Premiati come primi classificati Roberto Dini, Luca Gibello e Stefano Giroldo, con “Rifugi e bivacchi. Gli imperdibili delle Alpi. Architettura, storia, paesaggio” (Hoepli) nella sezione saggistica; Michela Piaia con “Il Lobbio” (Sismondi ed.) nella sezione narrativa e Paolo Borsoni con “Breve pellegrinaggio in cielo” tra gli inediti

Premio Speciale Dolomiti UNESCO a Giorgio Madinelli, Andrea Fiorot e Paolo Lorenzi con “Degli antichi sentieri. Memorie dalle Dolomiti clautane” (ed La Chiusa).

Grande emozione per la cerimonia di premiazione della 16^ edizione del concorso letterario Leggimontagna che ha visto quest’anno una grandissima adesione con 83 opere pervenute: 35 per la sezione narrativa, 26 per la saggistica e 22 inediti.

Emozione nel ricordo di Sergio De Infanti, fondatore del concorso e pioniere degli sci, mancato lo scorso agosto. Prima di dare il via alla cerimonia di premiazione, l’amico di sempre Luciano Santin ha chiesto un minuto di silenzio per l’alpinista e figura simbolo della montagna friulana.

Ecco tutti i premiati delle tre sezioni, Narrativa, Saggistica e Inediti, nell’attesa di sapere a dicembre l’esito di Cortomontagna.

Per la sezione Narrativa, la prima classificata è stata Michela Piaia con “Il Lobbio” (Sismondi ed.).  La motivazione è la seguente: romanzo storico ambientato nel Cadore dell’Ottocento, nel momento del passaggio dall’Austria all’Italia, in uno scenario montano che è quello bellunese e che diviene protagonista di alterne vicende umane, in cui i personaggi si muovono alla ricerca di una propria dimensione esistenziale. Sulla trama delle loro vicende, si innestano abilmente le diverse realtà storiche, quali l’emigrazione, la lotta civile e politica risorgimentale, che trovano pieno ritmo in una prosa incalzante e avvincente. Su tutti gli eventi umani e spirituali insieme, prevale, però, il mistero della montagna e dei suoi silenzi, in cui si inserisce la straordinaria e inquieta personalità del Lobbio, che vive “i sentimenti di libertà e grandezza che appartengono solo all’anima e che nessuno potrà mai svelare”.

Dietro di lei, al secondo posto, Marco Albino Ferrari con “La via incantata” (Ponte alle Grazie), rievocazione di un personaggio semidimenticato. L’esploratore italiano Giacomo Bove, incrociata con la restituzione soggettiva di un percorso di wilderness intitolato al suo nome e anch’esso in abbandono. Costruito con una strutturazione ad intarsio, ma interessante e scorrevole, il libro apre squarci storici, azzarda parallelismi, gioca sui flashback, e nel ricostruire ambienti borghesi prenovecenteschi e civiltà montane ormai scomparse, trasmette al lettore il gusto della scoperta.

Al terzo posto Marco Pozzali con “Le nuvole non aspettano” (ed. Diabasis), un romanzo breve che riesce a mettere assieme le montagne di casa con quelle della Patagonia, sogno per ogni alpinista. Ma nel sogno il ricordo non si cancella, diventa più crudele. Il ricordo è quello del figlio che il protagonista non è riuscito a trattenere in parete. Morto, a causa della passione per la montagna che ha saputo trasmettergli. La montagna è fascino e rischio, bellezza e pericolo. Tra questi estremi la passione. Cercando di dare un senso alla morte del figlio il protagonista cerca un senso alla propria passione per la montagna, in fondo, cerca un senso per la propria vita. Ma, come il destino in una tragedia greca, il ricordo incalza. Non bastano a fermarlo nuovi ambienti, nuove amicizie. La catarsi è esistenziale. Il ricordo della morte del figlio può annullarsi soltanto nell’annientarsi nella montagna e con la montagna. I tempi della tragedia sono scanditi dal ritmo incalzante d’una scrittura tanto scorrevole quanto capace di emozionare e coinvolgere il lettore.

Una segnalazione è stata inoltre ricevuta da Giuseppe Festa per il suo libro “Cento passi per volare” (Salani ed.), delicata restituzione di un percorso di vita che nel superamento del trauma scopre l’occasione per forgiare la propria identità.

In un incalzante intreccio di eventi, il lettore viene accompagnato nello stimolante viaggio alla scoperta di una nuova modalità esperienziale, nella quale l’uso dei cosiddetti “sensi minori” viene catalizzato e reso condivisibile da un rinnovato e più autentico rapporto con la natura. La montagna diviene così teatro delle vicende e nel contempo mediatrice della rinascita, terreno neutrale in cui le diverse abilità sensoriali si compenetrano, in un intenso dialogo teso al superamento dei limiti e del reciproco isolamento.

Originale e accattivante, il racconto è sostenuto da una prosa sicura e calibrata. Spiccano la cura per i dettagli e il tratteggio dei diversi profili, abilmente amalgamati nelle molteplici sfaccettature sensoriali.

Un romanzo per ragazzi, ma non solo. Un racconto dal forte valore educativo, per chiunque nutra il desiderio di aprirsi ad una riflessione autentica sul ruolo che la Natura esercita nel difficile compito di crescere.

