Foto di Alessandro Serra ©

Uno spettacolo veramente intenso, forse il migliore tra quelli che abbiamo visto finora al Giovanni da Udine. Una scenografia da cubismo claustrofobico imprigiona Umberto Orsini, Lucia Lavia, Renata  Palminello, Pietro Micci, Chiara Degani, Salvo Drago Flavio Bonacci. Ma il prigioniero vero è “Il costruttore Solness”, l’imperturbabile anziano che gareggia con i giovani e viene sconfitto dalla sua titanica sfida, quasi una torre di Babele della contemporaneità. Quasi, perché Ibsen ha scritto Il Costruttore Solness a fine ottocento. Dramma di grande verità, comunque, che supera ogni delimitazione storica,dramma di ieri e di oggi con il teatrone udinese a interrogarsi sul perché di questa furia iconoclasta del vecchio Solness davanti alla gioventù, nella quale sembra non credere, ma in realtà alla quale cerca di togliere i sogni.

La sua giovane amica tuttavia non sarà disponibile a rinunciare ai sogni e si proporrà con prepotente audacia, perché vuole il suo castello sognato che lui le ha promesso. Il dramma non concede soluzioni né nel teatro classico né in quello assolutamente contemporaneo di Ibsen. L’uomo che sfida gli dei con le sue torri è destinato a cadere nel vuoto, vittima della sua vertigine di potere.Il delirio è una sorta di rilettura della storia della torre di babele e la scenografia rende al meglio ogni aspetto con un rumoroso moto di corpi e di volumi sul palcoscenico che valgono lo spettacolo, che anticipano silenzi carichi di attesa e inducono ad una riflessione sulla vita e sul suo scorrere  mobile, senza sosta e senza ritorno, nonostante la pervicace ostinatezza di Solness. Solness, vittima del suo essere costruttore, è l’eccellente Orsini, la regia di Alessandro Serra offre una mirabile potenzialità espressiva alla Compagnia Orsini e al Tetro Stabile dell’Umbria. Il Costruttore Solness è proposto al Giovanni da Udine anche la serata del 20 marzo e del 21 alle 20.45
Mercoledi 20 marzo alle 17.30 Umberto Orsini a la Compagnia incontrano   il pubblico nel foyer.
Conduce  Roberto Canziani
© vito sutto per instArt
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