King Crimson.

Tour 2019

Celebrating 50 Years

Piazza Grande, Palmanova (UD)

ore 23,00

Tanto tuonò che piovve, poco prima delle 21,00 come perfettamente previsto dal servizio meteo, il cielo che si stava caricando dei suoi umori fin dal tardo pomeriggio, tra tuoni, fulmini e vento, ha scaricato sulla piazza grande di Palmanova una fittissima pioggia, innaffiando il pubblico che già cominciava a prendere posto. Fuggi, fuggi generale sotto i portici, tra risate e imprecazioni contro Giove pluvio o chi per lui.

Fino alle 22,30 sembrava non ci fosse alcuna speranza di musica. A salvare la situazione prima di tutto la grande perizia dei tecnici della band che avevano coperto per tempo tutta la delicatissima strumentazione. Per niente secondaria la grande generosità e professionalità di Fripp e soci che hanno voluto a tutti i costi ricompensare il proprio pubblico per lo stoicismo, la passione e per la pazienza dimostrata e, infine, al risolversi positivo della situazione sono serviti parecchio anche la determinazione e il coraggio degli organizzatori dell’evento, in primis Euritmica. Tutti questi fattori messi assieme e forse anche un po’ di fortuna, hanno vinto la battaglia contro il temporale quando sembrava ormai tutto perduto.

Alle 23,03 la magia è finalmente cominciata e le tre batterie schierate dalla band (Pat Mastellotto, Gavin Harrison, Jeremy Stacey) hanno cominciato a rispondere a tono al rombo dei tuoni che le avevano precedute e che ormai si sentivano in lontananza, costretti a battere in ritirata davanti a tanto furore e ritmo scatenati sulle pelli dei tamburi. È stato come l’esplodere di un rito pagano apotropaico, un’ossessiva liturgia tribale in musica contro i demoni dell’aria (Fairy Dust of the Drumsons)

Subito dopo, le note strappate alla chitarra di Fripp hanno cominciato a parlare al vento chetandolo definitivamente e il temporale si è così trasformato solo in un ricordo nemmeno tra i più spiacevoli. Cielo e terra sono sembrati per un momento dialogare attraverso gli arpeggi e gli accordi amplificati dal ritmo dei cuori del pubblico.

Poche chiacchiere, il concerto dei King Crimson a Palmanova, nonostante alcune piccole sbavature imputabili alle avversità atmosferiche, è uno degli eventi musicali più memorabili degli ultimi anni in regione. Nella città stellata, davanti ad un pubblico da sold out, adorante ed estasiato, è andata in scena un’esibizione/performance artistica di livello inaudito che sarà ricordata dai presenti molto, molto a lungo; una di quelle occasioni in cui si dirà con fierezza e nostalgia: per fortuna, io c’ero!

Anche se la scaletta del concerto, per motivi contingenti, è stata notevolmente accorciata e ridotta ad un unico set, la band è riuscita a dimostrare tutta la sua straordinaria vitalità. La formazione prevedeva anche il magnifico Tony Levin che si è esibito al Basso, al contrabbasso elettrico e all’incredibile Chapman Stick. Alla voce e chitarra si è esibito Jakko Jakszyk, non sempre efficace ed evocativo ma di ottimo impatto. Il cantante, da tempo collaboratore in vari progetti di Fripp, ha prodotto e mixato, tra l’altro, l’ultimo lavoro dei Jethro Tull che vedremo presto al festival di Majano anch’essi nel tour celebrativo del cinquantenario d’attività.

Non certo ultimo per importanza, ha suonato mirabilmente Sax e flauto traverso Mel Collins tra i musicisti della prima ora del Re Cremisi (In the Wake of Poseidon, Lizard, Islands, Earthbound, Red) e vera leggenda del Prog (Camel, Caravan, Alan Parson Project, ecc.), anche i non appassionati del genere lo conoscono perfettamente, soprattutto in Italia, perché è stato il sax di Una giornata uggiosa di Lucio Battisti. Giusto una tra le tante curiosità, tanto per capire che ognuno dei musicisti dello straordinario ensemble che si è esibito a Palmanova con Fripp possiede un curriculum d’altissimo livello; solo elencando le loro incisioni e collaborazioni sarebbe possibile scrivere una storia della musica contemporanea.

Le meravigliose progressioni musicali dalle geometrie perfette e affilate eseguite dalla band sono sembrate sposarsi perfettamente con le linee tutte angoli e punte della città stellata palcoscenico ideale per l’evento. Dalla piazza grande, secondo i punti cardinali e la rosa dei venti, si è irraggiato, espanso, dilatato ed esteso un suono che è sembrato insinuarsi fino ai recessi più profondi del futuro. Il re Cremisi ancora una volta ci precede, cavalca dritto davanti a noi. E’ diventato un oggetto musicale siderale proiettato in un’altra dimensione.

Al suo primo apparire la musica di Fripp venne giudicata talmente complessa da essere cinquant’anni avanti (Avant garde), ormai siamo noi quel futuro ma la rielaborazione di quel patrimonio rende quei suoni paradossalmente ancora più innovativi e davanti a noi, non hanno perso per niente la loro freschezza e il loro sperimentalismo.

In questo senso, quando a mezzanotte precisa, dopo tanti meravigliosi ed intensi brani più o meno recenti (Frame by Frame, Indiscipline, Moonchild ecc.), la band ha intonato In The Court of the Crimson King un brivido ha percorso tutto il pubblico, già prima evocato da Epitaph due brani dal primissimo lavoro del 1969.

