Foto © 2019 Luca A. d’Agostino / Phocus Agency

Da uno scavo archeologico, solo qualche anno fa, nelle campagne di Terzo d’Aquileia a un tiro di schioppo dalle vigne di Cormòns dalle quali è stato tratto il nettare della pace che si gusta durante l’omonimo festival jazz, emerse un orcio di età micenea che conteneva ancora tracce biologiche di vino. Ulteriori approfondimenti hanno dimostrato che, non solo la coltura del vino nel nord Adriatico è da retrodatare di almeno mille anni, ma che aveva già in quell’epoca assunto modalità di consumo diverse da quelle liturgiche e sacrali. L’orcio è venuto alla luce in un contesto che gli archeologi considerano come un luogo per il consumo sociale del frutto della vite. In parole povere, la prima osteria con mescita di vino della storia europea. Ai tempi di Ulisse, attorno al fuoco, nelle sere d’autunno, sorseggiando la rossa bevanda degli dei, in luoghi come questo molto probabilmente già si raccontava del Minotauro e del labirinto che lo custodiva.

Il gruppo musicale Area è sempre stato un progetto aperto, ardito, spericolato, multiforme, democratico e, in buona sostanza, rivoluzionario e soprattutto gioioso.

L’unica mitraglia di libertà per cui ancora valga davvero la pena di scendere per le strade della musica d’arte italiana insieme alla gente che sa amare.

Fuor di metafora, per chi cerca l’autentica sorgente del pop sperimentale, militante e d’avanguardia nel nostro paese non ha che da rivolgersi all’antropofago Patrizio Fariselli e ai suoi tanti progetti.

Vecchio amico del Friuli Venezia Giulia, lo avevamo visto di recente in un magnifico piano solo a San Giorgio di Nogaro, il membro fondatore e la mente degli Area ha una carriera nel mondo della musica che oltrepassa di un pezzo i cinque decenni. Infatti, fin da bambino girava già le balere d’Italia con la famosa orchestra di liscio Fariselli e ormai bambino non lo è più, se non nell’energia e nel cuore che trasmette attraverso la sua musica.

In tutti questi anni, la sua ricerca musicale non ha avuto un attimo di tregua; l’esperienza degli Area è stata di certo fondamentale ma non c’è nel suo lavoro nemmeno un pizzico di nostalgico revival, anzi è vero il contrario. Chi ha avuto la fortuna di seguirlo nel corso degli ultimi decenni può testimoniare il fatto che la riproposizione del repertorio storico non è mai stata retorica e “passatista” ma frutto di una continua rielaborazione in sinergia con altre menti creative come la sua.

Ci sono state varie reunion, tour e incisioni con gli altri membri storici della band (Ares Tavolazzi, Paolo Tofani e il compianto Giulio Capiozzo), quasi una per decennio dalla scomparsa di Demetrio Stratos nel 1979 ma la costellazione Area non ha mai smesso di generare le sue energie gravitazionali sempre con la guida di Fariselli. Certo l’epoca di Stratos è stata una meteora tra le più splendide che si siano mai viste ma non è stato che un momento di un percorso altrettanto fecondo che ancora non smette, per fortuna, di regalare stupende emozioni.

Esattamente come quelle del concerto al Kulturni Dom di Nova Gorica per Jazz & Wine of Peace. La nuova incarnazione della band prevede il band leader Fariselli alle tastiere elettroniche e al pianoforte, Marco Micheli al basso elettrico, Walter Paoli alla batteria e Claudia Tellini alla voce.

L’esibizione ha regalato sia nuove interpretazioni di alcuni dei capolavori del repertorio classico della band, sia il nuovo splendido materiale tratto dall’album 100 Ghosts uscito a nome di Fariselli per la Warner Music Italy (2018).

Tra i brani del nuovo repertorio che si fanno notare c’è Danza del Labirinto che, come dice la presentazione sul sito www.patriziofariselli.net ribadita prima dell’esecuzione: “Una canzone tradizionale greca che cela, nella sua lenta scansione ritmica in cinque quarti, il residuo fossile di un’antichissima danza antecedente il tempo mitico di Teseo e del Minotauro nel labirinto di Cnossos. Collegata ai riti orgiastici della fertilità, questa danza richiama, nelle sue convoluzioni spiraliformi, la divinazione che si praticava scrutando i visceri degli animali”.

La ricerca etno-musicale storica e archeologica è sempre stata una delle caratteristiche fondamentali del gruppo. Il concerto si è, infatti, aperto con l’evocativa Cometa rossa con il meraviglioso testo in lingua greca. Sembrava impossibile rendere ancora le inaudite emozioni della voce di Stratos e, invece, il miracolo è avvenuto. Il merito va tutto alla cantante e ai nuovi arrangiamenti che innovano e trasformano, invece di mummificare un passato che rivive, invece di imbalsamarsi in quelle eterne riproposizioni da cover band che ne dissanguano l’autentica energia rivoluzionaria.

