A fine maggio 2021,al Teatro Comunale di Monfalcone, presentato dal Teatro Stabile di Bolzano e dal Teatro Stabile del Veneto, prodotto da Babilonia Teatri, è andato in scena Romeo e Giulietta- una canzone d’amore con Paola Gassman, Ugo Pagliai, Enrico Castellani, Valeria Raimondi, Francesco Scimmi e Luca Scotton.

Il mito di Romeo e Giulietta viene sfruttato per raccontare un’altra storia d’amore: quella tra Ugo Pagliai e Paola Gassman.

Una piccola premessa: questa, con tutte le istanze in gioco, è la recensione più difficile mai realizzata, ma si vada con ordine; ci sono 4 dimensioni che si compenetrano tra loro e andando ad aderire perfettamente ai caratteri shakespeariani e a tutti i loro principali stilemi.

Queste 4 dimensioni sono: formale, reale, mitica e meta-teatrale; la dimensione formale si consuma quasi subito quando i due amanti vengono inchiodati a dei bersagli tenendosi per mano da un lanciatore di coltelli, questo ha evidenti richiami cristologici, in quanto anche Dio, in un estremo atto d’amore, la crocifissione, riuscì a fermare l’odio; infatti, non si è d’accordo con quanto si è sentito durante la rappresentazione, perché, la bellezza può placare qualsiasi ostilità, anche solo per il tempo di uno spettacolo.

Questo concetto troverà un’ulteriore conferma nella dimensione mitica, nello splendido tetraedro che è questo spettacolo, infatti tra le innumerevoli istanze ludico-narrative c’è un parallelismo che si vorrebbe fare tra il testo shakespeariano e il mito di Orfeo ed Euridice; non si parla forse anche qui di una discesa agli Inferi? E non è forse Shakespeare, un novello Orfeo, che con il suo canto, ferma, anche solo per un momento, i tormenti alle anime dei dannati?

In questa epoca molto post e poco moderna ci si chiede se sia corretto fare interpretare a degli anziani, dei personaggi che dovrebbero essere giovani? La risposta è si, in quanto un mito, per sua stessa definizione non ha costituzione fissa e, per la stessa ragione, può essere riletto: alzi la mano chi non vuole vedere i due coniugi ancora insieme e vivi nell’aldilà? Allora, chi meglio di due anziani, per interpretarli?

Venendo al resto, c’è naturalmente, un grande omaggio a Federico Fellini, non fosse altro, per la grande intuizione di far scontrare mito e realtà in Ginger e Fred (1985), ma si indicherebbe più volentieri Prove d’orchestra (1979).

Insomma, quello che ne viene fuori, tra una canzone dei Radiohead e un regista disturbatore , è uno splendido adattamento tratto da uno dei testi del più grande sceneggiatore di tutti i tempi; si chiede scusa per il troppo entusiasmo.

instArt 2021 – Nicola Bertone ©

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