Sacile, 04/12/2021 – Teatro Zancanaro – Circolo Controtempo – Il Volo del Jazz 2021 – SUBA – Omar Sosa & Seckou Keita – Omar Sosa: piano, voce – Seckou Keita: kora, voce – Gustavo Ovalles: percussioni; – Foto Luca A. d’Agostino / Phocus Agency © 2021

Il concerto di chiusura della 17 edizione de il Volo del Jazz ha scrutato nel futuro più remoto della musica scoprendone le radici più antiche nel cielo di un istante eterno. L’eccezionale concerto di Omar Sosa presentava “Suba”, l’ultimo suo progetto musicale insieme al suonatore di Kora e cantante, il senegalese Seckou Keita e al percussionista venezuelano Gustavo Ovalles.

Non bastano le ovazioni e i superlativi per descrivere le emozioni provate in quei momenti che resteranno scolpiti per sempre nella memoria dei tanti che affollavano platea e galleria del teatro Zancanaro di Sacile.

Mentre la marea nera dell’ennesima ondata epidemica monta e si abbatte sull’Europa attonita e muta, non c’è niente di più adatto per scongiurare la paura e la disgrazia che il rito propiziatorio e apotropaico della musica, soprattutto quando è officiato da autentici sciamani come Sosa e i suoi pari.

E’ stato detto centinaia di volte ma non nuoce ripeterlo, rispettare i sacrosanti presidi medici voluti dal buon senso, dalla scienza medica e dalla normativa è giusto ma non è sufficiente. Se vogliamo vincere questa battaglia sanitaria che sembra non finire mai (The Battle of Evermore) conservando anche la nostra salute mentale, dobbiamo rimanere saldi soprattutto nello spirito. Solo la musica ce lo consente proprio come sosteneva Schopenhauer:

“La musica, la quale oltrepassa le idee, è del tutto indipendente anche dal mondo fenomenico, semplicemente lo ignora, e in un certo modo potrebbe continuare ad esistere anche se il mondo non esistesse più: cosa che non si può dire delle altre arti. La musica è infatti oggettivazione e immagine dell’intera volontà, tanto immediata quanto il mondo, anzi, quanto le idee, la cui pluralità fenomenica costituisce il mondo degli oggetti particolari. La musica dunque, non è affatto, come le altre arti, l’immagine delle idee, ma è invece immagine della volontà stessa, della quale anche le idee sono oggettività: perciò l’effetto della musica è tanto più potente e penetrante di quello delle altre arti: perché queste esprimono solo l’ombra, mentre essa esprime l’essenza”.

E’ vero che sembrano astrusità e inutili filosofemi ma ci dimentichiamo spesso dell’assoluta esistenziale, importanza della musica. La civiltà dei consumi ci ha abituato a ingurgitare qualunque cosa senza troppo riflettere, tutto è merce da desiderare, comprare, consumare ed espellere, soddisfacendo solo i nostri bisogni primari e i nostri piaceri più immediati.

Sacile, 04/12/2021 – Teatro Zancanaro – Circolo Controtempo – Il Volo del Jazz 2021 – SUBA – Omar Sosa & Seckou Keita – Omar Sosa: piano, voce – Seckou Keita: kora, voce – Gustavo Ovalles: percussioni; – Foto Luca A. d’Agostino / Phocus Agency © 2021

Per fortuna esistono artisti che sono in grado di trascinarci ancora verso una dimensione più spirituale e degna. Troppo spesso andiamo ai concerti semplicemente per deliziarci e passare un paio d’ore di svago; niente di male ma non può essere sempre così, la musica è anche qualcos’altro e Omar Sosa con i suoi fratelli in musica lo sanno bene: è soprattutto speranza di futuro e di una nuova aurora che riporti la luce e la concordia in questo nostro mondo preda della follia.

