Yu Du

Il tono del Festival Udine Castello, che ormai da diversi anni anima con i suoi matinée le domeniche di ottobre, quest’anno, grazie anche alle vicende professionali della sua organizzatrice Luisa Sello, ha assunto un tono decisamente internazionale, con un particolare gusto per il mix di tradizioni (musicali) diverse. Scelta audace, questa, in tempi di dilagante sovranismo, ma interessante per i confronti possibili fra la nostra cultura musicale e quella millenaria della Cina.

Il gruppo China – Europe ensemble costituito per l’occasione dalla Sello, infatti, propone un programma che accanto al flauto e pianoforte tradizionali, vede protagonisti il dizi, il flauto traverso tradizionale cinese, e il guzheng, il salterio cinese, da soli o in accoppiata con strumenti occidentali ed è costituito, oltre che dalla Sello, da Han Guoliang e Binbin Hu ai flauti, da Du Yu al guzheng, da Yan Shuyuan al dizi e da Aurora Sabia al pianoforte.

Si attacca dunque con un brano di tradizione occidentale, l’Andante e rondò per due flauti e pianoforte di Franz Doppler, flautista austriaco vissuto nell’800, del quale danno una bella e convincente interpretazione Han Guoliang e Luisa Sello ai flauti e Aurora Sabia al pianoforte.
È poi la volta di quattro brani di musica tradizionale cinese che vede protagonisti il flauto di Guoloiang, il dizi di Shuyuan e il guzheng di DuYu nel primo brano, il dizi con guzheng nel secondo, solo il guzheng nel terzo e flauto (moderno) e guzheng nel quarto. Qui le capacità critiche di un ascoltatore occidentale si fermano e resta solo l’estatica ammirazione per le esotiche sonorità della musica cinese, eco di mondi lontani che ammalia l’ascoltatore come il riflesso delle rilucenti sete del vestito di Du Yu.
La magia di questi attimi si chiude con il Trio in sol maggiore op.119 per due flauti e pianoforte di Friedrich Kuhlau, eseguiti con la solita perizia da Luisa Sello, Han Guoliang e Aurora Sabia.

Alla fine, i prolungati applausi convincono l’ensemble China – Europe a concedere un bis nel quale tutti gli esecutori sono coinvolti in un brani tradizionale cinese in cui tutti suonano e cantano, ovviamente, nella loro lingua madre.

Sergio Zolli © instArt
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