Per la sezione Saggistica, premiati come primi classificati Roberto Dini, Luca Gibello e Stefano Giroldo, con “Rifugi e bivacchi. Gli imperdibili delle Alpi. Architettura, storia, paesaggio” (Hoepli). Architettura, storia e paesaggio riuniti in un volume di grandi dimensioni che va ad analizzare il nascere e il divenire di una delle realtà che ormai fanno parte della montagna: quella dei rifugi e dei bivacchi. Dalla loro nascita come semplici ricoveri alla trasformazione indotta dal turismo; dalla semplicità delle prime costruzioni all’evoluzione architettonica che li rende contemporaneamente inseriti ed estranei al paesaggio che li circonda, il libro è riccamente illustrato con piantine e fotografie attuali e d’epoca.

Al secondo posto, nella sezione saggistica, Mario Casella con “Il peso delle ombre. Racconti veri o false storie?” (GCE – Gabriele Capelli Editore) con la seguente motivazione: molto documentato e ben scritto, l’autore esplora un universo raramente messo in evidenza, quello della menzogna, nei confronti degli altri ma anche verso se stessi, in un ambiente tradizionalmente considerato puro per definizione, come quello della montagna. È un lavoro condotto senza mai ergersi a giudice supremo, con spirito scientifico e scrupolosa preparazione sia sui 16 casi presi in esame, sia sul fenomeno psicologico dell’inganno e dell’autoinganno.

Al terzo posto Franco Brevini con “Simboli della montagna” (ed. Il Mulino). Questa volta l’autore, vecchia conoscenza di Leggimontagna, ha scelto di affrontare l’iconografia alpina, gli stereotipi e i luoghi comuni, realizzando un libro colto e scorrevole, capace di grattare la superficie di quella montagna patinata, idealizzata ed economicizzata che sempre più spesso viene presentata a scoppi di pubblicità per fare affiorare la vera sostanza dei sei emblemi scelti, tra pregi reali e immagini costruite ad arte ed elevate a simbologie universali.

Al Premio Leggimontagna 2018, sezione inediti, sono pervenuti 22 racconti. La selezione è stata più laboriosa degli altri anni per la molteplicità delle prospettive secondo le quali è stata visitata la montagna. Ironia e garbo – di regola – hanno ottenuto la preferenza.

Tra gli inediti si è imposto Paolo Borsoni con “Breve pellegrinaggio in cielo” (motto Alea). Il viaggio all’Himalaya avrebbe dovuto essere un pellegrinaggio al cielo. Agli occhi disincantati del nostro viaggiatore i luoghi alti rivelano invece giogaie pietrose, monti di colore ocra, lontanissime vette innevate. Il monastero di Hemis, la cerimonia religiosa del Darma non mutano il suo stato d’animo. Le pretese del tassista, i turisti che fotografano tutto e tutti, le mosse studiate del Lama, l’imbevibile tè al burro di yak gli confermano di essere fuori posto, del tutto straniero. Il Saddhu, che immobile chiede la carità, indifferente al rumore della gente, impone nuova riflessione sul valore dell’esistenza. Ironia e cinismo e ironia si incrociano quando a proposito del santo mendicante il viaggiatore osserva : “non sembra aver lo smartphone”. Pur tra parentesi insinua prontamente che su questo fatto nutre tuttavia i suoi dubbi. La relatività dei punti di vista e dei modi di vita si stempra nel finale perché esserci, essere vivi è ciò che conta.

La medaglia d’argento in questa sezione è andata a Domenico Flavio Ronzoni con il suo libro “Le malinconie del rifugista” (motto Semelinanno). Sul finire di settembre Marta e Massimo chiudono il rifugio di cui sono gestori. L’anno non è stato fortunato: all’estate piovosa si sono aggiunte gravi sventure alpinistiche. La scelta di vivere in alto, di condividere la bellezza delle Alpi, di non essersi lasciati omologare ai ritmi della pianura è tuttavia confermata. I due scendono a valle ancora come due ragazzini.

Mentre terzo classificato è Lorenzo Garbarino con “La porta e il cuore (motto Amalia). Racconto sospeso tra la restituzione storica e la fantasia sulle tracce di Johan-Jakob Hauswirth, artista bohemien svizzero dell’Ottocento. Con ritmo lento e convincente sotto il profilo stilistico è ricostruito un mondo in cui uomo e natura ancora non si contrappongono.

Al quarto posto ex aequo si sono posizionati, senza premio, Flavio Faoro con “Duel” (motto Dolomia) e Marco Boldrini con “Un’altra storia” (motto Condor). Le pagine di “Duel” sono state considerate cariche di tensione. Il finale giunge inaspettato. Il ritmo e i rischi della scalata in solitaria ripetono i travagli del quotidiano. La lotta per la cima diventa figura dei conflitti interiori. Scrittura veloce, essenziale. In “Un’altra storia”, il luogo appare paradiso ai visitatori, ma alla vecchia guida si rivela voragine fatta di assenza, di vuoto, di solitudine. Alla fine gli occhi chiari della sua donna che rincorrono la morte svelano il dramma. La tristezza sul ciglio delle Gorges ritorna in tutti gli oggetti ed si ripete in tutti gli eventi del quotidiano.

Premio speciale UNESCO a “DEGLI ANTICHI SENTIERI”, di Giorgio Madinelli, Andrea Fiorot e Paolo Lorenzi (La Chiusa): un volume snello e di un formato adatto a valorizzare le tante belle fotografie, per far conoscere, anche in forma narrativa, le Alpi Clautane, poco frequentate, ma ricche di bellissimi scorci e di antichi sentieri che testimoniano come in passato la situazione fosse diversa, sia perché quelle montagne erano abitate, sia in quanto le valli e i passi venivano attraversati come vie di transito. Il tutto in un percorso narrativo che parla di escursioni e ascensioni, ma anche di storia, usanze, geologia, fauna e flora per restituire un quadro completo di una zona che meriterebbe di essere riscoperta.

Comunicato Stampa

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