La dichiarata “missione” del musicista cubano è proprio questa. Con le sue parole, da una intervista a Radio Popolare di qualche anno fa:

“Libertà, spazio, silenzio e unità, questa è una sintesi di quello che viviamo e vogliamo esprimere attraverso le note, quando pensiamo ad un progetto musicale la cosa che non vogliamo è esprimere muscoli, forza bensì scene contemplative: spazi, silenzi cose che non sono tanto frequenti nella musica caraibica e afrocubana ma che, nel profondo sono presenti. Come artisti non possiamo rimanere indifferenti a quello che succede nel mondo con la violenza politica, l’immigrazione, le problematiche ambientali; un artista deve prendere posizione e fare un passo avanti, la nostra risposta attraverso la musica è creare una connessione con le energie di amore e di pace stimolando le persone ad aprire il proprio cuore e le proprie mani verso il prossimo.

E’ la nostra missione, non possiamo girare la testa dall’altra parte, mettere una coperta davanti alle finestre, se vedi quello che succede devi almeno dire qualcosa altrimenti non arriveremo mai a migliorarci, soprattutto dal punto di vista spirituale. Il nostro mondo crede tantissimo nella velocità e nell’informazione, va bene ma non dobbiamo dimenticarci che essere umani vuol dire condividere e rendere le persone felici. La musica è una risposta d’amore, attraverso cui puoi comunicare alla gente che l’amore esiste. Quando tutto scorre e va veloce ti dimentichi di parlare a te stesso e agli altri: Speranza, Unità, Libertà e Gioia.”

Al centro del palcoscenico dello Zancanaro troneggiava un’imponente kora vero cuore dell’Africa, baricentro esatto di ogni stile e di ogni cultura musicale arcaica e moderna. E’ lo strumento tradizionale per definizione quello le cui filiazioni sono innumerevoli, praticamente tutti i cordofoni antichi e moderni hanno la loro origine e la loro perfezione, dalla cetra a quelli a percussione di corde.

Alla sua sinistra quello che è considerato lo strumento artigianale contemporaneo più sofisticato in assoluto, un pianoforte Fazioli fornito a kilometri zero dalla stessa ditta sacilese. Ancora a destra tutta una serie di percussioni arcaiche e modernissime. In poche parole, per la serata finale del il Volo del Jazz, sulle assi del palcoscenico era schierata simbolicamente tutta la storia della musica.

La Kora “a metà strada tra un’arpa e un liuto, è uno strumento tipico dell’Africa Occidentale. Nella tradizione Mandinka è utilizzata soprattutto dai griot per accompagnare canti e racconti orali. E’ costituita da un bastone/manico sul quale sono applicate generalmente ventuno corde tese e alla cui estremità si trova un risuonatore realizzato con una zucca essiccata rivestita di pelle.” La kora di Keita è doppia presenta due manici e 42 corde ha un suono meraviglioso che qualcuno definisce perfino diabolico. Secondo una leggenda africana sarebbe stato proprio il signore del male a farne dono agli uomini per complicargli la vita (Luca d’Ambrosio, Musica migrante, Arcana 2019).

Angela Hewitt, tra le pianiste più celebri al mondo, riferendosi ai pianoforti Fazioli, ha dichiarato:

“La meccanica reagisce in modo straordinario ad ogni variazione di tocco e mi permette di riprodurre con le dita tutto ciò che immagino nella mia mente. Sono libera di suonare esattamente come desidero. Anche il suono è molto ricco di colori. Con il Fazioli posso ottenere grande potenza sonora ma anche una meravigliosa delicatezza che, ciononostante, non perde brillantezza. Le frequenze alte e i riverberi sono sempre presenti. E’ una sensazione straordinaria! Ha una limpidezza meravigliosa, specialmente nel registro basso.”

