Marano Lagunare, 07/11/2022 – Spazio PS4 – Estensioni Jazz Club Diffuso 2022 – Satoyama – Luca Benedetto (tromba, organ pedalboard, tam tam & elettronica), Christian Russano (chitarra elettrica), Marco Bellafiore (contrabbasso), Gabriele Luttino (batteria, percussioni & elettronica) – Foto Luca A. d’Agostino/Phocus Agency © 2022

Nella cultura giapponese arcaica ed agraria il termine “Satoyama” indicava quei territori tra il villaggio rurale e la montagna ancora selvaggia nei quali si viveva in un perfetto equilibrio di quella che oggi chiameremo eco-sostenibilità.

Era una cultura agricola di piena auto-sussistenza, in un’economia circolare fatta di piccoli villaggi, dove tutto veniva prodotto solo in funzione delle reali necessità dell’autoconsumo e ogni scarto riutilizzato come risorsa nel pieno, sacrale rispetto dei cicli e dei ritmi della natura.

Nel secondo dopoguerra, gran parte di questi territori sono stati del tutto spazzati via dall’occidentalizzazione consumistica e dalla forzata industrializzazione. Un grande artista che si è molto occupato della scomparsa dolorosa di questi ambienti liminari e fiabeschi è Hayao Miyazaki in opere d’arte come: “La principessa Mononoke” o “Il mio vicino Totoro” e altre.

Proprio da questi antichi luoghi prendono ispirazione i Satoyama, quattro giovani musicisti piemontesi che si sono esibiti a Marano Lagunare (UD) nell’ambito dei concerti organizzati dalla rassegna “Estensioni Jazz Club Diffuso” che ha come “ragione sociale” proprio quella di riscoprire attraverso il jazz luoghi insoliti e nascosti, fuori dai consueti circuiti del consumismo dello spettacolo che trasforma ogni esibizione in una “fiera della carne” sacrificando la poesia sull’altare del profitto più brutale.

I Satoyama sono Luca Benedetto (tromba, organo pedalboard, tam tam) Christian Russano (chitarre) Marco Bellafiore (contrabbasso) Gabriele Luttino (Batteria, glockenspiel, percussioni)

I nove brani del loro ultimo album, “Sinking Islands”, fresco di stampa, sono dedicati ad altrettante isole nei mari del mondo destinate a scomparire con l’ormai, quasi inevitabile, innalzamento del livello delle acque.

Il loro impegno ambientalista è totale e la loro musica, tra sonorità sperimentali e jazz d’avanguardia, intende regalare bellezza e speranza ad un mondo che si è abbruttito nella cupidigia e nel disprezzo di se stesso.

Nel libretto interno del loro più recente cd sono segnalati i riferimenti geografici dei vari luoghi in pericolo a cui ci sentiamo di aggiungere anche:

Marano Lagunare (UD)

Latitude 45°46’ N

Longitude 13°10’E

altitude 2 m s.l.

Population: 1750

Official Languages: Maranese (dialetto veneto di tipo arcaico), Italiano, Friulano

Official coin: Euro

Conservation status: cr en vu

Sappiamo bene quanto siano impattanti ultimamente le maree in laguna con il fenomeno dell’acqua alta che di anno in anno si fa sempre più minaccioso; lo sanno bene i maranesi che sempre più spesso si trovano con l’acqua che invade le vie del paese come nel novembre 2019. Solo la fantascienza aveva immaginato quello che speriamo di non vedere avverarsi.

“L’aumento continuo del calore dell’atmosfera aveva cominciato a sciogliere le calotte polari. Le distese di ghiaccio dell’Antartico si erano dapprima spezzate e quindi disciolte; decine di migliaia di ghiacciai intorno al Circolo polare artico, dalla Groenlandia al Nord Europa, dalla Russia al Nord America, si erano riversati in mare, milioni di acri di permafrost che si liquefacevano in ondate di piena gigantesche. Eppure il mero aumento del livello degli oceani sarebbe stato soltanto di pochi metri, ma gli immensi canali di disgelo avevano portato miliardi e miliardi di sedimenti. Enormi delta si erano formati ai loro sbocchi, estendendo le linee costiere continentali e creando dighe attorno agli oceani”.

Così scriveva James G. Ballard in uno dei suoi romanzi più famosi, “Il mondo sommerso”, del 1962, nel quale immaginava che l’inquinamento dell’atmosfera avrebbe causato l’aumento della temperatura dando seguito a devastanti cambiamenti climatici che avrebbero causato lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento dei mari e il conseguente sconvolgimento della geografia terrestre.

Sappiamo bene che non sono più fantasie e che per rendere praticamente inabitabili molte zone delle dimensioni di continenti del nostro pianeta non servirà aspettare lo scioglimento delle calotte polari.

