Esordisce alla grande il programma estivo di Miramare Estate, con il Rossetti impegnato in un “doppio spettacolo” ad allietare le serate nel famosissimo parco in cui passeggiarono Massimiliano e Carlotta.

Per la ripresa del teatro “live” dopo lo stop imposto dal Covid-19, lo Stabile cittadino ha scelto infatti il format del doppio spettacolo, riproponendo -in veste completamente rinnovata- due performance già applaudite negli anni scorsi in altre location.

La prima delle due è “I bagni di Trieste”, produzione dello Stabile che nel 2018 aveva esordito nel corso dell’annuale Notte Blu. In realtà ben poco è rimasto di quella versione se non il concetto originale: dare voce ai grandi autori triestini -da  Mauro Covacich a Gillo Dorfles, da Claudio Magris a Marcello Leonardelli- che hanno narrato il loro amore per gli stabilimenti balneari della città, o meglio con il triestinissimo “andare al bagno”. Per i non triestini: i “bagni” erano gli stabilimenti balneari lungo la nostra costa, quindi “andare al bagno” significava frequentare tali stabilimenti ma è sempre più diventato sinonimo di “andare al mare”.

Se i testi originali sono rimasti quelli del 2018 (tranne una new entry di cui parleremo in seguito), la parte visuale ha ricevuto un restyling totale: laddove per la Notte Blu erano stati allestiti brevi filmati di mare e “bagni”, con la voce fuori campo degli attori a leggere i testi, per Miramare Estate il tutto è mutato in spettacolo vero e proprio, con personaggi in scena a dare voce -come se fosse la propria- agli autori scelti. Ecco quindi il “bagnino” Jacopo Morra, a dare voce agli scogli di Barcola e della sua Pineta così come visti da Claudio Magris, e poi a introdurre i vari “bagnanti” che si alterneranno nel vagare tra i moletti di Miramare per rievocare i loro ricordi di gioventù.

In un malinconico Andrea Germani, seduto a un tavolino e con lo sguardo sempre perso sulla vista mozzafiato del mare al tramonto, ha vissuto nuovamente lo spirito di Gillo Dorfles, con un testo che -più che concentrarsi su un singolo “bagno”- è stato un ripercorrere la giovinezza dell’autore attraverso tutti gli stabilimenti che hanno segnato la sua adolescenza, le sue amicizie, le sue esperienze: dalla Diga, a Grignano, a Sistiana. E’ stata poi la volta di Romina Colbasso, che con aria sbarazzina e fanciullesca ha dato una voce molto fresca a Mauro Covacich e alla sua “oasi di felicità”, un inno alla Pineta di Barcola, teatro di molte estati e di innumerevoli marachelle, ma anche di momenti di forte vicinanza con la famiglia.

A chiudere questa sognante passeggiata nei ricordi, l’unica nuova entrata fa un grande salto avanti nel tempo, riportandoci ai giorni nostri e collegando idealmente quel passato con la realtà più recente: il testo di Marcello Leonardelli tratta infatti del Covid-19 e si snoda nelle più spassose ipotesi sul come gli stabilimenti si adatteranno al virus durante la nuova stagione balneare. Un fuoco di fila di belle trovare che raggiungono spesso il livello del surreale e del nonsense, impreziosite dall’interpretazione di una Maria Grazia Plos perfetta “siora da bagno”.

Nota di merito per la location scelta, la piccola darsena ai piedi del Castello che -anche grazie all’orario- ha regalato per l’intera ora dello spettacolo una vista davvero incredibile sul mare del golfo. Di grande fascino l’idea di far muovere gli attori non solo sulla darsena ma anche sul moletto esterno, che a tratti li ha trasformati in silhouette contro il forte sole rendendo ancora più onirico l’effetto di viaggio nel tempo degli autori. Ha funzionato bene anche l’impianto tecnico, con gli spettatori a indossare le cuffie fornite sia per sentire bene la voce degli attori (altrimenti impossibili da udire quelle della Colbassi e di Andrea Germani, che hanno recitato dal moletto), sia per aggiungere all’esperienza alcuni effetti audio e alcune musiche di sottofondo.

Con il calare del sole ci si è allontanati dal mare per il secondo spettacolo in programma, quel “A Sarajevo il 28 giugno” già applaudito più volte al Museo de Henriquez e che in quest’estate “post virus” ha trovato nuova casa a Miramare. Tratto dall’omonimo romanzo di Gilberto Fortis, evoca la fine dell’impero Asburgico e l’avvento della prima guerra mondiale a seguito dell’attentato all’arciduca Francesco Ferdinando. Non lo fa però dando voce ai grandi protagonisti di quelle vicende, quanto piuttosto a quattro personaggi “laterali”, che a quell’epoca appartengono ma che a quelle vicende hanno solo assistito, andando quindi a indagare su aspetti secondari e sugli effetti che quei drammi hanno avuto sulle vite di tutti. Lo spettacolo non ha perso la sua anima itinerante, e anche in questa versione ci si è spostati tra quattro punti diversi (due all’esterno e due all’intero del Castello, con ovvia mascherina obbligatoria in quest’ultimo caso), quasi con l’idea di andare timidamente a bussare all’uscio dei personaggi che decideranno di parlare con il pubblico.