Sacile, 04/12/2021 – Teatro Zancanaro – Circolo Controtempo – Il Volo del Jazz 2021 – SUBA – Omar Sosa & Seckou Keita – Omar Sosa: piano, voce – Seckou Keita: kora, voce – Gustavo Ovalles: percussioni; – Foto Luca A. d’Agostino / Phocus Agency © 2021

Prima del concerto, scorrevano sullo schermo dello Zancanaro gli schizzi e i disegni degli artisti che hanno partecipato al progetto in collaborazione con il PAFF! Di Pordenone, “The Shapes of Jazz. Immagini come suoni, segni e note. Dalla Libera, Fagotti, Martin, Biscontin e altri hanno disegnato durante le esibizioni degli artisti, nel buio della sala, registrando come sismografi di grafite e carboncino, emozioni e vibrazioni che sembrano far cantare la carta e suonare le immagini. Disegnare tra le note è un’esperienza multisensoriale unica ma speriamo ripetibile. Tra fumetti e Jazz il rapporto è antico come spiegano perfettamente i libri di Flavio Massarutto (Assoli di China, Il Jazz Dentro, Mingus).

Occupiamoci ora dello specifico del concerto che per essere compreso merita ancora una piccola digressione in campo religioso.

Nella Santeria cubana, la religione sincretica nata nei Caraibi dalla fusione tra i culti degli schiavi africani Yoruba è l’imposta religione cattolica, gli Orisha sono divinità che si nascondono, associano e confondono con i santi del calendario liturgico romano; tra questi c’è Obatalà creatore della terra e scultore dell’essere umano; è la divinità pura per eccellenza, signore di tutto ciò che è bianco, della testa, dei pensieri, dei sogni e delle attività artistiche. Venne inviato sulla terra dal dio supremo Olofi per fare il bene e per governare il pianeta, è misericordioso, amante della pace, dell’armonia e della musica. Il suo colore è bianco.

Omar Sosa da diversi anni si presenta sul palcoscenico completamente vestito di bianco con un lumino in una mano e un doppio cordone rosso con il quale frusta l’aria in un rito propiziatorio rivolto agli Orisha che sempre precede la magia musicale che scaturisce dalle sue dita.

E’ stato così anche a Sacile

Quella che il trio di Sosa ha eseguito è una musica di un’intensità e dolcezza straziante, la voce di Keita è di una profondità e la kora unita al piano di Sosa contiene tutta la memoria e le distanze delle origini, i ritmi delle pelli di Ovalles sottolineano e sembrano un beccar d’uccelli o la pioggia che batte su un tetto di lamiera. In un crescendo quasi impercettibile questo ricordo d’Africa si trasforma in una danza sciamanica che Sosa accompagna anche alla tastiera elettronica con la mano sinistra mentre con la destra indovina accordi brillanti sul Fazioli, non è nemmeno più afro-cubanismo, è un sincretismo musicale e culturale in grado di superare ogni barriera nello spazio e nel tempo.

A volte la musica pare un soffio di vento caldo che promana dalla tastiera mentre la Kora fa da eco al pianoforte e la voce sussurra e medita, aggeggi sonori e strane percussioni suggeriscono versi d’animali in una mattina solitaria sul litorale, da una parte la musica, il mare, la risacca dall’altra un pensiero nostalgico e il sorriso di una ragazza con un fiore bianco tra i capelli.

Continuano i sogni sulle corde del cuore, mano a mano che si succedono i brani che mescolano sapientemente musiche tradizionali dell’Africa occidentale di tradizione Mandinka con le melodie e i ritmi caraibici in un inno alla gioia tutto tropicale attraverso il quale i musicisti vogliono coinvolgere direttamente anche il pubblico.

Sacile, 04/12/2021 – Teatro Zancanaro – Circolo Controtempo – Il Volo del Jazz 2021 – SUBA – Omar Sosa & Seckou Keita – Omar Sosa: piano, voce – Seckou Keita: kora, voce – Gustavo Ovalles: percussioni; – Foto Luca A. d’Agostino / Phocus Agency © 2021

Così, dopo aver conquistato il proscenio, Sosa e Keita si lanciano in una danza divertente e scatenata incitando il pubblico a ritmare gli applausi. E basta schioccare le dita a tempo perché s’avverta in sala una particolarissima magia tutta naturale e partecipata che unisce spettatori e musicisti in un rito sciamanico unico quello di una tribù che balla tra Europa e Africa.