Già oggi siamo alle prese con bombe d’acqua e siccità brucianti, lunghe estati calde e inverni da maniche corte. Per ora siamo perfino contenti di risparmiare sulla bolletta del gas da riscaldamento, ma se non ci sarà un radicale cambiamento a livello globale sulle fonti rinnovabili e sull’immissione di inquinanti in atmosfera, la prossima risata la faremo davanti agli Tsunami e agli uragani, se ci riuscirà.

L’intimità raccolta dello spazio PS4 è stata lo spazio ideale per l’esibizione del gruppo di musicisti d’Ivrea; è un luogo incantevole restaurato per l’arte e la cultura, in modo prezioso e intelligente che fa parte del vecchio centro storico di Marano Lagunare, antichissimo borgo che letteralmente si proietta nella laguna friulana cui da il nome.

Un paese di pescatori che preesisteva alla romanizzazione dell’Alto Adriatico del III a.C. Pietra, legno, vetro, mattoni e acciaio resistono e convivono con il mare da millenni. Marano ha un fascino sospeso e un’identità che si definisce nel suo ritrarsi e nascondersi al troppo clamore della frenesia contemporanea pur mettendosi in bella evidenza come ultimo lembo della pianura friulana che svanisce nel mare. Il borgo ha una straordinaria tradizione d’ospitalità, chiara e genuina, come un bel sorso di vino fresco quando il sole picchia duro oppure d’inverno quando si ha bisogno di un po’ di tepore interiore.

Il progetto musicale dei Satoyama dura da ormai dieci anni e anche se i musicisti sono ancora giovanissimi, la strada percorsa, tra concerti ed esibizioni, è già molta come quella che li aspetta. Attualmente li attende una tournée in varie città d’Europa in seguito al conseguimento del Bando Jazz IT Abroad che gli consentirà di promuovere il loro ultimo, affascinante lavoro, “Sinking Islands”, che ha particolarmente a cuore le tematiche ambientali e nello specifico l’innalzamento dei mari a causa del riscaldamento globale come dicevamo,.

Luca A. d’Agostino, il direttore artistico di “Estensioni Jazz club diffuso” e anche di “Medol-Suoni sulle tracce della Serenissima” che ha curato la serata, ha voluto dedicare un pensiero alla memoria del fotografo naturalista maranese Glauco Vicario che a certi problemi era ben attento.

La performance è iniziata con l’ascolto di una favola che, a tutta prima, sembrava infantile ma che si è subito rivelata tutt’altro. Una balena raccontava ad un’altra del mare che scocciatosi per le ingiurie subite dagli uomini, innalzando il proprio livello, finiva per cacciarli dalle spiagge e dalle zone pianeggianti verso le alture e le foreste. Il grande blu non perdona e prima o poi ci pentiremo tutti di quello che gli abbiamo fatto inquinandolo, saccheggiando le sue risorse, devastando i suoi santuari marini.

I Satoyama consapevoli di quanto sia necessario impegnarsi per scongiurare il peggio per quanto sia ancora possibile, s’impegnano a fare qualcosa per il grande blu e la musica che producono è un risarcimento simbolico per il male fatto al grande blu e serve per sensibilizzare rispetto alla catastrofe che ci aspetta. Chiedere perdono è un buon inizio, di certo non basta, ma è già qualcosa.

Si è appena conclusa a Sharm el Sheik, con un prevedibile e previsto nulla di fatto, la 27 sessione della Conferenza delle parti (COP 27) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).

Nessuna decisione reale è stata presa sull’incandescente drammatica questione del riscaldamento globale e sull’utilizzo dei combustibili fossili. Trentamila delegati, un’infinità di giornalisti e per giunta i cosiddetti “grandi della terra” con i loro jet privati e le loro “corti dei miracoli, tutti alloggiati in resort di lusso per quindici giorni hanno discusso, vaneggiato, gozzovigliato e inquinato più di un’acciaieria a carbone coque in un anno spendendo una cifra che basterebbe per riforestare un continente intero.

Nel frattempo nel Qatar è iniziato il più costoso mondiale di calcio della storia; Trecento miliardi di dollari solo per costruire le infrastrutture più tutto il resto per lo svolgimento, una quantità spropositata di denaro che probabilmente basterebbe per risolvere per sempre una parte significativa dei problemi ambientali dell’intero pianeta.

La realtà è che forse non abbiamo capito per niente quanto grave sia la situazione.

In questo senso, paradossalmente, stanno facendo concretamente di più per sensibilizzare le persone, i Satoyama con la loro musica e le loro performances garbate e gentili che tanti “Soloni” incapaci e crapuloni.

Alla fine del concerto di Marano hanno anche distribuito dei sacchettini con semi d’albero da piantare e tutti sappiamo che “Le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare ed ascoltare…per fare l’albero ci vuole un fiore” come cantava con grande eleganza quel signore.

