – Max De Aloe – Foto Luca A. d’Agostino © Phocus Agency

Ci eravamo abituati a formazioni classiche (batteria, contrabbasso, pianoforte, fiati per fare un esempio) ma ora la tendenza sono le performance in solo, in duo per non parlare delle loop station, dell’utilizzo dell’elettronica. Quindi i concerti possono essere più suggestivi, calati in spazi e ambienti particolari e a stretto contatto con il pubblico. È una condizione più difficile? L’unica condizione difficile è quando un luogo non risponde bene per problemi di acustica oppure se il concerto è totalmente fuori contesto. Per il resto non esiste una formazione più difficile. E’ bellissimo suonare in formazioni diverse e ogni volta cercare di trovare la spinta più appropriata per quello che si sta eseguendo. 

Per molte persone la musica improvvisata rimane un “enigma espressivo” da evitare. Penso sia anche una questione di apprendimento per non dire di “allenamento”. Cosa consiglieresti di ascoltare a chi volesse avvicinarsi alla musica improvvisata? Dipende. È probabile che un jazz più melodico possa affascinare di più ma non è detto. La cosa importante è che si ascolti musicisti preparati che abbiano la voglia e l’autenticità di esprimersi. Se hai davanti a te un gruppo con l’urgenza di fare musica la loro energia arriverà sicuramente. È la fuffa a cui ci hanno abituato i mass-media che spesso non riesce a coinvolgere veramente il pubblico. Poi con il jazz non c’è nulla da capire, bisogna solo sedersi ed ascoltare. Io posso guardare uno scatto di un grande fotografo e non ho bisogno di capire che tecniche ha utilizzato, devo solo guardare. Guardare veramente. Qualcosa quella foto mi racconterà. La stessa cosa vale per la musica improvvisata.  

L’armonica e fisarmonica sono strumenti presenti nella musica popolare ed etnica e hanno a che fare con le tradizioni ma anche con il cinema. Dove vedi bene questi strumenti nella musica contemporanea? Ci sono delle novità anche tecniche? Per me non esistono strumenti di serie A o di serie B. Concettualmente questi due strumenti potrebbero funzionare ovunque. Il musicista che li suona è spesso molto più importante dello strumento. Si chiama strumento proprio perché è semplicemente un mezzo di espressione che gode suo un timbro particolare, di una sua voce ma poi dipende dalla testa, cuore e pancia del musicista far funzionare il tutto.  

Sei musicista, compositore e anche divulgatore e hai pubblicato molti dischi. C’è qualcosa che ti attrae musicalmente? C’è qualcosa che non hai fatto? C’è un disco “pop” che avresti voluto fare? L’artista dei sogni con il quale condividere la scena? Sono domande che richiedono risposte molto articolate. Oltre a voler fare il protagonista del nuovo film di Iñárritu devo dire che sono molto affascinato dai musicisti con cui suono e dai progetti che ho con loro. Non sento bisogno in questo momento di cose particolari se non di poter approfondire di più la musica  che già faccio. Aver più tempo e più possibilità di poter provare ed esibirmi con loro. Del mondo pop non mi è mai interessato. Se capitano dello collaborazioni bene ma non è il mio mondo. L’artista dei miei sogni? Ma, ce ne sono tanti. Difficile. Diciamo Pippo Delbono ed Emma Dante per il teatro. Anni fa vidi uno spettacolo in solo dell’attore teatrale argentino César Brie. Ecco vorrei avere sul palco quella forza. In ambito più musicale mi piacerebbe collaborare con Anouar Brahem, Dino Saluzzi, Eivind Aarset o addirittura con il Marcin Wasilewski Trio ma  la realtà è che sto bene a fare già le mille cose che faccio con i musicisti formidabili che mi onorano di suonare con loro. Non è piaggeria. Io imparo tanto dai musicisti che suonano con me. Li cerco sempre più bravi di me, per poter imparare sempre qualcosa in più. Per poter spingere con loro la mia musica un po’ più in la. Poterla migliorare.

 

Quali sono i tuoi prossimi progetti e collaborazioni? Proprio in questi giorni sta uscendo il mio nuovo cd Three Views of a Secret, realizzato con la Faraggiana Big Band diretta da Claudio Wally Allifranchini. E’ la prima volta che realizzo un CD dove sono solista con un organico di 20 elementi che mi accompagnano, tra l’altro tutti grandi musicisti, i migliori in Italia per ensemble da big band. Sto poi realizzando un nuovo trio. Al contrabbasso ci sarà il musicista danese Jesper Bodilsen, ci cui collaboro da alcuni, e al piano Fender Rhodes l’olandese Mike Del Ferro, già collaboratore di Toots Thielemans. Per Natale uscirà per Blönk Edizioni un mio libro a metà strada tra una biografia e un racconto sulla musica, quasi un divertissement. A fine ottobre riporterò in scena a Varese il mio  Sandro Penna secondo me. Un piccolo spettacolo in solo tra la musica e la poesia di Sandro Penna. Poi sarò anche in Germania per un tour in diversi club. Insomma non mi posso lamentare. Ci si impegna tanto, si fanno sacrifici, ma poi le opportunità arrivano sempre.

Ci segnali due video, di chi vuoi, che ti piacciono particolarmente?

 

Stefano Buian © instArt

 

 

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