A causa della positività al Covid di uno dei protagonisti in scena, lo spettacolo ‘Nota Stonata’, programmato per mercoledì 26 gennaio al Nuovo Teatro Comunale di Gradisca d’Isonzo, è rinviato. Lo spettacolo andrà in scena martedì 15 febbraio 2022, alle 21. ‘Nota stonata’ di Didier Caron, con Giuseppe Pambieri e Carlo Greco, per la regia di Moni Ovadia (aiuto alla regia Mario Brandolin) è una produzione Golden Show Trieste in coproduzione con Teatro della Città di Catania e Festival Teatrale di Borgio Verezzi. Siamo ai primi anni ’90. L’azione si svolge presso la Filarmonica di Ginevra, specificatamente nel camerino del direttore d’orchestra di fama internazionale, Hans Peter Miller. Alla fine di uno dei suoi concerti, Miller, rientrato in camerino, viene importunato più volte da uno spettatore invadente, Léon Dinkel, che si presenta come un grande ammiratore del maestro, venuto appositamente dal Belgio per applaudirlo. Comunque più il colloquio, fra i due, si prolunga più il comportamento di questo visitatore diventa strano e oppressivo. Finché si giunge a scoprire un oggetto del passato… Chi è dunque questo inquietante Signor Dinkel? Ma soprattutto cosa vuole realmente dal direttore Miller ? «Il regista, produttore e organizzatore teatrale Alessandro Gilleri – spiega nelle sue note Moni Ovadia – un giorno mi ha telefonato e mi ha chiesto a bruciapelo: ”La faresti la regia di un testo di prosa, un Kammerspiel con due attori? Poi passando al dialetto triestino ha soggiunto senza darmi tempo di replicare – prima de risponderme te lo legi e poi te me disi”. Gli ho fatto fede pensando: “se si è rivolto ad un pusher di teatro eterodosso come me che ho spacciato molte cose ma mai la Prosa, ci deve essere sotto qualcosa di intrigante.” Ed è stato così. La pièce di Didier Caron, “La Nota Stonata” è, a mio parere, un testo teatrale deflagrante. Dopo poche folgoranti quanto semplici battute di dialogo mi sono sentito agguantare per l’anima e il basso ventre e quella sensazione non mi ha mollato più fino alla parola fine. L’ho letto d’un fiato, a bout de souffle. Quali problemi si pongono alla regia? A parte l’impianto scenico che a mio modo di sentire, pur svolgendosi la pièce interamente nel camerino di un direttore d’orchestra, deve avere elementi allusivi e trasfiguranti così come le luci, la regia deve porsi al servizio dello scavo attoriale per guidare, sostenere, provocare ed “estorcere agli attori” una totale immersione in una temperie prima ancora che in una messa in scena teatrale. Lo sforzo deve essere quello di costruire una complessa partitura in forma musicale, le cui note, i fraseggi, le pause e le dinamiche siano i movimenti intrapsichici dell’interpretazione, le reazioni, le titubanze, le messe in iscacco, le entrate in una suspance e le uscite, per entrare in una nuova tensione che coinvolgano e travolgano lo spettatore per renderlo testimone di ciò che è terrificante nell’umano e proporgli una possibilità di redenzione alla quale può accedere solo chi sia disposto ad avere coscienza di quale inferno l’essere umano può essere capace di inventare contro il proprio simile».

comunicato stampa

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