E’ proprio tutto qui il genio di Fariselli che continua a mutare forma e a “liberare” le proprie composizioni perfino da se stesso, in una continua rigenerazione che, per di più, incontra pienamente il gusto sia dei fan della prima ora, sia di quelli che scoprono solo ora quel grande tesoro di musica e militanza.

Essenziali per la perfetta riuscita del progetto, gli altri ottimi musicisti che compongono la band, sostanzialmente una solida sezione ritmica. Walter Paoli, dalla carriera musicale trentennale, è uno dei migliori batteristi italiani della scena jazz e pop, con collaborazioni d’altissimo livello e concerti nei più importanti festival del mondo (Montreux, Umbria Jazz, Montreal). E’ membro stabile degli Area dal 2011 e vanta una preparazione e un gusto per le pelli della batteria da vero maestro. Il tocco del fuoriclasse lo si riconosce dai piccoli segreti con i quali impreziosisce i suoni dei suoi beat. A volte, per esempio, per dare un effetto del tutto particolare ai suoi piatti, invece di percuoterli con le bacchette li colpisce delicatamente impugnando un piccolo cembalo del suo drumset.

Medesimo discorso vale anche per Marco Micheli, bassista elegante e sornione, dall’aria compassata ma in perfetto accordo con gli altri musicisti. Della sua formazione e incredibile carriera assieme ai musicisti più importanti della scena jazz italiana e internazionale, non è nemmeno il caso di accennare, si ricorderà solamente che nel 1982 fece parte del gruppo di Ginger Baker in un memorabile un tour europeo. Il mitico batterista dei Cream ha abbandonato, pochi giorni fa, la nostra valle di lacrime per raggiungere gli altri dei della musica nel Valhalla dei percussionisti.

Il concerto si è quindi inerpicato per le strade del blues per poi scivolare funkeggiando giù tra le rive del groove di Signora dei viaggi, una splendida canzone di Fariselli che sembra scritta apposta per la Tellini che, con garbo ed ironia, la personalizza in forma quasi teatrale (Ieri ho smarrito la mia borsetta appena comperata, meno male, era nuova e non mi ero ancora affezionata)

Dal repertorio storico è seguito Giro, giro, tondo in una vibrante interpretazione che soggioga, stritola, controlla e domina.

Non poteva mancare Efstratios, un brano, evocativo e lirico, tutto strumentale scritto “in memoria di un vecchio caro amico” come ha detto Fariselli. Particolarissima la distorsione del basso di Micheli che, unita agli effetti e alle tastiere elettroniche, ha contribuito a dare al pezzo una profondità del tutto inaspettata, quasi una dilatazione temporale così come la memoria della voce levantina e arcaica di Stratos continua ad affiorare sotto le dita sapienti e attente del pianista. Come dicevo prima, paradossalmente, l’assenza di Demetrio non si fa sentire, ma si avverte.

Dopo le vibrazioni elleniche in musica contemporanea ci si è trovati davanti alle variazioni su Gerontocrazia, un brano davvero programmatico del porfolio Area con un testo politico tra i più duri e profetici della canzone di lotta italiana: L’esperienza quotidiana del terrore ti lascia soltanto me. La violenza consumata nell’amore ti spinge incontro a me. Durante l’esecuzione, per nulla interlocutorio è sembrato l’assolo di batteria di Paoli che ha mirabilmente frammentato la performance in una miriade di schegge ritmiche luminose, diafane e traslucide come i centinaia di fantasmi evocati nell’ultima incisione della band.

Senza soluzione di continuità si prosegue con L’elefante bianco; alla fine dell’intersezione tra i due brani, Fariselli rivolgendosi alla cantante per manifestarle tutta la sua soddisfazione: “Claudia, Tanta roba!”

Gli Area hanno raccontato poi del folle volo di una mela e di una foglia verso un mondo rotondo, pieno di gente felice dove iniziò un grande girotondo, La mela di Odessa è una favola politica che ha ancora molto da insegnarci. Per quanto riguarda Il bandito del deserto, il nemico è di certo la resa. Le note della canzone sono risuonate proprio nel momento nel quale le truppe speciali americane, in Siria, scatenavano una brutale caccia all’uomo contro il criminale Abu Bakr al-Baghdadi.

La poesia araba che introduce Luglio, agosto, settembre nero ha ricordato a tutti le sofferenze del popolo palestinese e di quella martoriata parte del mondo: Lascia la rabbia, lascia il dolore, lascia le armi e vieni a vivere con la pace.

Ultimo brano come in quasi tutti i concerti del gruppo da quando esiste, l’iconica Gioia e rivoluzione. L’incredibile, piacevolissima sorpresa è stato il medley con The Wind Cries Mary di Jimi Hendrix. Ancora una volta è stata l’interpretazione della voce setosa e calda di Claudia Tellini a impreziosire l’impensabile.

Fantastico anche il vino della cantina slovena Fornazarič, generosamente offerto nel foyer del teatro agli spettatori a fine del concerto, un uvaggio barricato Rosso Rubino, naturalmente, come le cose più buone.

Forse un di sapremo quello che vuol dire affogare nel sangue con l’umanità” …ma non oggi!

© Flaviano Bosco per instArt