Si potrà così incontrare l’ingegner Szigeti (Emanuele Fortunati), che applicherà tutto il perfezionismo del proprio mestiere per analizzare maniacalmente il percorso del corteo durante cui l’Arciduca fu assassinato; gli errori, le sviste o -come le chiama lui- le coincidenze che hanno portato proprio a quell’esito. Fino a giungere alla conclusione che sei metri -solo sei metri!- di distanza nel punto di fermata della carrozza con la vittima sono tutto ciò che sarebbe bastato per cambiare totalmente la storia. E’ questo forse il più appassionante dei quattro monologhi: sia per la bravura di Emanuele Fortunati nell’esprimere la maniacalità dell’ingegnere tramite tic,  movimenti rapidi e uno sguardo che saetta di continuo attorno a sé; sia per il suo carattere investigativo, che appassiona quasi come un “giallo”.

A dire il vero, altrettanto emozionante è la testimonianza di un sempre grande Francesco Migliaccio, che nei panni del dottor Vasič ripercorrerà la triste sorti dell’attentatore Gavrilo Princip dal momento dell’arresto a quello della sua morte, malato e ridotto a una larva umana, nel carcere di Terezin in cui stava scontando la sua pena (non avendo ancora vent’anni al momento dell’omicidio, non poté essere condannato alla pena capitale). C’è però in questo monologo una nota che può disturbare, e cioè la visione palesemente parziale del dottore, che dal primo all’ultimo minuto dipingerà Princip come un’eroe e una vittima della storia. La cosa trova giustificazione nel finale, quando il narratore rivela di essere stato anche lui presente sulla scena dell’omicidio, di aver fatto parte dello stesso fronte di liberazione serbo di Princip e di averne condiviso ideali e motivazioni. Una simile visione di parte può non piacere a tutti gli spettatori, ma ciò che colpisce sicuramente chiunque è la fantastica interpretazione di Migliaccio, accorata e emozionale.

Molto più positiva, quasi “leggera” la testimonianza di Maria Grazia Plos, che da vita e voce a Polyxena Singer, nobildonna ormai anziana che ricorda la sua gioventù, in cui era stata -assieme alle sorelle- addirittura in lizza per essere data in sposa all’Arciduca. La nobildonna rievoca quindi come lo scandalo dell’amore segreto del “promesso sposo” cambiò tutto, come la successiva guerra mandò in disgrazia suo padre e la sua famiglia, come le sue sorelle morirono; ma anche come lei -trasferitasi negli Stati Uniti con il marito- potè costruirsi una vita felice, con anche la grazia di avere due figli che andarono in guerra ma tornarono entrambi. Commenta in modo ironico e divertito come nessuno in America seppe mai che lei avrebbe potuto essere stata addirittura la sposa dell’Arciduca. Anche grazie alla bravura e poliedricità della Plos, è questo l’unico dei quattro interventi da cui ci si congeda con un sorriso, nonostante le tragiche vicende raccontate.

A chiudere il “quartetto” Ester Galazzi, alias Frau Magdalena Gobec, che con grande trasposto ha saputo rendere al meglio l’incredibile viaggio della salma dell’Arciduca e della moglie Sofia dal luogo dell’omicidio al castello di Arstetten, nella bassa Austria, dove riposa tutt’ora. Un tragitto nemmeno troppo lungo che fu però colpito da innumerevoli contrattempi e incidenti di percorso, sia escogitati da mente umana (le salme furono affidate al principe Alfredo di Montenuovo, grandissimo osteggiatore di Sofia, che fece di tutto affinché il viaggio finisse tragicamente) che naturali, nella forma di bufere e temporali nei momenti meno propizi. Nonostante tutto le salme arrivarono a destinazione, circondate e sostenute dall’affetto e dal dolore dei sudditi dell’impero accorsi per dare l’ultimo saluto di defunti.

Gli spettacoli saranno in replica fino al 19 luglio. I biglietti sono disponibili separatamente per le due performance, ma -vista anche la durata limitata di ciascuno- sarebbe davvero un peccato non godersi l’offerta completa e privarsi anche solo di una parte di una serata diversa, interessante e “interattiva” all’interno di una location fantastica come quella del Parco di Miramare.

Luca Valenta / ©Instart

 

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