La storia della canzone italiana è da sempre fatta di tante ragazzine più o meno selvagge e di poche grandi signore che ad un certo punto non hanno più età, non ci sono mezze misure.

Davvero poche riescono a scrollarsi di dosso lo stereotipo della piccolina che non ha l’età, non c’è mai riuscita nemmeno la Cinquetti ed è bisnonna. Non ci riescono le tante ragazze della musica di oggi, condannate ad essere la ragazza del capo, il super tatuato rapper del momento o la sbarazzina dei talent, di tanti San Remo e di nessuna sostanza.

Fiorella Mannoia è fuori categoria e lo era già da ragazza bollente come il caffè nero. È sempre stata un’artista fuori dagli stereotipi, con uno spessore culturale e politico ben determinato, pervasa e guidata da autentici valori democratici oltre che, naturalmente, da un grande talento. Possono sembrare questioni di poco conto nel mondo dell’algoritmo ma, al contrario, fanno la differenza tra chi ha bisogno dei “Like” sempre fasulli e chi, invece, sa farsi ascoltare.

Un esempio tra i tanti che costellano la sua lunga carriera è l’album “Sud” del 2012 interamente dedicato alla figura e all’opera di Thomas Sankara, il leader del Burkina Faso assassinato nel 1987. La Mannoia ha voluto, attraverso il contributo della sua arte, diffonderne la memoria e la conoscenza nel nostro paese: “Perché ormai noi ci siamo abituati alla nostra politica che è diventata una politica di miseria, una politica di “piccoli uomini” che, spesso, quando li ascolti, sembrano falsi attori di varietà. In questi ultimi anni nessuno ha mai parlato di politica in quel modo, sentire i suoi discorsi mi ha esaltato e per questa ragione ho voluto sapere tutto e ho letto quasi tutti i suoi discorsi. Noi occidentali siamo presuntuosi, crediamo che certi pensieri non possano essere sviluppati che da noi”.

L’esempio e il martirio di Sankara è in bella evidenza e non serve ricordare la sua lotta, basterà citare una delle sue frasi per capire quanto fosse profonda la sua comprensione geopolitica e anche cosa c’è nel suo pensiero che tanto affascina la Mannoia: “L’imperialismo è un sistema di sfruttamento che non si presenta solo nella forma brutale di coloro che vengono con dei cannoni a conquistare un territorio, imperialismo è più spesso ciò che si manifesta in forme più sottili, un prestito, un aiuto alimentare, un ricatto. Noi stiamo combattendo il sistema che consente ad un pugno di uomini sulla terra di comandare tutta l’umanità.” (www.thomassankara.net)

Ora che abbiamo doverosamente ben inquadrato l’artista e il suo pensiero possiamo passare all’esibizione di Lignano all’Arena Alpe Adria. “La versione di Fiorella” era una trasmissione televisiva che andava in onda a tarda ora su Rai 3 durante la quale Fiorella Mannoia cantava, intratteneva, intervistava, chiacchierava con ospiti e pubblico; un modo per raccontare e raccontarsi secondo una prospettiva diversa da quella del palcoscenico, esprimendo tutte le cose che compongono il suo mondo di artista e di donna.

Da quella interessante esperienza davanti alle telecamere è nato il tour con concerti fatti di canzoni scelte appositamente nel suo vasto repertorio per tracciare la storia di questo nostro presente così confuso, doloroso e perfino imbarazzante. Mannoia ha voluto fornire al pubblico un suo personale portolano che indichi a tutti una possibile rotta nel mare nero di menzogne e brutture nel quale ci troviamo a navigare.

Il suono inconfondibile del Djembe ha introdotto la serata, subito seguito da potenti riff di chitarra e da una poderosa ritmica. La cantante entra in scena “inguantata” di nero con l’inconfondibile chioma rossa mossa da una lieve brezza che soffia dal mare.

I musicisti che l’accompagnano sono: Diego Corradin (batteria), Claudio Storniolo (tastiere), Luca Visigalli (basso), Max Rosati (chitarra), Alessandro De Crescenzo (chitarra), Carlo Di Francesco (percussioni e direzione musicale).

Tanto per non sbagliarsi la prima canzone è a sfondo politico: “Qui c’è gente che spera in mezzo a gente che spara” recita uno dei versi di “Padroni di niente”. Il testo non lascia scampo ed esorta tutti a guardare al rispetto dei veri valori democratici; la voce non è ancora calda ma Fiorella sa farsi capire e amare anche con qualche iniziale incertezza vocale. Molto efficace la scelta delle luci e del light design. Oltre ai consueti fari, sul palco si facevano notare molti bulbi luminosi a luce calda sospesi oppure montati su aste come grosse lampadine a incandescenza. Pensati probabilmente per richiamare l’intimità retrò degli interni di uno studio televisivo, hanno funzionato in modo suggestivo anche all’aperto, anche loro ondeggiavano nel vento e a volte, è il caso di dirlo, paurosamente.

La Mannoia sa dare il meglio di se anche come interprete squisita di brani altrui. In concerto l’ha dimostrato fin da subito “Sognando perché voleva sognare” in una speziata canzone di Ivano Fossati che da decenni non si fa vedere dal grande pubblico ma che continua a farsi ascoltare con grande piacere.

La cantante ammette davanti al suo pubblico di essersi addolcita con il passare del tempo ma di non aver mai smesso di lottare per ciò in cui crede, nemmeno un istante, e di non voler di certo iniziare adesso perché “chi non lotta per qualcosa ha comunque perso”.