Quando poi nel finale sono risuonate le prime note di Starless ognuno ha potuto capire quali sono le radici nel cielo di un’avventura musicale che, anche dopo tanto tempo dal suo primo germinare, è ben lontana dall’essersi compiuta e tanto meno conclusa. Quelli che si sono potuti intravvedere sono solo lampi di memoria, senza nessuna nostalgia. Anche se si tratta dichiaratamente del Celebration tour del cinquantenario, quella che si è potuta percepire è solamente rimemorazione, persistenza e ricordo positivo. I vecchi brani associati al repertorio più recente sono apparsi come una ricontestualizzazione di qualcosa che si è dimostrato assolutamente vivo e vitale e non solo monumento di un passato glorioso, anzi, al contrario, oggetto sonoro del futuro, presenza feconda, ancora germinativa e arborescente.

Cinquant’anni sono sembrati un giorno, un minuto, un attimo e questo ieri dei King Crimson è sembrato una scala alchemica fatta di note verso nuovi cieli; un lontano orizzonte che si scruta e si manifesta in tutto il suo splendore e nella sua forza abbacinante. Per questo, l’ultimo brano, il celeberrimo 21St Century Schizoid man, non ha per nulla chiuso il concerto ma, al contrario, ha aperto una nuova fase di un’esperienza in musica che promette di rivelarci nuove frontiere ed emozioni.

Robert Fripp ricevette in regalo la prima chitarra a undici anni, per il Natale del 1957. Cominciò a prendere lezioni e scoprì di non avere alcun orecchio per la musica; secondo i suoi lungimiranti maestri non aveva nessun talento, per loro era proprio negato per la sei corde e per tutto il resto.

Quando si esibì per la prima volta con i suoi King Crimson il 6 aprile 1969 allo Speakeasy di Londra, tra il pubblico ad ascoltarlo c’erano David Bowie che aveva un appuntamento con la sua futura moglie e musa Angie Barnett e poi Peter Banks e Bill Bruford allora membri degli Yes e molti altri dell’emergente scena musicale britannica. Tutti restarono assolutamente affascinati dalla straordinaria forza creativa della band e soprattutto dallo straordinario virtuosismo chitarristico del leader. Jimi Hendrix che li vide qualche giorno dopo al Marquee, li dichiarò la migliore band del mondo.

A Fripp erano bastati poco più di dieci anni per diventare, partendo da zero, uno dei chitarristi più rivoluzionari, geniali e innovativi della storia della musica. Il successo di critica e di pubblico fu talmente travolgente che il loro primo album uscito quello stesso anno diede inizio addirittura ad un genere, il Progressive rock, anche se Fripp non ha mai amato quella definizione. Tanto fu il clamore che il 5 luglio 1969 il gruppo aprì il leggendario concerto dei Rolling Stones ad Hide Park a Londra davanti a 500000 persone.

Da allora sono passati esattamente cinquant’anni e un giorno e cos’è successo musicalmente da allora abbiamo potuto scoprirlo proprio nel concerto del Re Cremisi a Palmanova.

Certo è che la musica dei King Crimson ha segnato in modo indelebile questi dieci lustri; l’approccio sperimentale, cerebrale, scientifico e geometrico di Fripp al rock e alla musica in generale ha avuto un impatto culturale e sociale inimmaginabile e, ancora oggi, non smette di scavare nell’immaginario contemporaneo. Non sono per nulla esagerazioni, le migliaia di persone convenute nella città stellata che hanno atteso per ore sotto la pioggia l’esibizione, lo dimostrano; chiunque si occupi in modo professionale di musica ma anche il semplice appassionato non può fare a meno di riconoscerne l’importanza cruciale. Perfino i tanti ragazzi che oggi, sui loro computer, utilizzano i vari programmi e app. per comporre musica non fanno che ripercorrere il sentiero tracciato tanti anni fa dalle sperimentazioni di Fripp e dei suoi sodali.

Non ringrazieremo mai abbastanza Euritmica e il sub-comandante Giancarlo Vellisig non solo per aver cresciuto almeno due generazioni di appassionati con le loro attività negli ultimi tre decenni, ma anche perché continuano a regalarci emozioni meravigliose e uniche come quelle di Palmanova.

Per il Patron di Grado Jazz e di tante altre belle iniziative regionali essere riuscito a riportare in Friuli la band deve essere stato una gran bella soddisfazione. Come ha dichiarato, è un suo sogno di ragazzo che si avvera, la prima volta che li vide suonare era il 19 marzo 1974 al Palasport Carnera di Udine in un concerto leggendario che altri presenti a Palmanova con i capelli bianchi vantavano d’aver visto.

Tra i tanti momenti meravigliosi e memorabili del concerto quelli che forse resteranno davvero indelebili nel cuore dei migliaia del pubblico sono quelli in cui si è visto nettamente Robert Fripp che sorrideva beato mentre arpeggiando si godeva la propria band suonare. Aveva un’espressione così soddisfatta e felice che la sua gioia e soddisfazione si sono trasmesse immediatamente a tutti.

È giusto celebrare questo importantissimo anniversario, e il tour mondiale che ha fatto tappa a Palmanova, per quello che si è visto, promette di farlo in modo splendido ma non dobbiamo dimenticarci che il Re Cremisi è più vivo che mai, è nel pieno delle sue energie e facoltà perciò: Lunga vita al Re Cremisi! Long Live the King!

© Flaviano Bosco per instArt

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