Consueto pienone di pubblico per  il concerto al Giovanni da Udine che ha visto protagonisti la Luzerner Sifonieorchester diretta da James Gaffigan e il violinista GIìl Shaham, che hanno proposto un programma basato su musiche di Felix Mendelssohn Bartholdy e Jean Sibelius.

Il concerto inizia con la celebre Die Hebriden (FIngals Höble) Ouverture op. 26, una composizione del 1829 ispirata dalle sensazioni suscitate da un viaggio in Scozia dell’autore appena ventenne. Il suggestivo inizio viene attentamente calibrato da Gaffigan con un’attenta calibratura dei volumi sonori, cosa che gli consente l’orchestra eccellente che si trova a dirigere, e il prosieguo è un’emozionante viaggio nei temi e nelle sensazioni che offre questa luminosa partitura. Colpisce particolarmente la qualità dei fiati che è veramente eccellente (in particolare i clarinetti) come precisione ritmica e di bellezza di suono. Il risultato è un Mendelssohn coinvolgente ed emozionante che viene premiato dai calorosissimi applausi del pubblico udinese.

Segue poi il celebre Concerto per violino e orchestra in mi minore op. 64 che Mendelssohn scrisse nel 1844, uno dei concerti più acclamati per violino che vede solista Gil Shahm che con il solo con cui inizia questa pagina incanta immediatamente immediatamente il pubblico. Shahm ostenta una naturalezza straordinaria anche nei passaggi più impervi (e qui non mancano!) con il bellissimo suono del suo Stradivari, che con la  sua voce adamantina sa valorizzare ogni momento di questa preziosa partitura. Shahm ha un livello tecnico di qualità elevatissima che gli consente di scandagliare con facilità ogni atmosfera di questo capolavoro dalle atmosfere meditative dell’Andate a quelle romanticissime dell’Allegro molto appassionato a quelle festosamente virtuose dell’Allegro ma non troppo- Allegro molto vivace, con un crescendo di emozioni che il pubblico, alla fine, premia con calorosissimi applausi. Shahm concede poi due bis in coppia con il primo violino dell’orchestra, in cui propone un Pizzicato di Bela Bartok e una Gavotta di Jean Marie Leclair.

La seconda parte della serata vede l’esecuzione  della Sinfonia n. 2 in re maggiore op.43 di Jean Sibelius. Composta, anche in Italia, fra il 1901 e il 1903, questa è forse la più celebre fra le sue sinfonie e la critica vuole che ci sia in essa un’intenzione programmatica per ciascuno dei quattro movimenti. Sia come sia, comunque, è un lavoro ricco di contrasti espressivi che richiede un grande impegno direttoriale e una notevole maestria da parte dei professori dell’orchestra. Impegno cui entrambi fanno  fronte con bravura, rendendo con grande perizia le diversificate atmosfere di questa sinfonia, con un crescendo emozionale dall’Allegretto iniziale fino alla solennità del Finale: Allegro moderato.

Alla fine, è standing ovation e bis con il Valse triste di Sibelius.

@ Sergio Zolli per instArt

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