Un’ora prima dell’orario prefissato la piazza dei giardini pubblici di Gorizia e tutto intorno al Tendone Erodoto è gremita. La fila ordinata di persone in attesa di entrare si dipana per metà della piazza. Impossibile immaginare che tutti trovino posto, eppure nessuno demorde. Neppure le temperature di questo sabato imbizzarrito che dai quasi trenta gradi precipitano a 16 fanno desistere. L’occasione è imperdibile, protagonista non è un influencer e neppure un trapper ma un professore di storia: Alessandro Barbero. La cornice è la diciottesima edizione del festival internazionale promosso dalla Associazione Culturale èStoria. Il festival anima il centro di Gorizia dal 27 al 29 maggio con circa 200 protagonisti per 120 eventi che hanno attratto  un pubblico foltissimo di appassionati. Il tema del festival di quest’anno è ‘Fascismi’, un’analisi approfondita su come e perché il totalitarismo si sia affermato in Italia e in Europa, un tema sul quale molto è stato scritto ma che ancora lascia quesiti aperti, e sul quale l’Italia pare non avere ancora fatto del tutto i conti.
Alessandro Barbero è ordinario di storia medievale all’Università degli Studi del Piemonte Orientale, noto per le sue collaborazioni con Piero Angela in Superquark e per i podcast e le lezioni di argomento storico pubblicate su YouTube che contano centinaia di migliaia di visualizzazioni. Barbero sale sul palco di èStoria con il compito di parlare della relazione tra la disfatta di Caporetto e la nascita del pensiero fascista. Nonostante ammetta di non essere in forma, catalizza l’attenzione per quasi due ore. Barbero non spiega la storia: la racconta, la recita, la fa vivere, e l’uditore non può fare a meno di rimanere catturato. La Caporetto raccontata da Barbero è fatta di brani di testimonianze dei soldati, della popolazione, dei comandi militari e dei politici, di un’Italia attonita di fronte alla disfatta, dove tutti danno la colpa a tutti.
I soldati, convinti che la guerra sia ormai finita, covano risentimento nei confronti della borghesia che quella guerra ha voluto e perdono fiducia nelle gerarchie militari che, a loro volta, incolpano della disfatta la propaganda, contraria alla guerra, di stampa e politica di fede socialista. Oltre al disgusto per un popolo che pare non capire la sacralità della guerra, i generali pensano che la colpa sia di un sistema politico fallimentare. Un tutti contro tutti, tra politici liberali screditati, vertici militari incolpati di ingannare i soldati e un popolo considerato infame che deve essere curato ‘con il manganello’. Ecco, afferma Barbero, da questo insieme esplosivo nascono alcuni dei semi che porteranno al fiorire del pensiero fascista.
Fuori dal Tendone Erodoto fa freddo ed inizia a piovere, ma il pubblico del professor Barbero (quanti ragazzi!) che non ha trovato posto all’interno e assiepa i giardini pubblici di Gorizia pare non accorgersene.
Laura Fedrigo
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