Nell’Edda di Snorri è scritto: “I nove mondi sono sorretti dal frassino Yaggdrasill, alto tronco lambito da limpide acque. Yaggdrasill è il più imponente e il migliore degli alberi. I suoi rami si stendono su tutto il mondo e coprono il cielo. Da essi cadono, sulla terra, come gocce di rugiada, stille di miele di cui si nutrono le api. Tre radici reggono l’albero e si diramano estendendosi in tre diverse direzioni. (Snorri Sturluson: Prose Edda, Gylfaginning – 15)

Nella mitologia scandinava i modi che compongono il cosmo sono sostenuti da un frassino che ne è l’asse portante e il centro vitale. Le sue radici si spingono nelle profondità degli abissi e le sue fronde sfiorano le vertigini dei cieli, unendo ciò che stà in basso a ciò che lo sovrasta.

Per i lavori del milanese Giorgio Pinardi per voce sola, o meglio per voci sola (Yggdrasyll e Mitclàn) sono state già spese parole di encomio molto importanti. Si ha buon gioco dunque nell’accodarsi a coloro che hanno gridato al miracolo e si sono sperticati in lodi ed in analisi musicologiche tra le più raffinate e pertinenti.

Naturalmente, tutto assolutamente legittimo e giustificabile. Non servirà ripetere, saranno sufficiente i rimandi. I riscontri puntuali non mancano. Ascoltando i suoni delle sue incisioni si capisce immediatamente di trovarsi di fronte ad opere d’arte vocale di grande caratura e complessità e di grana tra le più fini e rare.

Non c’è proprio da sorprendersi o da stupirsi per tanta meraviglia nell’ascoltare quelle armonie e vocalizzi, quanto da considerare che non si tratta di materia comune. E’ certo possibile, come è stato fatto, individuare ispirazioni e contiguità. Nel tessuto sonoro di quei lavori sono in bella evidenza trame sottili ed un solido ordito che vedono voci e sentono immagini trasmesse da una tradizione di canto sperimentale non solo italiana.

Contaminazioni tra elettronica e vocalità tra le più diverse, meditate, metalinguistiche e metafisiche. Le voci che abitano Pinardi danzano nella luce della sua creatività e nella multiformità dei suoi interessi e contaminazioni che si spingono in tutte le direzioni, tempi e latitudini. Slegato da ogni volontà d’imitazione, s’incatena solamente al proprio estro e alla propria ispirazione.

L’impervia strada che porta la voce a farsi strumenti diversi (percussioni, ance, archi, vibrafoni, ecc.) pur essendo già stata percorsa riserva sempre continue novità e varianti. Soprattutto quando la ricerca musicale si affianca ad un percorso di tipo religioso e mistico, estetico ed estatico.

Non è proprio il caso di parlare di World music o di New Age,non è questo il contesto giusto. La ricerca di Pinardi trascende le varie mode musicali e perfino le canoniche classificazioni. Non si sbaglia nel dire che la sua precisa intenzione è quella di mettere in risonanza la propria voce e il proprio corpo, diventando quasi una cassa armonica di quella vibrazione universale che percorre ognuno di noi, che molto spesso non viene percepita a livello cosciente ma sulla quale dovremmo tutti sintonizzarci.

Per Giorgio Pinardi, evidentemente, la voce in musica non deve intendersi solamente come intrattenimento o diletto; non è un ornamento, un esotismo, una decorazione effimera che dura lo spazio di un momento; è strumento di conoscenza di se e del mistero dell’esistere; è esplorazione di ciò che è recondito e celato nelle pieghe del nostro quotidiano; è ricerca di un’armonizzazione con le forze telluriche ed uraniche che contengono e sorreggono la materia di cui sono fatte le cose. Molte cosmogonie delle più diverse tradizioni culturali raccontano che fu il canto della divinità a dare inizio alla creazione di ciò che è; a loro volta, le creature imitano e rispondono al loro demiurgo cantandone le lodi.

E’ il canto a dare la vita ma anche a toglierla. Le rapaci sirene di Ulisse e il mito di Orfeo ne sono un chiaro emblema. Ad Orfeo, il cantore figlio di Apollo e di una Musa, fu concesso dagli dei inferi di riportare in vita la sua sposa Euridice. Disceso nel regno dei morti con il suo canto ammansì Caronte e Cerbero ma non rispettò le prescrizioni di non guardare il suo riconquistato amore durante l’ascesa verso la luce e finì per perderlo per sempre. Il tragico eroe finì dilaniato dalle menadi a cui si era negato, la sua testa staccata dal busto gettata in acqua e trascinata dalla corrente, tra i flutti continua ancora a cantare del suo amore perduto.

Allo stesso modo, la voce del cantore Pinardi continua a rimandare a quel mondo di miti e di simboli; traccia e riscopre legami con un passato remotissimo e lontano mentre getta i suoi richiami verso un futuro che non sembra più così lontano.

Nella mitologia azteca e prima ancora tolteca, Xolotl è il dio, nato da una vergine e rappresentato in forma di cane crocifisso, che, con il proprio guaito e gli ululati, accompagna i morti nel loro viaggio verso l’oltretomba. Il difficile e penoso sentiero che conduce attraverso i mondi inferi in cui si estende Mictlàn il mondo dei morti, può essere superato solo grazie all’intercessione del cane nero che aiuta e precede i morti o, al contrario, li condanna a restare intrappolati per l’eternità nel ghiaccio, nel fuoco e nei tormenti di quell’orribile dimensione. Il premio per i guerrieri defunti più valorosi che riusciranno a compiere l’intero percorso seguendo agili le orme di Xolotl , è di trasformarsi in meravigliose farfalle e leggeri colibrì.

Giorgio Pinardi con le gocce di miele della sua voce ci guida, dagli abissi del mondo infero su per l’albero della vita, dalle profondissime radici fino alle aeree fronde, in forma di cane, di insetto o di uccello e in tutti gli altri travisamenti che la sua arte gli permette. La sua voce è fuoco, tocco, ombra, presenza, segnale, cenno, respiro, sta a noi seguirla se vogliamo trascendere il mondo della materia trasformandoci in soffio leggero o in evanescenti ali.

Giorgio Pinardi aka MeVsMyself,

Yggdrasill (2015)

Mictlàn (2019)

CD pubblicati a cura dell’Associazione Alterjinga

© Flaviano Bosco per instArt

Share This