Il concerto si era aperto con l’intraprendente contrabbasso di Marco Bellafiore che sosteneva la tromba smeraldina di Luca Benedetto che intonava dolci nostalgiche ballate, in una a volte lacrimosa rimemorazione, un’allegria di naufragi in un porto sepolto di ermetica, misteriosa malinconia.

Quasi in un flashback dal rovinoso futuro, il secondo brano ricordava quello che già stiamo perdendo tra gioiosi uccelli marini che sfiorano la lucentezza abbagliante delle acque e imbarcazioni leggere che filano sulla lama del vento.

Davvero ottimo il lavoro di Gabriele Luttino alle percussioni, con le sue campane e il vibrafono a integrare un gioco essenziale di rullante, grancassa e piatti. La band sembrava evocare il gioco dell’aria sulle sue bandierine di segnalazione che si perdevano nella distanza dei riverberi e della risacca.

La musica del gruppo di Ivrea spalanca paesaggi marini, sopra e sotto il pelo dell’acqua, in un’onirica galoppata a riva fino ad improvvisi spesso angosciosi risvegli, come di chi si renda conto d’un tratto che quello che stiamo vivendo ha i contorni di un incubo. La band ha proprio un grande senso del ritmo e del tempo e lo dimostra con i finali spezzati di molti brani, pieni di idee, che di botto si interrompono all’unisono con un effetto davvero convincente e spiazzante.

In altri momenti, il suono ripetuto del gong ha incantato gli spettatori per trasportarli altrove con un suono ovattato e lontano che faceva immaginare un’atmosfera di palude, magari quello della laguna che era a pochi passi dalla sala del concerto o delle valli da pesca che se ne stavano poco più in la nella foschia autunnale di una sera di novembre.

Di certo, il primo riferimento della band sono le sonorità del nord Europa e le albe gelate della Scandinavia (Bjork, Sigur Ros, ecc.) ma del tutto rielaborate con gusto Mediterraneo e tanta verve personale. I loro suoni non sono però pacificati e strapaesani come in una certa tradizione levantina.

I Satoyama hanno guardato a fondo dentro al “gioco” e non illudono l’ascoltatore con rapide, melense canzoncine a sfondo pseudo-ambientalista; alcuni crescendo drammatici si stemperano in veloci voli a planare con l’immaginifica chitarra di Christian Russano che gestisce la situazione in modo inappuntabile e poi tanta, tanta elettronica che trasforma i suoni, filtrandoli, colorandoli e gestendo un gusto dell’attesa e dei silenzi che fanno parte integrante della poetica della band che, a volte, sembra mettersi insieme al pubblico ad ascoltare quello che nello spazio della sala hanno prodotto le vibrazioni dei loro accordi.

A volte, sanno essere decisamente drammatici e perfino cupi e programmaticamente disperati, ma non dura molto perché immediatamente si risolvono a più miti consigli con la tromba di Luca Benedetto che appena “effettata” spalanca dimensioni del tutto oniriche proseguendo l’azione dello stesso musicista alle tastiere.

Di bellezza straniante e indefinibile, in questo contesto, i suoni del Glockenspiel appena filtrato dai live electronics. Il risultato è di provocare una marea di emotiva che riguarda mute spiagge solitarie e vele lontane. I quattro “marinai” acquistano la rotta per poi perderla nuovamente in una navigazione di piccolo cabotaggio ma di grande orizzonte, che non si allontana mai troppo dalla riva, ma che non ha nemmeno paura del mare aperto e guarda lontano.

Alla fine si rivolgono al pubblico con una vera e propria dichiarazione d’intenti suggestiva e assolutamente condivisibile. A memoria: Crediamo nella musica che sussurra e poi sparisce…crediamo alle mani del contadino, al seme che germoglia e alla sacra arte dell’ospitalità…Non sarà la bellezza a salvare il mondo ma sta a noi dover salvare la bellezza…anche preservando le realtà insulari che altrimenti spariranno…crediamo nei disegni dei bambini trovati in spiaggia ma anche a quelli appesi sui frigo.

Alla fine esortano il pubblico ad intonare vocalizzi circolari vagamente ipnotici; e poi finalmente c’è lo spazio per gli applausi generosi e sentiti di un lunedì sera in riva al mare. Non sarà un seme d’albero a cambiare il mondo ma è un primo passo, da qualche parte si deve pur cominciare e le note sullo spartito ai semi assomigliano parecchio.

© Flaviano Bosco – instArt 2022

Marano Lagunare, 07/11/2022 – Spazio PS4 – Estensioni Jazz Club Diffuso 2022 – Satoyama – Luca Benedetto (tromba, organ pedalboard, tam tam & elettronica), Christian Russano (chitarra elettrica), Marco Bellafiore (contrabbasso), Gabriele Luttino (batteria, percussioni & elettronica) – Foto Luca A. d’Agostino/Phocus Agency © 2022

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