Commedia, commedia! Commedia dell’Arte con la musica del Cinque e Seicento portata in scena la scorsa sera al Comunale di Monfalcone dall’Accademia Strumentale Italiana (Luigi Lupo ai flauti, Davide Monti al violino, Claudia Pasetto alla viola da gamba tenore Alberto Rasi alla direzione e alla viola da gamba bassa, Beatrice Pornon al liuto e alla chitarra e Sbibu alle percussioni) assieme all’attore Lorenzo Bassotto e al soprano Elena Bertuzzi è la riproposta di un genere, quello della Commedia dell’Arte, ormai abbastanza desueto nei cartelloni teatrali italiani. Desueto anche per la forma data allo spettacolo, in cui il gruppo strumentale interloquisce attivamente con gli attori fino a diventare personaggio esso stesso.

Lo spettacolo ripercorre in forma di monologo l’ascesa, la popolarità e il declino della Commedia dell’Arte attraverso la vicenda esistenziale dell’attore rinascimentale Francesco Andreini, un ex soldato che, divenuto attore e ingaggiato dalla Compagnia dei Gelosi assieme alla moglie Isabella Canali, si esibì alla Corte di Enrico IV di Navarra Re di Francia (antesignano della libertà religiosa. Suo è il celebre detto “Parigi val bene una messa”), per poi cessare bruscamente l’attività con la prematura morte di Isabella e dedicarsi esclusivamente all’attività divulgativa. Ebbene, lo spettacolo odierno si propone di esplorare la satira delle maschere più celebri della Commedia dell’Arte (Arlecchino, Pantalone, Balanzone e Colombina) accostandone i caratteri e i linguaggi con l’alternarsi delle forme musicali dell’epoca. A proposito di queste ultime, meritano particolare menzione i brani, scelti ed eseguiti con criteri rigorosamente filologici grazie anche all’impiego di strumenti originali dell’epoca, o copie di essi, che hanno contribuito a ricreare le particolari sonorità in uso all’epoca del tardo Rinascimento. La musica introduce lo spettacolo con il Ballo del Gran Duca e Sciolta, di Anonimo del XVI secolo, e intervalla i monologhi di Bassotto, indiscusso mattatore della serata. Monologhi di grande impegno espressivo, si badi bene, in cui l’attore sa spaziare  agevolmente in una gran varietà di registri linguistici ed espressivi, con repentini passaggi dal comico al serio e al malinconico, dallo sberleffo al registro aulico, con un ritmo ed una rapidità che non danno tregua al numeroso, e partecipe, pubblico del Comunale monfalconese. Ritmo rinforzato dalla musica, un florilegio di brani- circa una ventina- estremamente rappresentativi del periodo rinascimentale, anch’essi oscillanti fra il malinconico, come la Passacaglia della vita di Anonimo del XVII secolo o la Pavana Mille Regretz di Josquin des Prés, l’ironico, Matona mia cara di Orlando di Lasso e Vecchie Letrose di Adrian Willaert, il languido, vedi Il estoit une fillette di CLement Janequin o Non posso abandonarte di Peregrinus Cesena Veronensis, e il gioioso, come Damigella tutta bella di Vincenzo Calestani, dando vita ad una serrata interazione fra musica, canto e recitazione che viene molto apprezzata dal pubblico, complice anche la bravura dei musicisti che sanno in certi momenti anche passare dalla musica rinascimentale al jazz, vedi la particolarissima esecuzione della Passacaglia della vita, o eseguire delle diminuzioni tecnicamente impegnative e musicalmente avvincenti, come quelle poste in essere dal flautista Luigi Lupo o dal violinista Davide Monti. Particolarmente apprezzata appare poi l’esibizione della cantante Elena Bertuzzi che si rivela non solo in possesso di grandi mezzi espressivi ma anche di una presenza scenica notevolissima.

Applausi vivissimi salutano la fine di questo splendido spettacolo. L’entusiasmo è tale che l’ensemble concede un bis con Damigella tutta bella.

Sergio Zolli © per instArt

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