Siamo in cattive acque è il gradito regalo che ci ha fatto Enrico De Angelis, noto studioso e profondo conoscitore di Piero Ciampi, con l’aiuto di alcuni amici – tra cui Mira, la figlia del poeta di Livorno. Sono state recuperate alcune registrazioni finora inedite che impreziosiscono ulteriormente il canzoniere di Ciampi: secondo alcune annotazioni in una sua ritrovata agendina, aveva in cantiere un nuovo album da chiamarsi appunto Siamo in cattive acque, e così è stata chiamata questa raccolta, benchè molti pezzi siano già conosciuti in altre versioni.

Per chi, malauguratamente, non conoscesse la persona e l’opera di Piero Ciampi, è magari più opportuno volgersi verso gli album o le raccolte edite nel passato e fortunatamente in corso di ristampa negli ultimi anni. Gli anni della gavetta lo vedono anche in Francia, dove fa il “poete maudit” e lo chiamano Piero l’italianò, e nel ’63 esce il suo primo LP, proprio Piero Litaliano, già pervaso di quella soffusa malinconia che lo accompagnerà fino alla fine, ma dove manca invece la vena umoristica e disincantata degli anni a venire (parliamo, comunque, di un album dove troviamo perle quali fino all’ultimo minuto, lungo treno del sud, non chiedermi più… ). L’album, musicato da Reverberi, non ottiene grandi riscontri, pertanto Ciampi ritorna nell’ombra, scrive per altri, incide qualche 45 giri, ma il pubblico non si accorge di lui. Nel 1971 si tenta il rientro in grande stile, con il secondo album, Piero Ciampi, eccezionale anche nel packaging (con disegni dell’amico pittore Aldo Turchiaro). Qua si parla di un capolavoro (sporca estate, l’amore è tutto qui, il merlo, ma che buffa che sei, il giocatore, il natale è il 24, il vino, tu no, Livorno…), ma purtroppo anche questo album non riscosse il successo sperato. La produzione è già di Gianni Marchetti anche se in precedenza alcune canzoni erano state registrate con Elvio Monti e anche queste sono state recuperate nella nuova uscita Siamo in cattive acque. Nel 1973 un altro album importante, Io e te abbiamo perso la bussola, sempre con Marchetti, dove l’intreccio tra storie personali ben inserite però in un preciso contesto sociale spicca ancora come l’autentica forza delle storie poetiche di Ciampi (ha tutte le carte in regola, te lo faccio vedere chi sono io, il lavoro, mia moglie, in un palazzo di giustizia). L’ultimo album, Dentro e fuori, è del 1976 quando ormai Piero è afflitto da problemi di salute ed esistenziali che ne minano non certo la lucidità, ma a volte la limpidezza compositiva: il disco, tuttavia, offre ancora canzoni di disarmante bellezza (sul porto di Livorno, l’assenza è un assedio, cara, viso di primavera).

Per quanto mi riguarda, il compendio ideale della sua opera discografica è la raccolta l’album di Piero Ciampi, edita in vinile nel 1990, ma veniamo ora alla recente pubblicazione inedita, più rivolta ai completisti anche se potrebbe essere un’ottima occasione per scoprire/riscoprire un grande autore. Siamo in cattive acque, così voleva titolare il suo ultimo album lo stesso Piero Ciampi e qui si vuole omaggiare quell’intenzione ponendo a questa raccolta di inediti il titolo così scandalosamente attuale. Otto canzoni sono registrate con Elvio Monti nel 1967, tra cui spiccano triste triste (una prima versione di Livorno) e conphiteor. Tutto il primo periodo di Ciampi riporta inevitabilmente a un’Italia in bianco e nero, forse anche per le musiche da colonna sonora di Monti, per le immagini che dipinge con le parole e per il cantato da crooner tipico dell’epoca. Poi arriva la produzione di Gianni Marchetti, che veste di un leggero abito jazzato quella splendida donna che è la poesia di Piero Ciampi: 2 brani inediti e alcune versioni originali di canzoni poi nuovamente registrate per la pubblicazione (tra cui la splendida il lavoro, dove il bianco e nero è quasi pasoliniano per la forza delle immagini che riesce a evocare) e 6 provini registrati per farli sentire all’amica Nada che poi inciderà il disco Ho scoperto che esisto anch’io interamente scritto da Ciampi: da evidenziare come faceva freddo, per la ruvidezza poetica del testo – qui presentato nella prima versione – ma che consiglio di andare a riascoltarsi anche nella versione poi incisa da Nada, un’interpretazione da brividi e un’interprete di un’altra categoria (oggi tutti insegnano la tecnica vocale, importante ovviamente, ma per insegnare “come” interpretare un testo dovrebbero far ascoltare gemme come questa). Completa il tutto un secondo disco con provini e canzoni incomplete, senza orchestrazione.

Ne esce un Ciampi diverso? Direi di no, quanto si può ascoltare in questi preziosi ritrovati è ancora semplicemente la voce di Piero Ciampi, la voce di un poeta, spesso dipinto come triste e negativo (per le immagini realiste che descriveva, una realtà disillusa e proletaria), ma che invece ha sempre avuto una prospettiva anche positiva (se non altro per il sol dell’avvenire del P.C.I., livornese come lui…). Il velo di disincanto che innegabilmente è presente in molte sue composizioni è, infatti, spesso bilanciato da una vena ironica altrettanto innegabile (don chisciotte, andare camminare lavorare o la sublime il merlo); accanto al triste palazzo di giustizia e al lavoro che non c’è, si trova sovente un filo di speranza (spera! Mira, spera…). Siamo in cattive acque, insomma, caro Piero, ma secondo una tua nota locuzione… Notte / chi se ne fotte.

© Stefano Simonato per instArt