Certo nelle sue canzoni esistono anche rime romantiche ma c’è sempre anche qualcos’altro e il sole è quello dell’avvenire, il cuore è quello rosso come il sangue che lo irrora, l’amore è quello per i compagni, cittadini, fratelli.

Si sente anche quando canta Battisti, apparentemente il più disimpegnato dei cantautori italiani anche se tutti sanno che non è vero. Sappiamo anche che “non si muore per amore” e che la vita va avanti e dobbiamo ingegnarci in qualche modo a proseguire inventandoci qualcosa. Anche Mina lo canta nella sua versione del brano e non possiamo che dare ragione a tutti e tre.

Fiorella ha ricordato la recente esperienza del Concerto di Campovolo contro la violenza sulle donne “Una, nessuna, centomila” (11/06/2022) che ha permesso a lei e alle altre sue colleghe (Pausini, Emma, Amoroso, Elisa, Giorgia, Nannini) di raccogliere per la causa più di un milione di euro davanti ad un pubblico oceanico. Si può discutere sulla reale efficacia di tali eventi, visto che nel nostro paese se ne fanno tantissimi e i femminicidi e la violenza del sistema patriarcale non sono mai stati così diffusi ma non si può mettere in discussione la necessità di provare a far qualcosa per cambiare una condizione che è il frutto di un sistema di potere e di sopraffazione che ci incatena faccia a terra e non è per niente questione solo di genere. La cantante ha promesso che farà tutto il possibile per continuare a combattere in questo senso ed è sembrata sincera e in buonafede. È il caso di crederle, non abbiamo niente da perdere.

Alcune canzoni sono un pugno nello stomaco e devono essere così, ci devono far pensare e muovere qualcosa dentro di noi. È questo il senso della vera canzone popolare di antica tradizione che ancora oggi sa far vibrare le nostre corde. La musica della Mannoia, in qualche modo, ci mette in guardia e ci prepara al prossimo futuro che sarà tutt’altro che roseo. Ma c’è anche dell’altro, lei stessa ad un certo punto dice: “The show must go on” che non è una bella frase ma ci aiuta a capire che è anche necessario sorridere e divertirsi con la musica. Per questo indossa un cappello sulle ventitrè e, in un arrangiamento smagliante blues elettrico, intona un bell’omaggio a Fred Buongusto che con l’estate e il mare ci sapeva davvero fare.

Il gruppo di musicisti che accompagna l’esibizione della cantante è fatto di professionisti seri e senza esitazioni. Quelli che una volta si chiamavano session men o turnisti, in grado di macinare chilometri e concerti senza mai sbagliare un attacco, fornendo sempre un supporto magistrale, senza certi divismi che caratterizzano spesso i musicisti titolari.

La direzione artistico-musicale di Carlo Di Francesco è di grande rilievo e il suo lavoro di riarrangiamento del repertorio in chiave rock e world music ha giovato non poco alla riuscita dell’esibizione. La sua mano è riconoscibile soprattutto nella rilevanza delle percussioni africane e caraibiche che irrobustiscono il sound regalando solide emozioni anche nei momenti più romantici e pensosi. Ottimo anche l’adattamento di alcuni brani eseguiti solo con l’accompagnamento delle due chitarre acustiche.

Mannoia si è abbandonata anche a qualche momento di infantile nostalgia ricordando i tempi in cui era bambina e andava al mare con i propri cari. Da come ha ricordato quelle domeniche d’estate a Ostia sembrava di vedere La Famiglia Passaguai di Fabrizi (1951) quando l’Italia credeva di essere Povera ma Bella ed era solamente brutta, sporca e cattiva come adesso. È un valzer con tanto di fisarmonica che ci ricorda di quando “il mondo ci baciava il viso e avevamo la vita in fondo agli occhi” e poi “siamo cambiati per non morire”.

Sono seguiti molti altri brani che il pubblico non ha esitato a cantare in una sorta di festa popolare in cui non sono mancate le lacrime e i sorrisi di gioia da parte di tanti. Uno dei momenti più alti del concerto è stato quando la Mannoia ha cantato in sequenza “Princesa” di De Andrè e “Sally” di Vasco facendole proprie e regalando emozioni di un’intensità inaudita. Sarebbero bastate queste due canzoni ma la cantante ha voluto aggiungere ancora molto rock, ritmi sudamericani e poi ha ballato sul palco leggera e felice come una farfalla tra i fiori colorati fino a che non sono partite le cornamuse del cielo d’Irlanda durante il quale è scesa dal palco per cantare tra la gente non negandosi nemmeno ai selfie con un sorriso per tutti.

Da vera Signora, nei ringraziamenti, inchinandosi al pubblico, ha detto: “’A faccia mia sott’ ‘e piede vuoste” che è un meraviglioso modo di dire napoletano che significa la completa sottomissione e il massimo rispetto per chi si ha davanti, dimostrando di possedere classe, eleganza e talento come doti innate.

Scaletta: Padroni di niente, I treni a vapore (Fossati), Combattente, Io vivrò senza te (Battisti), Nessuna conseguenza, Il peso del coraggio, Amore fermati (Buongusto), Cercami (Zero), Cara (Dalla), Si è rotto, Come si cambia, Perfetti sconosciuti, Quello che le donne non dicono, La casa in riva al mare (Dalla), Princesa (De Andrè), Sally (Rossi), Caffè nero bollente, Siamo ancora qui, Terra mia (P. Daniele), Generale (De Gregori), Che sia Benedetta, Il cielo d’Irlanda.

Flaviano Bosco – instArt 2022 ©

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