I due scandiscono semplicemente poche sillabe e tutti li seguono in un’infantile lallazione che si trasforma in un incantesimo pieno di felicità che trasforma la pioggia della sera d’inverno che si sente battere sul tetto del teatro in un sole equatoriale, il tutto al ritmo delle congas di Ovalles che non smette un attimo di incalzare provocare il pubblico con i suoi ritmi antichi fino al parossismo e alla trance riportando la musica a quello che è sempre stata davvero: energia e sogno di una danza collettiva sul filo di un accordo.

Sosa e Keita ritornati dietro ai loro strumenti, hanno continuato a suonare come se stessero conversando tra loro con una naturalezza che dissimulava la loro abilità e la complicata tessitura di suoni che esprimono. Sembravano discutere amabilmente al centro di un villaggio, sotto l’ombra di un albero dalle grandi fronde mentre tutto attorno a loro era Africa e mondo. Sopra il loro amabile scambio di prospettive solo le voragini del cielo dalle quali planano le anime degli antichi e dei futuri.

Strabiliante Ovalles, percussionista e polistrumentista che, lasciato solo sul palco, si è esibito in una performance con due sole maracas, dimostrando che per fare vera musica non serve tanta sofisticazione o strumentazione ci vuole solo tanto cuore e talento. Ritornato sul palco Sosa lo affianca battendo con le bacchette sulle corde del suo pianoforte mentre il pubblico accompagna con il battimani.

Un altro saggio di come la vera musica viene fisicamente dal nostro corpo e confluisce nelle energie che ci permeano e circondano è stato quando Sosa e Keita a bocca aperta si battevano le guance accanto al microfono, autentica body percussion. I ritmi del Jazz probabilmente sono nati così dalle mani dalla bocca e dalla fantasia del cuore.

Ovalles ad un certo punto si è inginocchiato sul proscenio e ha cominciato ad armeggiare con bizzarri cilindri di bambù, sbattendoli sulle assi per ricavarne un suono particolarissimo di una semplicità ancestrale e animale ma di grandissimo fascino come il rumore amplificato di un picchio nel silenzio di un bosco mentre scova le larve di cui è ghiotto forzando le cortecce degli alberi. Era un suono di una perfezione primordiale quasi insostenibile.

Mentre Keita abbandonata per un attimo la Kora, imbracciava un piccolo Djembé, il classico tamburo a calice mandinko, Ovalles batteva con i polpastrelli e con una bacchetta su un lunghissimo e stretto tamburo cilindrico che si era sistemato tra le gambe quasi lo stesse cavalcando. I due si sfidavano con il sorriso sulle labbra a colpi di tamburo in un duello gioioso fino all’ultimo applauso e poi ancora e ancora.

Tutti i brani sono apparsi divertenti e scanzonati tranne uno che, con suoni d’acqua e un canto dolente e sofferto, è sembrato rivolgersi come un’invocazione ai tanti fratelli che si inabissano nel Mediterraneo sotto il peso delle loro speranze e della nostra indifferente ipocrisia. Sul fondo di quel mare giace ormai una parte consistente dell’Africa che fa sentire ancora tutta la propria disperazione a noi che facciamo finta di non sentire per non vedere.

“Suba” in lingua mandinka vuol dire Aurora, speranza del giorno che nasce. Speriamo di meritarla.

Papa Francesco, che nell’ultimo viaggio pastorale si è recato a Lesbo per abbracciare i nostri fratelli migranti, in una catechesi del 20/09/2017 dal titolo: “Educare alla speranza” disse: “Sii responsabile di questo mondo e della vita di ogni uomo. Pensa che ogni ingiustizia contro un povero è una ferita aperta, e sminuisce la tua stessa identità. La vita non cessa con la tua esistenza, e in questo mondo verranno altre generazioni che succederanno alla nostra, e tante altre ancora….E soprattutto sogna! Non avere paura di sognare. Sogna! Sogna un mondo che ancora non si vede ma che di certo arriverà…Gli uomini che hanno coltivato speranze sono anche quelli che hanno vinto la schiavitù, e portato migliori condizioni di vita su questa terra. Pensate a questi uomini.”

Flaviano Bosco © instArt

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